Da Cuba all’Italia: chiarezza sui vaccini!

da Comitato Nazionale “Chiarezza sui Vaccini”Marxismo e metodo scientifico nella nuova fase pandemica

Riceviamo e volentieri pubblichiamo il documento fondativo.

Riteniamo che Cuba socialista sia un punto di riferimento imprescindibile anche per quanto riguarda la ricerca scientifica e lo sviluppo delle biotecnologie, come nel caso dell’Istituto Finlay de La Habana e del CIGB all’avanguardia nel disegno e nella realizzazione dei nuovi vaccini contro la Covid-19.

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MARXISMO E METODO SCIENTIFICO: LOTTA IDEOLOGICA E POLITICA NELLA NUOVA FASE PANDEMICA

Riportare al centro gli interessi di classe e la difesa della salute collettiva per uscire dall’emergenza e aprire nuove prospettive

Un anno e mezzo di pandemia ha messo a nudo la crisi del sistema capitalistico.

L’evidente fallimento delle misure di contenimento – sempre parziali e tardive – attuate dai paesi capitalistici europei, nordamericani ed in generale dalla stragrande maggioranza dei paesi OCSE che seguono le dottrine neoliberiste e le crescenti conseguenze della tattica delle mezze misure prolungate sulle attività economico-sociali maggiormente colpite, hanno provocato disastrosi effetti in termini di salute pubblica, in un clima altalenante di sfiducia ed incertezza.

INFODEMIA

Nel quadro del lento massacro culturale del sistema di educazione pubblica e nel disorientamento ideologico di molti, si sono fatte strada le più fantasiose teorie. In tale clima – mentre infezioni, ricoveri e decessi crescevano – si è diffusa una infodemia incontrollata di “notizie” spesso esaltate, decontestualizzate nonché manipolate (e difficilmente verificabili dai più). Le pseudo-informazioni si sono moltiplicate attraverso un pullulare di blog acchiappa-click ed una informazione mainstream confusionaria e spesso calibrata sulle esigenze economiche immediate di alcuni gruppi dominanti. In questo contesto, hanno avuto gioco facile le attività di nuove sette e altri gruppi reazionari, spesso orientati da campagne abilmente costruite e veicolate trasversalmente in differenti ambiti culturali, sociali, economici e politici e si sono fatte strada le più svariate e fantasiose teorie cospiranoiche circa la reale esistenza o la genesi dell’epidemia da SARS-CoV-2 o in relazione alla natura e alla presunta pericolosità dei vaccini.

UNA GESTIONE FALLIMENTARE NEI PAESI CAPITALISTICI

Da un anno e mezzo denunciamo e condanniamo la gestione della pandemia, nel mondo capitalistico occidentale in generale ed in Italia in particolare, spesso contraddittoria e costellata da errori clamorosi, a partire dalla mancata zona rossa di Alzano e Nembro (Bergamo) e dall’imperdonabile ritardo nella strategia di tracciamento nel 2020, fino alle complicazioni della prima fase della vaccinazione di massa con le case farmaceutiche inadempienti, senza alcuna seria risposta a livello europeo, proseguita con la sclerotica e confusionaria gestione della vicenda Astrazeneca. Tale pessima e contraddittoria gestione, tuttavia, non è la prova di complotti e cospirazioni, come credono taluni, ma la risultante dell’incapacità delle istituzioni borghesi a garantire il “bene comune”. I governi dei paesi capitalistici, stretti dalle lobby industriali che hanno imposto di non fermare la produzione dopo il primo parziale lockdown del governo Conte e che hanno ritardato in modo irresponsabile ogni iniziativa di contenimento, proprio nelle fasi di crescita esponenziale dei contagi (si pensi alla seconda ondata dello scorso ottobre), hanno scelto la strada della cosiddetta “convivenza con il virus”, privilegiando la difesa di interessi particolari anziché la salute pubblica. Si tratta dell’incapacità a sostenere gli interessi generali che Marx stesso aveva compreso fin dagli scritti giovanili e che purtroppo non è chiara a molti militanti ed intere organizzazioni. In tutta evidenza, queste ultime, nonostante si definiscano comuniste, non sono ancora in grado di conquistare la sufficiente e necessaria autonomia ed indipendenza ideologica e politica dall’influenza delle classi dominanti, rendendo decisamente sterili e velleitari i loro stessi proclami rivoluzionari.

Le istituzioni politiche, sempre più screditate a causa della loro incapacità di gestione, incapacità propria di una classe politica di arruffoni e navigatori a vista, più che di una classe dirigente, non sono in grado di fornire una comunicazione efficace, alimentando scetticismo ed assenza di fiducia che pervadono una fascia di popolazione certamente più ampia rispetto a quella degli “anti-vaccinisti ideologici”: la pandemia sempre più colpisce questi ultimi, tra i quali troviamo molti pazienti delle terapie intensive nell’ultimo periodo, ma anche strati di popolazione non protetta, soprattutto a causa della disinformazione e dell’incapacità dei governi borghesi oltre che per la presa di una propaganda reazionaria che ha fatto breccia o disseminato dubbi anche in ambienti tradizionalmente distanti dalla destra più estrema.

IL DISEGNO REAZIONARIO DEI NEOCONS E LO SBANDAMENTO DELLA SINISTRA DI CLASSE

In differenti paesi, dall’America latina all’Europa dell’est, fino in Italia, con le cronache degli ultimi giorni, assistiamo al diffondersi di ideologie e posizioni anti-scientifiche ed irrazionali, alla base di mobilitazioni di matrice chiaramente reazionaria. Purtroppo queste tendenze sono diffuse non solo tra le organizzazioni di natura conservatrice, se non dichiaratamente neofascista, e nei settori di piccola-media borghesia (in molti casi le piccole attività) particolarmente colpiti dalle mezze misure prolungate, ma anche negli ambiti del “pensiero critico” e di un certo attivismo sociale; mentre tra le larghe masse della popolazione – nonostante l’inettitudine delle classi dominanti – ha prevalso in Italia una netta adesione alla campagna di vaccinazione che al momento tocca circa il 73% della popolazione (con l’impressionante numero di quasi 44 milioni di persone che ad oggi hanno aderito alla campagna di vaccinazione in Italia, pari ad oltre l’80% della popolazione vaccinabile). L’orientamento e le tendenze in vario modo anti scientifiche – sia pur minoritario ed apparentemente residuale – sta attraversando in forma trasversale ogni formazione politica ed ogni ambito sociale organizzato, interessando la maggior parte delle organizzazioni politiche e sindacali della sinistra di classe, sia nella base militante sia nei gruppi dirigenti. Questa situazione spiega l’ambiguità nelle posizioni e indicazioni politiche, mostrando un perverso meccanismo di ricerca del consenso, o una errata interpretazione della linea di massa, piuttosto che la costruzione di una direzione politica basata sulla chiarezza e su una visione scientifica della realtà: in questo senso la scarsa comprensione della realtà concreta è indice di una forte debolezza e subalternità ideologica. Non è un caso che dietro ad una certa propaganda si nascondano soggetti ambigui legati ai locali circuiti della setta nordamericana “QAnon” e dell’estrema destra. Si tratta di una dinamica operante non solo in Italia e nell’Unione Europea, ma anche in Russia, nel Brasile di Bolsonaro, in Argentina ed in altri paesi: una campagna che abbiamo osservato attentamente e visto crescere sin dall’inizio, e che ha preso avvio negli USA all’ombra della precedente amministrazione Trump. Chi condivide piazze e parole d’ordine con questi soggetti deve prendere consapevolezza che si sta assumendo la responsabilità di favorire il loro disegno apertamente reazionario.

Si sta diffondendo un approccio limaccioso, che mescola frammenti di pensiero (apparentemente) critico con atteggiamenti anti-scientifici e irrazionalistici, in un mix che alimenta in maniera indistinta la sfiducia nel potere costituito a prescindere dal suo carattere (borghese conservatore, riformista, o socialista), diffidenza e scetticismo nei riguardi di ogni dato ufficiale o informazione scientificamente fondata, arrivando persino alla aperta avversione verso i medici e gli stessi lavoratori della sanità. Questo fenomeno sta producendo una crescita del pensiero anti-progressista che, anziché dirigere le più ampie masse verso la prospettiva di un’alternativa di sistema in chiave anticapitalista e comunista, affonda nel ribellismo senza prospettive o nel ripiegamento familistico e comunitaristico, nell’individualismo soggettivista e antisociale, o nella polarizzazione esasperata da social network. 

Le forze che si dichiarano apertamente neofasciste stanno tentando di cavalcare e orientare queste inquietudini, finora con esiti piuttosto scarsi, ma con sempre maggiore visibilità e con l’obiettivo di alimentare confusione e diversione dalla lotta di classe, una dinamica favorita dai riflettori mediatici, deviando l’attenzione su una polarizzazione in realtà sterile ed utile alle classi oggi ancora dominanti ma sempre meno dirigenti.

LA NECESSITÀ DI FARE CHIAREZZA SUI VACCINI

È giunto il momento di fare chiarezza su alcuni aspetti, centrali per chi non ha abbandonato una visione del mondo dialettica e storico-materialistica, una visione scientifica della realtà, nonché della necessità e possibilità della sua trasformazione, e che non ha intenzione di sostituirla con un vuoto ribellismo velleitario.

Nelle prime fasi dello scorso anno, 2020, immediatamente a ridosso del primo lockdown, era già necessario rivendicare l’attuazione di misure nette di contenimento, test massivi e gratuiti e misure anticipate all’inizio della seconda ondata di ottobre, seguendo l’esperienza cinese “covid zero” (anziché quella “convivenza con il virus” dei paesi OCSE con poche eccezioni), iniziative tali da evitare il disastro sanitario e un periodo interminabile di mezze misure, invece che legittimare – come hanno fatto alcuni – mobilitazioni contrarie ad ogni pur tardiva ed insufficiente misura di contenimento. Allo stesso modo chi oggi insegue le mobilitazioni anti-vacciniste o variamente riduzioniste non fa che aggiungere confusione invece che fare chiarezza, diversione anziché direzione rispetto ai movimenti spontanei.

Basta con le ambiguità, le banalizzazioni e i luoghi comuni: sui vaccini occorre fare chiarezza!

In merito alla campagna vaccinale, ed alla pandemia in generale, occorre osservare con attenzione i dati, i numeri, i risultati di iniziative di contenimento e di diffusione della vaccinazione nei differenti paesi. Un dato ormai evidente è la protezione dalle forme più gravi di infezione della popolazione vaccinata, consolidato negli ultimi mesi ed in relazione all’uso di tutti i vaccini in circolazione, siano essi di produzione occidentale capitalistica o meno. Ottimi i dati in Uruguay, ad esempio, con una copertura altissima della popolazione, raggiunta in breve tempo con la vaccinazione di massa, in larga parte immunizzata con il vaccino cinese Sinovac (crollo verticale di casi positivi, casi gravi e decessi).

Se il dato sulla protezione a livello clinico in ogni paese deve essere osservato nel tempo, l’aspetto e la ricaduta della vaccinazione sul piano epidemiologico richiede una attenta valutazione là dove la vaccinazione ha raggiunto percentuali elevate della popolazione. Si tratta di considerare molte variabili, sapendo che i vaccini non sono bacchette magiche miracolose, ma potenti strumenti da affiancare ad una vigilanza sanitaria puntuale, con test massivi a disposizione di tutti e tracciamento, con lo sviluppo di un sistema sanitario pubblico e con la messa a punto di cure specifiche per questo tipo di patologie. Chi si illude di risolvere il problema con le sole cure precoci mostra di non comprendere cosa sia una epidemia di questo tipo e le sue conseguenze senza misure di contenimento e mitigazione degli effetti, altrimenti disastrosi e tali da travolgere qualsiasi sistema sanitario, anche il più evoluto.

Non dobbiamo mai stancarci di ripeterlo e sottolinearlo:

1. il vaccino, qui ed ora, è indispensabile ed imprescindibile ma non va contrapposto alle altre misure. Le altre misure di profilassi generale non sono in alternativa alla vaccinazione di massa ma sono complementari ad essa. Il “consenso informato” non è una liberatoria e consente comunque la richiesta di risarcimento per i rarissimi casi di conseguenze da reazioni avverse, come confermato da sentenza della Corte Costituzionale, che equipara i vaccini obbligatori a quelli consigliati dalle istituzioni statali e regionali.

2. la sanità pubblica e il suo rafforzamento, in prospettiva, non devono essere considerati “spesa” da tagliare, bensì pubblico investimento, anch’esso indispensabile ed imprescindibile, per il miglioramento delle condizioni di vita della popolazione.

Riguardo all’adozione di questo o quel vaccino da parte dei differenti enti regolatori (EMA, FDA, ecc.) ogni paese opera proprie scelte, ma occorre denunciare la differenza tra la validazione di questo o quel vaccino da parte degli enti regolatori, dal riconoscimento di ogni vaccino sviluppato seguendo i protocolli codificati di sperimentazione clinica e quantomeno dal riconoscimento doveroso di ogni vaccino considerato valido dall’OMS (si pensi ai vaccini cinesi). Il mancato riconoscimento da parte di Italia e UE (ma non da parte di altri paesi membri) dei vaccini non di produzione occidentale non ha motivazioni sanitarie ma solo geopolitiche.

Il non riconoscimento di questi vaccini, usati in decine di paesi, ha conseguenze negative nelle relazioni economiche, sociali e culturali tra i popoli, oltre che conseguenze negative per le comunità italiane all’estero (ad esempio in America latina dove prevalente è l’uso dei vaccini di produzione cinese o russa) e per i lavoratori stranieri residenti in Italia. Lo stesso dicasi per il riconoscimento dei vaccini cubani attorno ai quali c’è grande attenzione da parte della comunità scientifica mondiale e di molti governi. In queste ore si registra grande interesse per il vaccino cubano Soberana II che assieme ai cinesi Sinovac e Sinopharm è sviluppato per la vaccinazione già in età pediatrica.

Assodato dunque che il vaccino non fa miracoli, non siamo certi che questa verità elementare che con un minimo di conoscenza storica dell’argomento dovrebbe essere evidente, sia chiara ai governi della borghesia. Soprattutto nei paesi capitalistici dell’area OCSE, infatti, i governi hanno prodotto una comunicazione esageratamente ottimistica sull’imminente uscita dalla pandemia una volta portata a termine la campagna vaccinale, che forse rientra nel libro dei sogni della borghesia e dei propri comitati d’affari per consentire un immediato ritorno alla situazione economica pre COVID-19.

LE CONTRADDIZIONI IN SENO AL GOVERNO DEL CAPITALE

Il capitalismo ogni giorno deve fare i conti con le contraddizioni che egli stesso ha creato ed anche in questo caso non riesce ad uscirne. I governi borghesi, stretti da un lato dalla difesa degli interessi privati come quelli delle case farmaceutiche, dall’altro lato dall’impossibilità di uscire dalla pandemia con questo quadro d’insieme, stanno iniziando a rendersi conto della necessità di permettere la vaccinazione anche agli abitanti dei paesi più poveri, naturalmente non per ragioni etiche ma nell’interesse degli stessi paesi imperialisti. Perfino Biden ha accennato mesi fa alla necessità di una temporanea sospensione dei brevetti, dimostrandoci ancora una volta come la realtà sia dialettica e il capitalismo sia costretto ad avventurarsi in terreni completamente al di fuori dal proprio recinto per cercare soluzioni a problemi altrimenti insormontabili. Ma, per ora, il capitalismo ha soltanto contribuito ad esasperare e rendere più evidente la differenza fra poveri e ricchi, tra oppressi ed oppressori, anche su questo aspetto vitale, e non possiamo dimenticare il criminale bloqueo e le sanzioni contro il popolo cubano, contro la Siria, l’Iran e troppi altri paesi ai quali in piena pandemia viene impedito perfino l’acquisto dei medicinali. Se i dati dei primi di settembre 2021 ci parlano di oltre il 40% della popolazione mondiale che ha ricevuto almeno una dose di vaccino, con oltre 5,5 miliardi di dosi somministrate, l’atrocità della sperequazione si riassume nel dato analogo per i paesi oppressi dall’imperialismo: meno del 2%. Contro il 65% dell’UE e il 54% del Nord America; prodighi di dichiarazioni di principio e avidi nei fatti ad accaparrarsi i vaccini sul “mercato”.

UNA STRATEGIA INTEGRATA CONTRO LA COVID-19

Misure come la sospensione delle licenze dei brevetti sarebbero dunque fondamentali per un’uscita quanto più veloce possibile dalla pandemia, così come lo diventano in prospettiva la ricerca ed il potenziamento della sanità pubblica, che consentirebbe agli stati di non dipendere dalle multinazionali del farmaco e che si profila come aspetto strategico necessario alla stessa infrastruttura economico-produttiva. Da questo punto di vista, Cuba, che è un paese piccolo ma socialista – differenza qualitativa non trascurabile – sotto embargo e continuamente boicottato dal blocco imperialista statunitense, ci dimostra come una soluzione del genere sia non solo possibile ma di gran lunga più efficace, data la capacità che ha avuto di brevettare, produrre e distribuire almeno sul proprio territorio vaccini integralmente pubblici e di promuovere la collaborazione per la produzione di vaccini in altri paesi. Anche questo a dimostrazione della superiorità strategica dei paesi con persistenti elementi di socialismo nell’affrontare le minacce pandemiche. Tutto ciò conferma e rafforza in noi la granitica certezza che l’umanità ha un futuro solo nell’organizzazione socialista della società.

I vaccini rappresentano dunque, sotto l’aspetto sanitario, l’architrave di una strategia integrata che coniuga medicina territoriale (che a differenza dell’ideologia anti-vaccinista, non contrappone ad essa la vaccinazione di massa), tracciamento, prevenzione e ricerca pubblica.

Sul fronte del tracciamento, diventa indispensabile la gratuità dei tamponi, degli esami degli anticorpi e di tutte le analisi finalizzate al contrasto della COVID-19.

IL “GREEN PASS” E L’OBBLIGO DI LEGGE

In una situazione di isteria collettiva, una misura contingente e temporanea come il “Green Pass” diventa l’immaginaria linea gotica che divide due schieramenti contrapposti. La polarizzazione che ne consegue configura nella sostanza un’ennesima arma di distrazione di massa.

Si tratta di un provvedimento contraddittorio che rientra perfettamente nel quadro delle mezze misure, dove le forze politiche non hanno il coraggio di imporre l’obbligo vaccinale. Dunque, ci troviamo davanti ad una politica che non decide ma scarica le proprie responsabilità sulla popolazione aprendo una frattura tra i lavoratori. Benché la vaccinazione stia riscuotendo una larghissima adesione, vi sono settori con un numero significativo di lavoratori ancora scettici, che rischiano di pagare il prezzo più alto in termini sia di salute sia di provvedimenti conseguenti alla mancata vaccinazione.

Le conseguenze pratiche di questa (non) scelta sono ambivalenti: se da un lato questo strumento incentiva la vaccinazione di massa, dall’altro crea la pericolosissima illusione di isole “Covid-free”, che purtroppo nella realtà ancora non possono esistere.

La soluzione più avanzata sarebbe quella di convincere la parte ancora disorientata della popolazione a vaccinarsi attraverso una comunicazione seria ed efficace: al momento riscontriamo come questa prospettiva sia molto lontana e che la scelta del governo sia orientata ad una estensione di un obbligo di fatto ma non giuridico.

SCIOPERO GENERALE DELL’11 OTTOBRE 2021

Riteniamo fondamentale questo appuntamento, che deve mantenere come aspetto centrale la lotta contro i licenziamenti e non quella contro il “Green Pass”, che certamente Confindustria sta cercando di utilizzare a proprio vantaggio, esattamente come la borghesia ed i suoi governi hanno sempre fatto per ogni evento della storia umana e per ogni suo provvedimento consequenziale. Tuttavia, ribadiamo come il tema centrale dello scontro tra capitale e lavoro in questa fase sia quello dei licenziamenti, che dopo il pesantissimo assaggio di questi mesi (come mostrano i casi della Whirlpool e della GKN su tutti), verrà fuori in tutta la sua drammaticità una volta concluso il periodo di cassa integrazione.

Oltre alla lotta contro lo sblocco dei licenziamenti, è fondamentale un impegno massiccio delle organizzazioni sindacali per garantire le condizioni di sicurezza sul posto di lavoro, con il rispetto rigoroso dei protocolli anti-Covid-19 e nei trasporti pubblici, fondamentali per il raggiungimento del posto di lavoro e di studio e che necessariamente devono essere potenziati, oltre all’investimento nella sicurezza e sulle condizioni di lavoro nel settore pubblico (in particolare sanità, scuola e università) e nella ricerca. Non possiamo dimenticare i 621 lavoratori contagiati sul posto di lavoro, morti causa Covid nei primi mesi del 2021, ovvero morti per infortunio sul lavoro, come da relativa richiesta agli enti previdenziali.

IN CONCLUSIONE

Consideriamo che la pandemia da Covid-19 ha messo definitivamente a nudo la crisi del capitalismo e l’incapacità della borghesia di governare il mondo; evidenza che emerge con forza ancora maggiore in presenza di eventi avversi come la pandemia (che alcuni preferiscono definire come ‘sindemia’, sottolineando la sovrapposizione di aspetti naturali ad altri di tipo sistemico).

– Denunciamo gli effetti tossici di un’informazione interessata solo ai click e non alla salute pubblica.

– Condanniamo la gestione disastrosa della pandemia da parte di una classe politica per niente autorevole ed incapace di indirizzare una comunicazione chiara ed efficace.

– Esprimiamo tutta la nostra preoccupazione per il disegno reazionario della componente maggioritaria degli anti-vaccinisti per principio ideologico ed il nostro disappunto e disaccordo con quelle componenti progressiste e comuniste che aderiscono e si accodano alle loro campagne, condividendo piazze e parole d’ordine con neocons e neofascisti dichiarati.

– Rivendichiamo a gran voce la necessità della vaccinazione di massa in tempi rapidi nei paesi oppressi dall’imperialismo, il riconoscimento di tutti i vaccini smarcandosi dai giochi geopolitici, la sospensione delle licenze brevettuali, la gratuità dei tamponi e di tutti gli esami utili per il contrasto alla Covid-19, nonché il massiccio finanziamento alla ricerca pubblica valutando le possibilità della produzione di vaccini pubblici seguendo l’esempio di Cuba.

– Riteniamo che il “Green Pass” sia una mezza misura che scarica le responsabilità sui cittadini, incentiva la vaccinazione ma crea la pericolosissima illusione di luoghi “Covid-free”. Ogni cosa sotto il cielo ha la sua ora ed è giunto il momento del superamento delle fin troppo spesso ipocrite “mezze misure”.

– Chiamiamo le lavoratrici e i lavoratori allo sciopero generale dell’11 Ottobre 2021, contro lo sblocco dei licenziamenti, per adeguate misure di contrasto alla Covid-19 nei luoghi di lavoro, nelle scuole e sui mezzi di trasporto pubblici.

– Facciamo appello alle compagne ed ai compagni, oggi presenti come noi in differenti ambiti o gruppi organizzati, a sostenere apertamente una battaglia di chiarezza oggi necessaria al fine di uscire dall’emergenza e dalle nebbie della polarizzazione controllata, ricostruire una autonomia politica ed ideologica e aprire nuove prospettive di trasformazione rivoluzionaria.

Comitato Nazionale “Chiarezza sui Vaccini”
Marxismo e metodo scientifico nella nuova fase pandemica

8 settembre 2021

https://chiarezzasuivaccini.wordpress.com/
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Prime adesioni individuali: 

Anika Persiani
Massimo Zucchetti
Adriano Ascoli
Gianfranco Fornoni
Francesco Piccioni
Giorgio Cremaschi

Dario Parisi
Domenico Di Dato
Clara Statello
Ciro Brescia

Francesco Fumagalli
Vito Maiorano
Massimiliano Romanello
Tommaso Pola
Nicolò Santerini
Rosa Maura La Tella
Silvia Benedetti
Duilio Romanello
Marco Nieli
Marco Riformetti

Samuel Fabbri
Eugenio Leozappa
Susanna Angeleri
Daisy Rapanelli
Aldo Romaro
Franco Specchio
Omar Minniti
Giovanni Di Maio
Maria Vittoria Tirinato
Mariagrazia Giannuzzi

Giovanni Bruno
Fabio Rocca
Nicola Beltrano
Antonella Montaruli
Dario Caputo
Svetlana Mazur
Carmen Malaika
Antonio Currò
Mariagrazia Pippia
Vincenzo Leone

Giada Galletta
Roberto Lesignoli
Daria Furlan
Alessio Decoro
Luciano Pomona
Francesco Artosi
Giovanna Antico
Renzo Amenta
Sebastiano Caspanella
Ada Romito

Simone Bruni
Massimo Cerullo
Paolo Maria Emiliani
Dussan Crevatin
Mario De Luca
Marcello Piantadosi
Elena Masera Arigoni
Patrizia Donadello
Giovanni Li Vigni
Felicia Violi

Rossella Giordano
Edoardo Carusillo
Stefano Ruggieri
Daniele Romeo
Barbara Lattanzi
Maddalena Celano
Alfonso Gentile
Onofrio Castriotta
Angelo Iacobbi
Massimo Pin

Giuseppina Ficarra
Vincenzo Bellantoni
Ettore Scamarcia
Arianna Organo
Walter Menicocci
Kaiiri Harir
Francesco Ballerini
Stefano Nincheri
Cristina Sordi
Giovanni De Caprio

Antonio Simonetti
Enzo Pellegrin
Michele Cirinesi
Giuseppe D’Angelo
Eugenio Gurreri
Lavinia Parisi
Giorgio Luppi
Mirco Mazzotti
Davide Agostinelli
Riccardo Agostinelli

Domenico Cortese
Stefano Mussuto
Pietro Guiducci
Renzo Carlini
Asdrubal Cruz
Gennaro Esposito
Chiara Monaco
Giuseppe Lauri
Andrea Martocchia
Massimo Campus

Katia Albini
Flavio Crotti
Barbara Maffione
Antonio Campisi
Silvana Sale
Enzo Cadei
Pia Panseri
Thomas Moro
Giuseppina Cataldi
Ivan Bach

Simone Ratti
Massimo Betti
Alessio Niccolai
Peppe Graziano
Luca De Crescenzo
Stefano Macri
Ugo Maisto
Riccardo Izzum
Denis Valenti
Antonio Giongo

Fabio Matteo
Franco Ollando
Alberto Tarozzi
Domenico Martelli
Carmen Berta
Mario Ronchi
Barbara Mangiapane
Roberto Barbieri
Maria Rita Burgio
Diana De Carlo

Enrico Morza
Daniela Agostini
Leonardo Nicoli
Salvatore Giordano
Anna Carmela Buble
Tiziano Cardosi
Domenico Caruso
Fiorenza Arisio
Giuseppe Nastro
Lucia Biondi

Enrico Vair
Denis Serravalle
Paolo Utzeri
Teresa Prinsi
Marco Bagozzi
Moez Chamkhi
Francesca Torre
Cristiana Boscarelli
Sergio Orazi
Omar Núñez

Brunello Arborio
Pietro Maffione
Alessandro Tosolini
Antonio Bove
Umberto Oreste

Silvia Di Fonzo 
Mattia Cavatorti 
Donatella Iacobelli
Danilo Consalvo
Stefano Mori

Fabrizio Burattini
Alberto Caffi
Walter Iannuzzi
Ada Josefina Martínez

Gianni Fasciotto

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La Bolivia nazionalizza le telecomunicazioni: tariffe -80%

Evo-Morales-aniversario-nacionalizacion-Entel_LRZIMA20120504_0102_4da Agencia Boliviana de Información 

L’azienda pubblica Empresa Nacional de Telecomunicaciones (Entel) ha incrementato dell’875,9% la sua larghezza di banda Internet internazionale negli ultimi sei anni, passando da 1620 megabit per secondo, nel 2008, a 15.810 megabit per secondo nel 2014.

L’informazione è stata diffusa da Entel, in occasione della Giornata di Internet, che viene celebrata ogni 17 di maggio a livello internazionale.

L’aumento della larghezza di banda Internet internazionale consente di navigare a velocità molto più elevate, e offre l’accesso a molti più utenti contemporaneamente, ha evidenziato Entel.

Secondo quanto riferito da Entel, nel 2008 la larghezza di banda Internet internazionale era di 1.620 megabit al secondo, passata poi a 2.240 nel 2009, 3.410 nel 2010, e attestatasi a 6.355 tra il 2011 e il 2012, salita poi nuovamente a 9840 nel 2013 e, infine, raggiunto i 15.810 megabit al secondo nel 2014.

Inoltre, nel mese di aprile 2014, Entel ha ribassato le tariffe internet fino all’80%, al fine di favorire la popolazione e democratizzare le telecomunicazioni nel paese.

Per quest’anno, Entel ha annunciato un investimento di oltre 350 milioni di dollari per migliorare la propria presenza nel paese e rafforzare i servizi offerti: telefonia mobile, televisione satellitare e internet.

Il 1 Maggio del 2008, nel quadro della sua politica di recupero delle imprese, il governo nazionalizzò Entel che, all’epoca, era nelle mani dell’italiana Euro Telecom, società straniera che fu artefice della privatizzazione della società avvenuta nel 1996.

[Trad. dal castigliano per ALBAinformazione di Fabrizio Verde]

Per Bahar Kimyongür finisce un incubo durato 15 anni

da 7sur7.be

L’attivista politico belga-turco Bahar Kimyongür ha dichiarato, venerdì scorso, all’agenzia Belga di essere stato informato giovedì notte che il suo nominativo è stato definitivamente rimosso dagli archivi dell’Interpol in data 22 agosto.

La Commissione dell’Interpol ha emesso questa direttiva nella sua ultima sessione di giugno. 

«Può darsi che ci siano residui di informazione che potrebbero giocare brutti scherzi, ma questa volta l’Interpol ha deciso di seppellire l’ascia di guerra», ha dichiarato Bahar Kimyongür. I suoi avvocati turchi hanno ottenuto un’audizione il 12 settembre davanti all’11esima Corte d’Assise Ankara per far valere il diritto di essere rappresentato a distanza per una revisione delle accuse contro di lui. Sua moglie Deniz Kimyongür ha ottenuto un non luogo a procedere il 16 luglio. Sulla base della propria relazione, le accuse turche relative ai suoi legami il gruppo politico DHKP-C, classificato come terrorista, si basa in gran parte sulla richiesta congiunta del ministro degli esteri turco Ismail Cem al Parlamento europeo il 28 novembre 2000.

Bahar Kimyongür è stato arrestato il 28 Aprile 2006 nei Paesi Bassi e rilasciato il 4 luglio dopo 68 giorni di carcere. Poi fu arrestato 17 giugno 2013 in Spagna e rilasciato su cauzione il 20 giugno L’Audiencia Nacional di Madrid ha rifiutato l’estradizione il 2 luglio. Il 21 novembre, è stato arrestato di nuovo in Italia. Il 21 febbraio Interpol ha bloccato temporaneamente la suasegnalazione e l’11 marzo, la Corte d’Appello di Brescia ha ordinato il suo rilascio.

Inoltre, Bahar Kimyongür è stato anche condannato a 4 anni di carcere il 28 febbraio 2006 dal giudice di merito a Bruges per l’adesione al DHKP-C, sulla base di una sua traduzione dal francese per una testata giornalistica.

Bahar è stato assolto in via definitiva il 23 dicembre 2009 dalla Corte d’appello di Bruxelles.

[Trad. dal francese per ALBAinformazione di Francesco Guadagni]

Maradona: un campione intimamente legato a Fidel, a Cuba e al suo popolo

di Fabrizio Verde

it.cubadebate.cu – In Italia per partecipare al lancio di una collana di video dedicata alla sua vita: «Maradona, non sarò mai un uomo comune» – curata dal giornalista Gianni Minà a cui ha rilasciato un’intervista inedita di oltre cento minuti – l’asso argentino Diego Armando Maradona, rinnova ancora una volta il suo totale appoggio e sostegno alla causa cubana.

Ospite del popolare quotidiano sportivo «La Gazzetta dello Sport», che nella redazione centrale in quel di Milano ha organizzato un vero e proprio Maradona day, il campione argentino ancora molto popolare in Italia – soprattutto a Napoli dove è venerato come una divinità – ha risposto alle domande dei giornalisti Paolo Condò e Gianni Minà. Proprio una domanda di quest’ultimo ha dato modo a Maradona di ribadire ancora una volta il forte legame verso Fidel Castro, «Che» Guevara, Cuba e il suo popolo.

«Fidel e il Che sono i miei eroi – ha dichiarato Maradona – perché non hanno vinto comprando i voti, ma mettendo in gioco le loro vite a Cuba». Inoltre l’asso del calcio si è detto ancora riconoscente verso Cuba che lo accolse e gli permise di curarsi, in uno dei momenti più difficili della sua esistenza quando nessuno neanche nella sua Argentina fu disposto ad accoglierlo. Ma non è stata di certo quella di ieri la prima occasione dove Maradona ha sostenuto apertamente la causa di Cuba e della sua Rivoluzione.

Lo fece dopo aver vinto il premio Fifa come calciatore del secolo, allorquando in una diretta televisiva internazionale dedicò  il riconoscimento appena ricevuto a Fidel Castro, «Che» Guevara, e all’indomito popolo cubano. Appoggio poi ribadito nel 2002, quando ospite in Giappone, in relazione al terrorismo si espresse così: «Io sono contro il terrorismo e condanno l’attentato alle torri gemelle, ma gli Usa fanno terrorismo contro Cuba da sempre: c’è l’embargo e muoiono bambini e adulti, non arrivano medicine. Questo non è terrorismo? Castro avrà mille difetti, come tutti noi. A Cuba non si sguazza nel lusso, ma meglio mille volte la Cuba di Fidel Castro che l’America di Bush. Anche in Argentina la gente non può mangiare: vi pare giusto?».

Insomma, Maradona non perde occasione per rimarcare di essere intimamente legato a Cuba e al suo popolo, così come di essere a disposizione della «nuova» America Latina, socialista e integrazionista, che faticosamente giorno dopo giorno cerca di costruire un futuro migliore per quelle popolazioni martoriate da oltre un ventennio di scellerate e criminali politiche neoliberiste. Un aspetto che ha portato il giornalista Condò a definire Diego come una sorta di moderno Bolívar. «Se parlano loro – ha spiegato Maradona riferendosi a i vari presidenti dell’America Latina, Maduro, Correa, Morales, Ortega – i media li ignorano. A me invece danno ascolto. Faccio loro da portavoce».

Non sono mancate nel corso dell’intervista, grazie anche alla sensibilità sul tema del giornalista Gianni Minà  autore di memorabili servizi televisivi su Cuba, altre bordate lanciate dall’ex calciatore argentino dirette all’imperialismo statunitense. Parafrasando il titolo della collana di video dedicata alla carriera di Maradona, possiamo affermare che sì, l’argentino non sarà  mai un uomo comune. Mai farà propria la visione del mondo propinata dal mainstream, anche perché intimamente e sinceramente legato a Cuba, Fidel e alla Rivoluzione.

Italia e Colombia, una relazione pericolosa

di Antonio Mazzeo

A partire dal prossimo anno i militari italiani verranno addestrati nella selva colombiana all’esecuzione di “operazioni speciali”. Ad annunciarlo è stato il ministro della difesa della Colombia, Juan Carlos Pinzón, rientrato a Bogotà dopo un tour in Europa nel corso del quale – lo scorso 5 novembre – ha avuto modo d’incontrare a Roma il ministro-ammiraglio Giampaolo Di Paola. Secondo una nota diffusa dal nostro governo, i due ministri hanno discusso, in particolare, sullo “sviluppo delle relazioni nel settore della Difesa e della collaborazione industriale tra Italia e Colombia”, anche in vista della firma di un accordo quadro di cooperazione fra le rispettive forze armate. Il ministro Pinzón ha rivelato che oltre alle esercitazioni nella selva dei corpi d’élite del paese partner, dal 2013 il personale militare colombiano sarà ospite delle scuole di guerra dello Stato maggiore italiano.

“Si tratta di una notizia di per sé inquietante, tanto più che il ministro colombiano, con l’avallo del governo, è seriamente intenzionato a portare avanti un’amnistia generalizzata per i crimini di lesa umanità perpetrati senza soluzione di continuità dalle forze armate”, ha commentato l’Associazione Nuova Colombia ricordando come nel paese sudamericano è in atto da mezzo secolo un sanguinoso conflitto interno e che le forze militari e di sicurezza si sono macchiate di una lunga serie di crimini e violazioni dei diritti umani. “Pinzón – ha aggiunto l’associazione – afferma di voler offrire le conoscenze e l’esperienza della forza pubblica colombiana a paesi come l’Italia, omettendo di aggiungere che tali conoscenze spaziano dal campo della tortura, quotidianamente praticata nelle carceri colombiane, a quello della corruzione e delle esecuzioni extragiudiziarie…”.

Già da qualche tempo si erano registrati incontri e scambi di cortesia di alti ufficiali e “osservatori” delle forze armate dei due paesi. Quest’anno, a maggio, il Segretariato generale della difesa e dello Stato maggiore dell’esercito aveva ospitato presso il Comando di artiglieria di Bracciano (Roma) una delegazione delle forze armate colombiane guidata dal generale Rubén Darío Alzate Mora. “Ai visitatori sono stati illustrati gli aspetti essenziali del Comando artiglieria e del neo costituito Centro Fires and Targeting e le caratteristiche tecniche di alcuni mezzi da combattimento, mostrati sia in mostra statica che durante una dimostrazione di mobilità tattica presso l’area addestrativa di Castel Giuliano”, si legge in una nota ufficiale dell’esercito italiano.

Il 30 settembre 2009, era stato l’allora sottosegretario alla difesa, on. Guido Crosetto a recarsi in visita in Colombia, accompagnato dal generale Aldo Cinelli (Segretario generale del ministero) e dall’ammiraglio Dino Nascetti (direttore generale degli armamenti navali). Momento clou, l’incontro con il controverso presidente colombiano di allora Álvaro Uribe che, come riportano le cronache del tempo, “non ha tralasciato di inviare un caloroso saluto al signor presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi”.

La delegazione italiana venne pure ricevuta dal ministro della difesa Gabriel Silva Lujan e dai capi delle forze armate colombiane. “Nel corso degli incontri sono stati affrontati diversi temi di discussione, tra i quali la sicurezza nel Paese, la prospettiva di collaborazione militare bilaterale, specie nel settore della Marina, di sviluppo dell’industria della Difesa e di intese specifiche in materia di scambio di informazioni ed attività congiunte”, riportava l’ufficio stampa del ministero della difesa italiano. “Il sottosegretario Crosetto – si legge ancora – ha sottolineato con viva soddisfazione la sintonia politica esistente tra i due Governi. Ha inoltre messo in evidenza un possibile ruolo internazionale delle forze armate colombiane in ambito Nato, al fine di trasmettere l’esperienza maturata sul terreno, nel quadro delle operazioni di pace in Afghanistan”.

L’on. Crosetto ha infine espresso il “profondo apprezzamento per l’impegno del Governo colombiano, teso a debellare il narcotraffico e la guerriglia in maniera risoluta e definitiva”, omettendo di ricordare che proprio l’opacità delle classi dirigenti colombiane nella “lotta” agli stupefacenti e alla criminalità organizzata ha minato la credibilità internazionale e la stessa legittimità democratica del paese (diversi analisti hanno definito la Colombia un “narco-stato”). Del tutto ignorati anche il ruolo e le responsabilità del paramilitarismo nell’escalation del narcotraffico e l’impunità assicurata dallo Stato colombiano alle Autodefensas responsabili di efferati crimini contro la popolazione civile, gli oppositori di sinistra e i sindacalisti.

Il riavvicinamento tra Italia e Colombia, prima con l’esecutivo Berlusconi, adesso con il duo Monti – Di Paola, ha consentito al complesso militare industriale italiano di aprirsi un varco nel mercato colombiano. Secondo quanto rivelato dall’Espresso nel maggio 2012 dopo la missione a Roma del generale Rubén Darío Alzate Mora, il consorzio Oto Melara – Iveco ha offerto alle forze armate del paese sudamericano una partita di nuovi mezzi da combattimento 8×8 “Freccia” e di carri Leopard con cannoni da 120 mm e cingolati VCC di proprietà dell’esercito italiano, “non più utilizzati anche se funzionanti”.

Invidiabili gli affari di Selex Sistemi Integrati, azienda elettronica del gruppo Finmeccanica. Secondo quanto riferito dai propri manager, circa l’80% dei sistemi radar operanti nel paese sarebbero stati forniti proprio dalla società italiana. Una presenza che si è ulteriormente rafforzata grazie ai sistemi di radioaiuto alla navigazione della controllata statunitense Selex Sistemi Integrati Inc., che ha venduto i propri apparati alla Colombia a partire dal 1991. Nell’ultimo triennio, Selex ha inoltre ricevuto un contratto del valore di una decina di milioni di euro dalla Unidad Administrativa de Aeronautica Civil de Colombia, per l’ammodernamento dei sistemi radar dell’aeroporto internazionale “El Dorado” di Bogotà e degli scali di Cerro Maco (Bolivar) e Cerro Santana (Cauca). “Il programma – secondo Finmeccanica – ha consentito di gestire un maggior numero di informazioni e di dati scambiati con gli aeromobili, aumentando le prestazioni”. Radar con duplice funzione, civile e militare, quelli installati da Selex, specie quello di Cerro Santana, in grado di controllare il traffico aereo nelle regioni meridionali e occidentali dove è in atto la controffensiva delle forze armate colombiane contro la guerriglia delle Farc. All’inizio del gennaio 2012, proprio questa installazione radar è stata distrutta durante un’azione militare dell’organizzazione guerrigliera.

Due contratti per circa 400 mila euro sono stati assegnati invece nel gennaio 2010 a Telespazio Brasil, una joint venture di Finmeccanica e della francese Thales, per la fornitura di immagini satellitari alle autorità colombiane. Ciò consentirà di effettuare il monitoraggio di un’area di circa 65.000 kmq con l’ausilio dei quattro satelliti radar della costellazione Cosmo-SkyMed, finanziata dall’Agenzia spaziale e dal ministero della difesa italiano.

Anomala “consulente” di fiducia del gruppo Finmeccanica in Colombia è stata sino a qualche tempo fa la modella Debbie Castañeda Rodriguez, agli onori della cronaca dopo la pubblicazione delle intercettazioni effettuate nell’ambito dell’inchiesta della procura di Napoli sui presunti ricatti su Silvio Berlusconi di Gianpaolo Tarantini e Valter Lavitola.

Originaria di Bogotà, Debbie Castañeda Rodriguez venne eletta Miss Colombia nel 1996. Dopo essere comparsa in alcune telenovelas, nel 2000 esordì su Italia1 con la trasmissione “Tribe Generation”, per transitare l’anno successivo a Canale 5 Italiani e, dal settembre 2003 al gennaio 2004, nel cast di “Torno sabato… e tre” su Raiuno.

“Ho venduto radar della Selex all’aviazione civile colombiana e radar e radioaiuti per il controllo aereo alla Difesa”, ha ammesso la consulente-modella in un’intervista. “Guadagnavo cinquemila euro al mese. Al terzo anno sono diventati diecimila, lordi. Mio zio ha un porto e collabora con la Marina colombiana nell’export di carbone. L’ex presidente della Colombia, Álvaro Uribe è un caro amico di famiglia. Silvio Berlusconi me lo presentò invece mio marito Marco Squatriti. Per me era un mito. Avere buone relazioni internazionali è fondamentale in questo come in ogni mestiere”.

Fu proprio al cavaliere-premier che miss Debbie si rivolse dopo aver ricevuto dal direttore commerciale di Finmeccanica, Paolo Pozzessere, la notizia della revoca del suo contratto di consulenza. “L’ex modella non gradisce”, annotano gli inquirenti di Napoli. “E alle 18,53 del 30 giugno 2011, cinque minuti dopo la telefonata con Pozzessere, la Castañeda chiama Marinella Brambilla, la segretaria personale di Berlusconi…”.

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