è con profondo dispiacere che il Circolo PD Ungheria è venuto a conoscenza della mozione in oggetto, concernente la richiesta al governo italiano di intervenire a favore di tale López Leopoldo, attualmente detenuto, affinché venga disposta la sua scarcerazione in contravvenzione con la condanna legittima imposta dall’autorità giudiziaria venezuelana. Tale mozione si fonda su criteri che, ad un’attenta analisi dei fatti, risultano quantomeno imprecisi, quando non del tutto errati.
A cominciare dall’episodio dell’interdizione dai pubblici uffici di López, insieme a “300 politici” da voi citati come prova di un tentativo di eliminare l’opposizione. Coloro che hanno informato i compagni firmatari hanno forse omesso il fatto che, in mezzo a tali politici, vi erano moltissimi amministratori appartenenti al partito di governo, tali arresti furono la conseguenza di una seria lotta alla corruzione, ampiamente appoggiata dalla popolazione e tutt’ora in corso.
Quanto al personaggio in questione poi, non si è evidenziato per nulla il fatto che, rampollo di una delle famiglie più potenti del paese, coinvolto in episodi di corruzione legato ad istituzioni finanziate dalla CIA, López ebbe un ruolo di primo piano nel tentativo di golpe del 2002, che intendeva rovesciare il governo legittimamente eletto (come evidenziato dagli osservatori internazionali e dal Centro Carter, che hanno monitorato le ultime 20 elezioni nel paese sudamericano giudicandole corrette al 100%) del presidente Hugo Chávez. Lo stesso López ha più volte incitato alla violenza in passato, e non ha esitato ad associarsi a personaggi come Alvaro Uribe, ex presidente colombiano con diversi procedimenti in corso per corruzione è legato agli ambienti paramilitari di estrema destra che danno insanguinando il paese.
Riguardo le irregolarità sul processo, Sarebbe innanzitutto utile conoscere la fonte di tale informazione, dato che l’apparato giudiziario venezuelano, senza nascondere alcuni problemi frutto di decenni di mala amministrazione, e (peraltro comuni a quasi tutti i paesi latino americani) certo non ascrivibili all’attuale governo socialista, rimane un potere la cui indipendenza non può venire messa in dubbio sulla base delle dichiarazioni della moglie di López e dei suoi compagni di partito.
In quanto leader dell’opposizione López e moralmente responsabili per i 43 morti (ricordiamo che per la maggior parte si è trattato di appartenenti alle forze dell’ordine e sostenitori del governo socialista di quali nessuno paradossalmente pare interessarsi) causati dalle “guarimbas”, dal momento che i suoi incitamenti alla ribellione ma soprattutto i continui riferimenti a lottare fino all'”uscita” dell’attuale governo hanno sicuramente infiammato gli animi con tragiche conseguenze. Mi permetto quindi di chiedere a nome del nostro circolo di riconsiderare il vostro contributo alla suddetta mozione alla luce della necessità di sostenere il governo socialista in corso e semmai promuovere la pace l’armonia del paese facilitando quindi anche il miglioramento dei rapporti tra governo e opposizione.
I traguardi del governo socialista nella lotta alla povertà, nell’alfabetizzazione, estensione della tutela sanitaria, diritto alla casa sono riconosciuti da prestigiose istituzioni internazionali (come la FAO), facilmente verificabili e chiaramente appoggiate dalla popolazione, è compito e interesse nostro quindi, come appartenenti alla famiglia socialista, che questa linea progressista continui, senza la costante minaccia di violenza da parte di un opposizione ripetutamente e legittimamente sconfitta nelle urne.
In separata sede ci rivolgeremo al PSE affinché il partito di López, Voluntad Popular, venga escluso dalla Internazionale Socialista (al momento si trova nello status “soggetto ad approvazione”) trattandosi, come noto in tutto il Sudamerica, di un partito chiaramente di destra, senza il minimo legame con i valori socialisti che tutti noi, spero, condividiamo e portiamo nel cuore.
Ringraziandovi per l’attenzione, porgo a tutti voi i miei auguri di buon lavoro.
Comunicato contro la mozione presentata dal PD per sostenere la liberazione del golpista Leopoldo López
Questa mattina il quotidiano italiano, Il Corriere della Sera, principale strumento della guerra mediatica e psicologica degli Stati Uniti e della borghesia imperialista italiana contro la Repubblica Bolivariana del Venezuela, ha pubblicato un articolo nel quale afferma che un gruppo di parlamentari del Partito Socialista e del Partito Democratico, hanno presentato una mozione alla Camera dei Deputati della Repubblica Italiana di condanna nei confronti della Repubblica Bolivariana del Venezuela, dovuto al giudizio che ha portato in cella il fascista Leopoldo López, reo confesso di aver partecipato attivamente al colpo di Stato contro il governo Chávez nel 2002 e all’assedio all’Ambasciata della Republica di Cuba in Venezuela.
In siffatta mozione si afferma quanto segue: «Roma si impegni per liberare Leopoldo López» Mozione alla Camera «Roma si impegni per liberare Leopoldo López» Viene depositata oggi alla Camera una mozione che impegna il governo italiano «ad adottare con urgenza ogni iniziativa utile» perché vi sia una «soluzione positiva» per Leopoldo Lopez e gli altri prigionieri politici in Venezuela. Il popolare leader dell’opposizione al chavismo, in carcere da un anno e sette mesi, è appena stato condannato a quasi 14 anni per istigazione alla violenza e altri reati in un processo «additato da gran parte del mondo come un atto di persecuzione politica da parte del governo di Nicolás Maduro» recita il testo firmato da: Deputati socialisti (Marco Di bello, Leilo Di Gioia) Deputati Pd (Roberto Rampi, Gea Schirò, Walter Verini, Salvatore Piccolo, Luigi Lacquaniti Massimiliano Manfredi, Emiliano Minnucci).
Ebbene, l’attacco e l’ingerenza politica nei confronti della Repubblica Bolivariana del Venezuela non è un episodio isolato: si inserisce nel quadro del piano preparato per determinare una situazione idonea per un intervento militare nel paese andino-amazzonico, che dia uno spunto per un cambio di regime in senso autoritario, fascista e oligarchico. Si tratta di un’operazione in marcia da tempo in modo coperto e strisciante, che rafforza gli elementi che dimostrano l’ingerenza di governi stranieri contro il governo costituzionale di Maduro; come si evince in questo caso, là dove, la camera dei deputati della Repubblica italiana dovesse approvare siffatta mozione.
Un precedente assai grave che provocherebbe, senz’altro, non pochi problemi nei rapporti bilaterali tra Italia e Venezuela.
All’indomani del voto popolare che ha consacrato Nicolás Maduro come Presidente della Repubblica Bolivariana del Venezuela, si è scatenata la fase golpista dell’oligarchia nazionale venezuelana in collaborazione col Dipartimento di Stato statunitense e la CIA, con il sabotaggio dell’economia nazionale venezuelana, attraverso la guerra mediatica, psicologica e culturale, attraverso le operazioni terroristiche e paramilitari.
Nell’evidente tentativo di riproporre il piano delle cosiddette “rivoluzioni colorate”, si sta tentando di creare una situazione nella quale l’opinione pubblica internazionale avvalli un intervento militare in Venezuela.
Ciò che l’imperialismo e – a quanto pare – i parlamentari firmatari di suddetta mozione non tollerano, è che il popolo venezuelano abbia deciso di costruire un paese basato sulla giustizia e l’eguaglianza sociale. Solo qualche mese fa, la FAO ha riconosciuto e premiato la Repubblica Bolivariana del Venezuela come paese libero dalla fame. Questo è quello che – evidentemente – non tollera il Partito democratico, organizzazione politica completamente asservita agli interessi di stato statunitensi.
L’aggressione di cui è vittima la Repubblica Bolivariana è parte essenziale della guerra di IV generazione in atto da quando il comandante eterno Hugo Chávez ha trionfato alle elezioni del 1999.
La solidarietà internazionalista presente qui in Italia deve denunciarla con tenacia e contribuire a respingerla, facendo fronte alle minacce imperialiste contro la Repubblica Bolivariana del Venezuela, cercando di costruire un forte movimento di solidarietà per questo paese e per tutti i paesi membri dell’ALBA-TCP, che sovranamente hanno deciso di incamminarsi verso la seconda e definitiva indipendenza.
Per queste ragioni, la Rete Caracas ChiAma, l’Associazione Nazionale delle Reti e Organizzazioni Sociali (ANROS – Italia), lanciano l’appello urgente a tutte le compagne e i compagni, a tutte le associazioni, reti, organizzazioni, partiti e movimenti che solidarizzano con la Repubblica Bolivariana del Venezuela a partecipare al Terzo Incontro in Solidarietà con la Repubblica Bolivariana del Venezuela che si terrà a Ravenna i giorni 9-10-11 ottobre.
Compagne e Compagni! Caracas ChiAma, la solidarietà non può restare con le braccia incrociate:
Tutti a Ravenna!
Associazione Nazionale delle Reti e Organizzazioni Sociali (ANROS Italia) Rete di Solidarietà con la Rivoluzione Bolivariana “Caracas ChiAma”
Con una mozione, il partito di Renzi offre sostegno all’aspirante Pinochet venezuelano in violazione della sovranità del paese.
Leggiamo a pag. 13 del Corriere della Sera di oggi di una mozione presentata dai deputati socialisti Marco Di bello, Leilo Di Gioia, con i deputati del Pd Roberto Rampi, Gea Schirò, Walter Verini, Salvatore Piccolo, Luigi Lacquaniti, Massimiliano Manfredi, Emiliano Minnucci. Si chiede testuale al governo italiano di impegnarsi «ad adottare con urgenza ogni iniziativa utile» perché vi sia una «soluzione positiva» per Leopoldo Lopez e gli altri “prigionieri politici” in Venezuela. Lopez condannato a quasi 14 anni in un processo «additato da gran parte del mondo come un atto di persecuzione politica da parte del governo di Nicolas Maduro».
«Additato da gran parte del mondo come un atto di persecuzione politica da parte del governo di Nicolas Maduro». Per “gran parte del mondo”, in mancanza di una risoluzione Onu in materia, il Pd, e la stampa di regime che ha montato la questione, considera più o meno questi paesi da prendere sicuramente a modello.
In un periodo storico in cui Mahmoud Abujoad Frarjah, 29 anni, nato a Gerusalemme, è stato rapito dalle forze di occupazione israeliane il 9 settembre scorso al ponte di Allenby e rappresenta l’ennesimo prigioniero politico palestinese; in un periodo storico in cui Ali Mohammed al-Nimr, 21 anni, sarà giustiziato per crocifissione senza aver avuto difesa legale per aver partecipato all’età di 17 anni a proteste contro il governo saudita – governo responsabile di finanziare e equipaggiare il terrorismo nonché della carneficina di 2 mila cinquecuento civili in Yemen (dati Onu) nel silenzio più totale; in un periodo storico in cui il regime americano, responsabile della distruzione pianificata della vita di milioni di persone all’estero, porta avanti una carneficina anche all’interno, con la polizia del paese che uccide, rapporto di ThinkProgress.com, un cittadino ogni 6,5 ore – 70 volte di più che ogni altra forza dell’ordine di un paese sviluppato – e con la popolazione carceraria maggiore del pianeta con 2,3 milioni di cittadini, perlopiù afroamericani ed ispanici; ebbene in questa fase storica, il Pd decide di concentrarsi ed offrire il suo sostegno alla causa della destra fascista e sovversiva venezuelana. Del resto, anche a Latina, e prima ancora con il colpo di stato filo-nazista in Ucraina, la maschera del partito era ormai venuta giù.
Ma chi è Leopoldo Lopez? L’aspirante Pinochet venezuelano come ha scritto correttamente Fabio Marcelli.
Ma chi è Leopoldo Lopez? Si tratta del capo della fazione più estrema dell’opposizione venezuelana, quella che ha tentato, senza ovviamente riuscirci, la carta dell’insurrezione armata contro il legittimo governo di Maduro.
La parola d’ordine era la cacciata con la forza di tale governo. Provocare incidenti e caos per dare modo a qualche attore, interno o esterno, di intervenire. Perseguita in modo sicuramente velleitario, anche per l’evidente indisponibilità di attori (qualche generale rimbambito in pensione, gli Stati Uniti che hanno altre gatte da pelare) ma con un pesante saldo di oltre quaranta vittime, in buona parte funzionari della sicurezza, militanti chavisti e semplici passanti.
Come ho già avuto occasione di scrivere, non credo che nessun governo al mondo sarebbe disposto a tollerare un’opposizione del genere senza reagire, che trascende di gran lunga il piano del legittimo confronto democratico delle idee per porsi su quello dello scontro violento. Lopez ha tentato questa carta, senza riuscirci. Si aspettava forse che l’ordinamento giuridico del Venezuela avrebbe lasciato correre? Se lo avesse fatto, si sarebbe certamente coperto di ridicolo. Uno Stato di diritto è tale anche perché è in grado di rispondere con l’arma della giustizia penale alla sovversione politica aperta, come a qualsiasi altro crimine.
Immaginatevi un Berlusconi o un Salvini che incitano le folle a cacciare via a forza un Prodi o un D’Alema, O viceversa. Si tratta di evenienza talmente remota da destare addirittura il sorriso (anche se a dire il vero qualche buffonata in questo senso è stata a suo tempo tentata da Berlusconi). In Venezuela non è stata una buffonata, ci sono stati oltre quaranta morti. Tutti sulla coscienza di Lopez, compresi i giovani che ha mandato allo sbaraglio.
Leopoldo Lopez è il principale responsabile delle Guarimabas.
Che cosa sono le Guarimbas? Sempre per chi, purtroppo, continua ad informarsi tramite quei media di regime con cui il Pd puòi scrivere in una mozione alla Camera che Lopez è «additato da gran parte del mondo come un atto di persecuzione politica da parte del governo di Nicolas Maduro», le Guarimbas sono questo:
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Cioè questo:
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Quindi parliamo di attività sovversiva contro un governo costituzionale e democraticamente eletto. Leopoldo Lopez per il suo comprtomento criminale, per fare solo alcuni esempi, sarebbe stato sulla sedia elettrica negli Stati Uniti, lapidato e crocefisso in Arabia Saudita, mentre in Italia avrebbe avuto almeno 30 anni di galera con il regime del carcere duro del 41 bis. In Venezuela, i tribunali sovrani e costituzionali del paese hanno condannato l’attivita sovversiva del recidivo Leopoldo Lopez – già beneficiario di un provvedimento di indulto da parte dell’ex presidente del Venezuela Hugo Chavez per un altro tentativo di colpo di stato che al Pd deve essere sfuggito – a meno di 14 anni di reclusione.
Ma chi è che secondo voi ha finanziato Leopoldo Lopez e gli altri terroristi della destra fascista venenzuelana e che muove ogni decisione di politica estera del Pd?
Dall’articolo su JacobinMag di Alexander Main & Dan Beeton che abbiamo tradotto in settimana avete tutte le risposte:
All’inizio dell’estate scorsa, il mondo ha guardato con intrepida attesa la Grecia cercare di resistere all’ennesimo diktat neoliberale. Atene ha fallito e si è piegata. Dopo il referendum indetto dal governo di Tsipras sul programma di austerità, la Banca centrale europea ha ristretto la liquidità per le banche greche, aggravando la recessione, e, nonostante il voto popolare, la Germania e i creditori europei hanno sovvertito la democrazia e imposto la sottomissione totale alla loro agenda neo-liberale.
Negli ultimi 15 anni, tuttavia, un combattimento similare contro il neo-liberalismo è stato portato avanti da un intero continente, perlopiù al di fuori dell’opinione pubblica. Nonostante Washington ha cercato all’inizio di distruggere il dissenso, utilizzando le stesse tecniche subdole usate contro la Grecia, la resistenza dell’America Latina all’agenda neo-liberale ha avuto successo. Questa battaglia epica trova ora una ricostruzione completa attraverso il cablaggio dei documenti del Dipartimento americano grazie a WikiLeaks. Alexander Main & Dan Beeton, nel presentare il loro libro The WikiLeaks Files: The World According to US Empire, offrono un’interessante ricostruzione su JacobinMag.
Il neo-liberismo, sostengono i due autori, è stato imposto in America Latina prima che il regime di Berlino, Bruxelles e Francoforte umiliassero la democrazia in Grecia. Attraverso la coercizione (le rigorose condizionalità dei “Chicago Boys”), gli Stati Uniti sono riusciti a diffondere l’austerità fiscale, la deregolamentazione, “il libero commercio”, la privatizzazione e la distruzione del settore pubblico nella regione a partire dalla metà degli anni ’80. L’esito fu simile a quello della Grecia: crescita stagnante, crescita della povertà, declino delle condizioni di vita per milioni e una serie di nuove opportunità per gli investitori internazionali e le multinazionali. La storia si ripete.
All’inizio la ribellione contro questo sistema fu occasionale, spontaneo e non organizzato. Ma poi i candidati contro il regime neo-coloniale e neo-liberale iniziarono a vincere le elezioni e determinare uno shock per la politica estera americana. E, incredibile per come viviamo la politica in Europa, ad attuare le promesse elettorali di redistribuzione sociale e riduzione della povertà.
Dal 1999 al 2008, questi candidati hanno vinto le elezioni in Venezuela, Brasile, Argentina, Uruguay, Bolivia, Honduras, Ecuador, Nicaragua e Paraguay. Molta della storia degli sforzi del governo americano di sovvertire l’ordine democratico di questi paesi e imporre nuovamente il regime neo-liberale sono ora di dominio pubblico grazie al cablaggio di Wikileaks dell’ultima fase di George W. Bush e l’inizio della presidenza Obama. Supporto materiale e strategico, proseguono i due autori, è offerto ai gruppi di opposizione, alcuni violenti ed anti-democratici. I cablaggi dipingono anche un quadro vivido della Guerra fredda ideologica degli emissari americani e mostrano il chiaro tentativo di utilizzare le misure coercitive utilizzate recentemente contro la Grecia.
Leopoldo Lopez è uno dei tanti burattini di questo meccanismo sovversivo finanziato dagli Stati Uniti e di cui il Pd dimostra per l’ennesima volta di fare da stampella.
P.s. Da Caracas arriva il video delle condizioni disumane cui è costretto a vivere il terrorista Leopoldo Lopez. Se il Pd al potere si occupasse delle violazioni gravi dei diritti umani della popolazione carceraria italiana invece di interferire nelle decisioni sovrane di altri paesi liberi ed indipendenti, il mondo sarebbe sicuramente un posto migliore.
“Fai attenzione ai mezzi di comunicazione, perché se non sarai prevenuto, costoro ti faranno amare l’oppressore e odiare l’oppresso”, ebbe a scrivere Malcom X, il grande attivista nero assassinato il 21 febbraio 1965 all’interno delterrorismo di Stato statunitensecontro la comunità afroamericana negli USA. Orbene, quando leggiamo articoli come quello di Massimo Cavallini sul “Fatto Quotidiano” dell’11 settembre 2015in merito alla condanna di 13 anni e 9 mesi al fascista e golpista reo confesso Leopoldo Lopez, non possiamo fare a meno di constatare come la suddetta frase di Malcom X si addica proprio a questo genere di giornalisti salariati, che cercano di far “amare l’oppressore e odiare l’oppresso”. Costui infatti accusa di “processo farsa” e di “condanna farsa” il potere giudiziario di un paese sovrano riconosciuto dalle Nazioni Unite. Egli, parla di un paese all’orlo del baratro, quando, invece, sappiamo cheil Venezuela è stato premiato dalla FAOper aver debellato completamente il problema della fame in Venezuela; senza poi menzionare tutte le missioni e progetti sociali che hanno ridato speranza ad una popolazione – quella venezuelana – che nella sua maggioranza, fino a prima del trionfo rivoluzionario di Chávez nel 1999, si trovava relegata ai margini della società.
Il giornalista, inoltre, si lascia andare a giudizi di valore fuori luogo e fuori da ogni realtà quando afferma che: “il governo bolivariano – oggi guidato da Nicolás Maduro, figlio ed apostolo di Hugo Chávez- s’è rivelato del tutto incapace, non solo di governare un Paese trascinato sull’orlo dello sfascio economico, politico e morale, ma anche di allestire un’appena decente (decente nel senso di non totalmente grottesca) parodia di giustizia”. Ora, tali affermazioni sono false. Maduro – come sappiamo – si sta dimostrando un ottimo successore di Chávez, se pensiamo alla politica interna e internazionale che sta portando avanti assieme alla collaborazione del popolo venezuelano e mediante accordi che stanno rafforzando il progetto bolivariano e martiano di una Patria Grande in “Nuestra América”.
Da quando Maduro è al governo, non è di certo mancato l’ampliarsi della guerra di “Quarta Generazione” contro il processo rivoluzionario. Questo lo si evince se pensiamo alle campagne mediatiche in corso contro il governo di Maduro; se pensiamo alla guerra economica, alla guerra psicologica e culturale; alparamilitarismo e alle “guarimbas”, che hanno portato il paese andino-amazzonico al limite di una guerra a “bassa intensità”, e che se non si è conclusa in un colpo di stato o in una guerra civile, è dovuto alla grande capacità politica e umana del primo presidente operaio di “Nuestra América”, il Compagno Nicolás Maduro. Un Nicolás Maduro, che ha saputo raccogliere e rafforzare la bandiera dell’unità civico-militare ereditata dal Comandante Eterno Hugo Chávez.
Le accuse di “processo farsa” e di “condanna farsa” palesano il ridicolo, se non fosse che tali considerazioni vanno inserite all’interno di una campagna di odio orchestrata dalle agenzie dell’impero con sede a Washington. Non è un caso, infatti, che l’articolo di Cavallini è un vero e proprio “copia e incolla” di altri articoli “spazzatura” della stampa allineata agli interessi di stato statunitensi (BBC, el Pais, El Mundo, etc) e che cercano di “far amare l’oppressore”: l’imperialismo yankee e i suoi accoliti, e “odiare l’oppresso”: i popoli e i governi che oggi stanno dimostrando all’opinione pubblica internazionale che uscire dalla crisi del capitale è possibile solo nella costruzione del socialismo del XXI secolo; attraverso la realizzazione di quello che i popoli e i governi membri dell’ALBA-TCP definiscono – a ragione – come “Nuestros Socialismos” (al piurale, perché basato sulle proprie condizioni oggettive e soggettive presenti nelle diverse nazioni).
Ma chi èLeopoldo Lopez? Questo fascista e golpista reo confesso, che suddetto giornalista italiano lo disegna come un “paladino della libertà”, un “oppresso”, un “combattente per la libertà”?
Lopez, di cittadinanza venezuelana, è il capo dell’organizzazione di estrema destra “Voluntad Popular”, gruppo che non ha mai nascosto le proprie simpatie per altri gruppi di estrema destra che nel passato non troppo remoto, durante gli anni delle dittature militari fasciste e dell’Operazione Condor in America Latina, si sono macchiati dei peggiori crimini contro l’umanità; da quando è finita la seconda guerra mondiale. Per fare un confronto con l’Italia potremmo dire che Voluntad Popular rappresenta la stessa forza politica che allora ha rappresentato l’MSI in Italia.
Leattività di Leopoldo Lopez hanno inizio negli anni Novanta del secolo passato quando costui intraprende un percorso di studi nel Kennedy School of Government dell’Università di Harvard, un Centro di alti studi strategici e militari finanziato e diretto dalla Agenzia Centrale di Intelligence statunitense(CIA). Fu allora che Lopez conobbe il generale David Petraeus, che successivamente si è scoperto essere un agente della CIA.
Nel 2002, in seguito all’addestramento ricevuto da quella accozzaglia di spie e assassini che sono la CIA, lo vediamo dirigere le proteste che provocarono decine di morti innocenti, propiziando il colpo di stato contro il governo rivoluzionario e bolivariano di Hugo Chávez. Sempre i quei giorni, si fece conoscere per l’assedio contro l’Ambasciata della Repubblica di Cuba a Caracas.
Nonostante un’amnistia ricevuta nel 2007, Lopez rimarrà al centro dell’attenzione, per l’ingente e cospicuo furto di fondi da PDVSA, attraverso “Primero Justicia”, il Partito di cui è stato il dirigente principale.
Leopoldo Lopez non ha mai nascosto il suo interesse a diventare presidente della Repubblica, qualcosa che non è un reato in Venezuela, non fosse altro che, per ottenere tale obiettivo e di fronte all’incapacità di fare breccia nella maggioranza della popolazione venezuelana, decideva di costituire un “patto criminale” con l’estrema destra narco-paramilitare colombiana e nella fattispecie conAlvaro Uribe, accusato non poche volte per i suoi stretti legami con le Autodefensas Unidas de Colombiache, al contrario di essere state smantellate durante il suo governo, hanno trovato riparo giuridico dietro alla sua “mano dura” contro il popolo colombiano e il suo “cuore grande” verso i paramilitari.
In un intervista Alvaro Uribe dichiara: “Mi sono riunito con Leopoldo Lopez, un dirigente politico, giovane e ambizioso, con grandi capacità come dirigente politico. Con lui abbiamo delineato la lotta contro il narcotraffico”. Questa intervista risale a quando Uribe era presidente della Colombia.
Ora, bisognerebbe chiedere a Cavallini, che scrive per il “Fatto Quotidiano”, un quotidiano che fa della “lotta contro la corruzione” il suo cavallo di battaglia, perché mai un presidente della Repubblica di una nazione come la Colombia si riuniva con il capo dell’opposizione – di una opposizione per di più golpista e immischiata nel narcotraffico – e non con il governo eletto democraticamente e costituzionalmente presente in Venezuela, per parlare di lotta contro il narcotraffico? Cosa direbbe un qualsivoglia governo italiano, se il presidente di un paese amico si incontrasse con i capi della mafia per parlare di lotta contro il narcotraffico, per esempio?
Risulta evidente che leggendo l’articolo di Cavallini, chi stia muovendo un “giudizio farsa” non è il potere giudiziario venezuelano, ma, semmai, il giornalista italiano, che al posto di provare ad analizzare senza pregiudizi ideologici la complessa situazione oggi in corso in Venezuela, ha preferito dare addito alle fanzine di una certa stampa internazionale allineata alla guerra non convenzionale in corso contro il Venezuela e contro tutti i Paesi membri dell’ALBA-TCP, che evidentemente danno fastidio agli interessi economici degli Stati Uniti nell’emisfero occidentale, dove l’America Latina è sempre stata considerata dai governi statunitensi come il proprio “Patio Trasero”(Giardino di casa).
Un altro colpo contro la credibilità del giornalismo italiano.
I rappresentanti del Comitato Vittime delle Guarimbas e del Golpe Continuado hanno chiesto al Parlamento Europeo, con sede a Bruxelles, che non sia stravolta la verità sui casi di violenza politica che si sono verificati in Venezuela, nel 2013 e 2014, che hanno provocato 43 morti e 878 feriti.
Il Comitato ha inoltre richiesto che, dal Parlamento Europeo, si promuovano azioni volte a sanzionare i responsabili materiali e intellettuali di questi gravi eventi.
Durante il suo intervento davanti alla Commissione per i Diritti Umani del Parlamento, la portavoce del Comitato delle Vittime, Desiree Cabrera, ha dichiarato che «quando in ambito internazionale si afferma che le 43 persone morte in Venezuela erano ‘studenti e manifestanti assassinati dal regime di Nicolás Maduro’, le vere vittime provano grande indignazione. Si cerca di presentare gli autori materiali e i mandanti dei delitti come vittime del potere statale».
Davanti l’Eurocamera la portavoce ha evidenziato che il tema dei diritti umani non può essere utilizzato per «giustificare e legittimare azioni che costituiscono veri e propri atti di violenza e delitti. La comunità internazionale non può essere tratta in inganno sulle vere intenzioni che hanno mosso i dirigenti e i partiti politici quando organizzarono le manifestazioni violente da febbraio a giugno del 2014».
Al contempo, Cabrera ha chiesto che non venga promossa l’impunità per i responsabili degli atti violenti. «Quando in questo Parlamento così come in altre istanze viene richiesta la liberazione di Leopoldo López, Daniel Ceballos e altre persone detenute per i crimini commessi negli atti violenti, classificati come ‘prigionieri politici’, viene violato il nostro diritto alla giustizia».
La portavoce ha inoltre informato il Parlamento circa le violazioni dei diritti umani sofferte: «È giusto che questo Parlamento sappia che oltre un Leopoldo López e un Daniel Ceballos, oggi privati della libertà, esiste un Elvis Durán, giovane lavoratore morto nell’impatto con una delle guayas, lasciando orfana una bambina di 7 anni, e così, altri uomini e donne che hanno pagato a caro prezzo le conseguenze delle azioni violente verificatesi in Venezuela l’anno scorso».
Dopo aver illustrato i casi, Desiree Cabrera ha sollecitato gli europarlamentari a essere solidali con le persone colpite dalle azioni violente. «Vi chiediamo di aiutarci a fare giustizia per tutte le famiglie colpite. Che vi sia rispetto e solidarietà per tutte le vittime. Abbiamo perso i nostri cari per l’azione di chi ha utilizzato il tema dei diritti umani come scusa per la violenza politica», ha concluso la rappresentante del Comitato.
[Trad. dal castigliano per ALBAinformazione di Fabrizio Verde]
Il giornalista José Vicente Rangel ha segnalato che il documento «disconosce il governo costituzionale perché secondo i firmatari vive la sua fase terminale»
L’accordo nazionale per la transizione firmato e presentato al paese da Antonio Ledezma, Leopoldo López e María Corina Machado è stato finanziato da organizzazioni legate agli Stati Uniti, questo è quanto rivelato dal giornalista venezuelano José Vicente Rangel.
Nel programma domenicale, «José Vicente Hoy», trasmesso dall’emittente privata Televen, ha segnalato che il documento «disconosce il governo costituzionale perché secondo i firmatari vive la sua fase terminale».
«È stato redatto – ha spiegato il noto giornalista – da un team di avvocati che lavorano in importanti studi legali della capitale e che inoltre ricevono lauti stipendi, pagati da organizzazioni legate agli Stati Uniti, per difendere persone tratte in arresto durante lo svolgimento di manifestazioni (guarimbas)».
[Trad. dal castigliano per ALBAinformazione di Fabrizio Verde]
Nell’udienza celebrata nei giorni scorsi a carico del dirigente di ‘Voluntad Popular’, Leopoldo López, sottoposto a giudizio per il coinvolgimento nelle guarimbas di febbraio del 2014, è stato identificato un diplomatico dell’ambasciata d’Inghilterra in Venezuela, presente in aula in compagnia di Leopoldo López Gil, padre dell’incriminato.
Il Procuratore Generale della Repubblica, Luisa Ortega Diaz, ha riferito durante il programma informativo ‘En Sintonía con el Ministerio Público’ trasmesso dalla Radio Nacional de Venezuela, di aver inviato una comunicazione al Ministero degli Esteri per trattare a livello diplomatico questa intromissione del funzionario britannico nel giudizio a carico del dirigente dell’estrema destra.
In aggiunta a questa irregolarità, ha segnalato che durante l’atto López Gil è stato colto in flagrante mentre era intento a registrare l’udienza senza autorizzazione del giudice con l’ausilio di occhiali speciali, violando quanto stabilito nel codice di procedura penale.
Il Procuratore Generale ha inoltre rivelato che quando scoperto, López Gil, ha passato gli occhiali al funzionario dell’ambasciata d’Inghilterra che si è appellato al suo status di diplomatico per sottrarsi alle domande degli ufficiali presenti.
Ortega ha dichiarato che quanto accaduto dovrebbe attirare l’attenzione, visto che si tratta di un attacco allo stato venezuelano, e per questo ha chiesto: cosa sarebbe accaduto se un ufficiale dell’ambasciata venezuelana in Inghilterra si fosse comportato allo stesso modo?
[Trad. dal castigliano per ALBAinformazione di Fabrizio Verde]
26gen2015.- Venezuela. Ex presidenti latinoamericani (di destra) in difesa di Leopoldo López.
La retorica sui diritti umani, si sa, è buona per tutte le stagioni. Ma l’immagine di 3 ex presidenti latinoamericani, che durante i loro mandati hanno calpestato le garanzie e i diritti, saliti in cattedra a dar lezioni sulla materia, ne ha dato particolarmente il senso. Parliamo di Andrés Pastrana (Colombia), di Felipe Calderon (Messico) e di Sebastián Piñera (Cile). Tre volti della destra, sbarcati in Venezuela per un convegno internazionale su “democrazia e diritti umani” e in difesa di un leader di opposizione, Leopoldo López, in carcere con l’accusa di aver provocato le violente proteste contro il governo, scoppiate nel febbraio dell’anno scorso (43 morti e oltre 800 feriti).
Accompagnati Maria Corina Machado e Antonio Ledezma — due dirigenti della destra venezuelana, promotori della campagna per l’espulsione dal governo del presidente Maduro («la salida»), hanno tentato di entrare in carcere senza permesso, ma sono stati rimandati indietro. Intanto, movimenti sociali, ex rifugiati cileni e colombiani, migranti messicani e il comitato Vittime delle guarimbas (violente tecniche da strada che hanno provocato la gran parte dei morti) protestavano e cercavano di farsi ascoltare. Molti recavano cartelli sulla repressione compiuta dagli ex presidenti nei loro paesi e ricordavano i trascorsi politici di Piñera durante la dittatura di Pinochet.
Altri, ricordavano anche l’atteggiamento antidemocratico di Ledezma, sindaco della Gran Caracas, durante gli anni della IV Repubblica. Intanto, arrivava dalla Colombia il sostegno di Alvaro Uribe, ex presidente di estrema destra e attuale senatore, grande sponsor dei paramilitari e nemico acerrimo del processo di pace in corso all’Avana: «Finalmente qualcuno che tiene alto l’onore della Colombia», ha dichiarato Uribe.
«Sono venuti a organizzare il colpo di stato. Maduro come Allende», hanno dichiarato invece i dirigenti chavisti. Un’opinione sempre più condivisa. L’ha sostenuta il presidente dell’Ecuador, Rafael Correa, l’hanno ripresa il presidente e il vicepresidente della Bolivia, Evo Morales e Alvaro Garcia Linera durante la recente assunzione d’incarico: nel Venezuela socialista — hanno detto — è in atto lo stesso copione messo in campo contro il presidente Salvador Allende per preparare il golpe in Cile del 1973. Uno scenario che, allora come oggi, prevede il sabotaggio economico e il discredito internazionale, portato avanti dai potentati economici e dai grandi media privati.
Come l’anno scorso, la destra ha provato di nuovo a scatenare la piazza, ma finora l’appello alle guarimbas non ha sortito effetti. E la manifestazione delle «pentole vuote», indetta sabato scorso, più che il vuoto delle pentole ha mostrato quello delle piazze. Difficile d’altronde pensare che gli abitanti dei quartieri agiati, che organizzano queste proteste, non abbiano di che riempire le pentole. Difficile anche smentire i dati della Fao. E ieri, si è svolto un seminario internazionale di segno inverso, dal titolo «Neoliberismo e diritti umani: parlano le vittime».
14gen2015.- Il leader dell’estrema destra venezuelana, Leopoldo López, rifiuta di recarsi alle udienze del suo processo. Dopo ripetuti rinvii, la magistratura ha deciso di procedere in sua assenza. López, dirigente del partito Voluntad Popular si trova in carcere dal febbraio 2014, accusato di aver promosso e diretto le proteste violente contro il governo di Nicolás Maduro, che hanno provocato 43 morti e oltre 800 feriti.
López ha quasi subito deciso di snobbare la giustizia del suo paese, preferendo affidarsi alle campagne internazionali. I suoi trascorsi non sono propriamente quelli di un pacifista e di un sincero democratico. Durante il colpo di stato del 2002 contro l’allora presidente Hugo Chávez — poi riportato in sella a furor di popolo — López è stato filmato mentre assaltava l’ambasciata cubana e sequestrava i diplomatici con le loro famiglie, spalleggiato dal suo sodale Henrique Capriles Radonski, leader di Primero Justicia. Il suo nome è stato però il primo pronunciato dal presidente Usa Barack Obama nella lista dei «prigionieri politici» da liberare subito. Obama ha anche ratificato le sanzioni decise dal Congresso contro i funzionari venezuelani «che hanno violato i diritti umani dei manifestanti durante le proteste del febbraio scorso». E, a dicembre, una risoluzione del Parlamento europeo — approvata con 476 voti a favore, 109 contrari e 49 astensioni — si è allineata con Washington, ha espresso la propria «preoccupazione per la situazione del Venezuela» e ha condannato «la carcerazione di manifestanti pacifici, studenti e leader dell’opposizione». I famigliari delle vittime delle guarimbas– tecniche di guerriglia violenta che, con barricate di chiodi e fil di ferro hanno sgozzato diverse persone — hanno provato a farsi sentire. Erano andati lì per illustrare un fascicolo di dati e video in cui si evidenzia la natura tutt’altro che pacifica degli scontri di febbraio e le accuse per le quali restano in carcere alcuni imputati e per chiedere giustizia per i loro morti. Ma non hanno trovato udienza.
A fine anno, il presidente Nicolás Maduro ha rispedito al mittente «le ingerenze» degli Stati uniti. E ha proposto di inviare López negli Stati uniti in cambio del suo quasi omonimo militante indipentista portoricano Oscar López Rivera, detenuto nelle galere Usa da 34 anni: «Lui sì che è un prigioniero politico», ha detto Maduro. Washington ha fatto sapere che la strada non è assolutamente percorribile. Leopoldo López ha rilasciato un’intervista al quotidiano cileno El Mercurio in cui afferma che Maduro gli ha fatto la proposta di andarsene negli Stati uniti, ma che lui ha rifiutato: «Vogliono mandarmi via per paura, sanno che sono portatore di una proposta alternativa al cosiddetto socialismo del XXI secolo che è fallito», ha dichiarato López. Poi ha chiesto aiuto «ai democratici cileni». Gli ha subito risposto l’ex presidente cileno (di destra) Sebastian Piñera (non proprio un campione in diritti umani, come ben sanno gli studenti cileni che hanno sofferto la repressione durante il suo mandato e gli indigeni mapuche). Piñera sarà in Venezuela il 26 gennaio per un incontro internazionale delle destre e dell’opposizione a Maduro. In quell’occasione ha assicurato che andrà a visitare López in carcere. Intanto, in vista delle elezioni legislative che si svolgeranno a dicembre, il cartello di opposizione (Mud) chiama alla mobilitazione. I guarimberos hanno bruciato qualche scuolabus, ma allo sciopero nazionale indetto dagli oltranzisti non ha aderito nessuno.
«Per il Governo Bolivariano è preoccupante che il Parlamento europeo così come l’Alto Rappresentante dell’Unione Europea, distolgano l’attenzione dalla grave crisi economica che colpisce i paesi membri dell’Unione Europea», recita il comunicato del Ministero degli Esteri
Il governo ha rigettato e catalogato come ingerenza la risoluzione adottata dal Parlamento Europeo giovedì scorso contro il Venezuela, per una presunta violazione dei diritti umani ai danni portavoce della destra che hanno promosso le azioni violente verificatesi al principio di quest’anno.
Attraverso un comunicato del Ministero degli Esteri sono state inoltre respinte le dichiarazioni rilasciate il 18 e 19 dicembre dall’Alto Rappresentante dell’Unione Europea per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza, Federica Mogherini, dove l’italiana ha manifestato la propria solidarietà ai dirigenti dell’estrema destra venezuelana, il cui invito alla violenza ha provocato oltre 40 vittime in Venezuela tra febbraio e giugno di quest’anno.
La risoluzione, approvata con 476 voti, 109 contrari e 49 astensioni, esprime «profonda preoccupazione per la situazione in Venezuela e condanna la detenzione di manifestanti pacifici, studenti e leader dell’opposizione». Allo stesso tempo, il testo del Parlamento europeo sollecita «l’immediata liberazione dei detenuti arbitrariamente».
Il comunicato integrale del Ministero degli Esteri venezuelano:
La Repubblica Bolivariana del Venezuela, attraverso il Ministero del Potere Popolare per gli Affari Esteri esprime il suo più profondo rigetto nei riguardi della risoluzione adottata dal Parlamento Europeo, così come verso le insolenti dichiarazioni dell’Alto Rappresentante dell’Unione Europea, Federica Mogherini, che minacciano la sovranità e le istituzioni democratiche del Governo Bolivariano.
Per il Governo Bolivariano è preoccupante che il Parlamento Europeo e l’Alto Rappresentante dell’Unione Europea, devino l’attenzione dalla grave crisi economica che colpisce i paesi membri dell’Unione Europea a causa dei tagli in materia sociale, e la conseguente povertà strutturale a cui sono costretti i suoi Popoli, e concentrino i loro sforzi nello screditare le conquiste della Rivoluzione Bolivariana.
Le dichiarazioni dell’Alto Rappresentante e la risoluzione del Parlamento, in nessun modo rappresentano le opinioni dei popoli europei, che hanno storicamente mantenuto legami con il Venezuela.
Inoltre, il Governo della Repubblica Bolivariana del Venezuela, ritiene che tali dichiarazioni, oltre a essere profondamente irrispettose e interferire, siano apertamente in contraddizione con tutti gli organismi internazionali che hanno espressamente riconosciuto gli enormi progressi del Venezuela in differenti aree, la cui posizione di appoggio si materializza con l’ampio sostegno ricevuto nelle votazioni delle diverse istanze internazionali.
Il Governo del Venezuela, nel fedele rispetto della Costituzione della Repubblica Bolivariana del Venezuela, emanata nel 1999, promuove la democrazia partecipativa sulla base dell’uguaglianza e della giustizia, così come l’autonomia di tutti i poteri, ribadendo al contempo la sua volontà a mantenere il dialogo tra tutti i settori del paese.
Infine, il governo della Repubblica Bolivariana del Venezuela, intende ribadire l’amicizia e il profondo affetto per i Popoli d’Europa, che la Patria di Bolívar ha sempre accolto fraternamente.
Caracas, 19 dicembre del 2014.
[Trad. dal castigliano per ALBAinformazione di Fabrizio Verde]
5giu2014.- Leopoldo López aspetterà il processo in carcere. Ieri mattina all’alba, a Caracas, dopo vari rinvii si è conclusa l’udienza preliminare che ha esaminato i suoi capi d’imputazione. Il leader di Voluntad popular (Vp) è accusato di associazione a delinquere e di istigazione alle violenze di piazza che hanno finora provocato 42 morti. Rischia 10 anni.
La giudice Adriana López, con altri tre magistrati, ha deciso di rimandare alla prigione militare di Ramo verde (nello stato di Miranda) il dirigente di Vp, aderente al cartello dell’opposizione venezuelana Mesa de la unidad democratica (Mud). Tutti gli appigli utilizzati da un collegio di 15 avvocati difensori non sono bastati a convincere la corte dell’innocenza del loro assistito e di quella di altri cinque imputati. Alla lettura del dispositivo, alcuni imputati hanno insultato i giudici.
Lopez, 43 anni, è detenuto dal 18 febbraio, a seguito delle proteste violente contro il governo di Nicolás Maduro, scoppiate il 12. Insieme alla ex deputata Maria Corina Machado e al sindaco della Gran Caracas Antonio Ledezma, ha guidato gli oltranzisti nella campagna per «la salida»: l’espulsione di Maduro a furor di piazza. I quattro hanno appoggiato apertamente le «guarimbas», barricate di chiodi, fil di ferro e spazzatura data alle fiamme, ancora sporadicamente in piedi in alcune zone agiate del paese.
La data del processo non è ancora stata fissata. Henrique Capriles, il leader dalla Mud che pur ha inteso smarcarsi dall’oltranzismo del suo antico sodale, ha accusato i giudici di parzialità. Intanto, sono stati emessi ordini di comparizione per alcune figure dell’opposizione, accusate di aver ordito un piano destabilizzante teso a uccidere Maduro con la complicità di «alti funzionari di governi stranieri». Tra questi, Machado, l’ex dirigente della petrolifera di stato Pdvsa, Pedro Burelli, l’ex ambasciatore Diego Arria e l’avvocato Ricardo Koesling.
Durante la 44ma Assemblea generale dell’Organizzazione degli stati americani (Osa) che si è conclusa ieri ad Asuncion, in Paraguay, il ministro degli Esteri Elias Jaua ha denunciato gli attacchi interni ed esterni al suo governo.
Ha illustrato gli importanti progressi ottenuti in campo sociale ed economico, a vantaggio di tutti i venezuelani: «Abbiamo ridotto la povertà estrema dal 26% al 6% del 2012, compiendo in anticipo le Mete del millennio – ha detto – abbiamo democratizzato l’accesso all’istruzione universitaria, la sanità gratuita, aumentato il salario, diminuito la disoccupazione. I diritti sociali sono diritti umani come quelli civili e politici. Alimentazione, salute, cultura, sono diritti inalienabili dei popoli».
L’Osa, che ha discusso di inclusione sociale ma anche di rivendicazioni regionali come quella dell’Argentina sulle isole Malvinas, ha confermato l’appoggio al processo di dialogo tra governo bolivariano e opposizione. Il dialogo è fermo perché la Mud chiede la liberazione dei detenuti: come l’ex commissario Simonovis – ritenuto colpevole per i morti di piazza durante il golpe contro Chávez del 2002 – a cui la corte ha rifiutato la libertà per malattia.
la corrispondente di ABC Venezuela con il “leader dell’opposizione” Caprlies Radonsky
di José Manzaneda, coordinatore di Cubainformación
In Venezuela esiste un governo eletto democraticamente appena 10 mesi fa (1). Le formazioni politiche che lo sostengono hanno addirittura incrementato il loro vantaggio elettorale nelle successive elezioni municipali, celebrate meno di tre mesi fa (2). Tuttavia un settore dell’opposizione, mediante una strategia che chiama “La salida (L’uscita)”, propone di rompere l’ordine costituzionale e abbattere l’esecutivo con la forza (3). Il suo leader, Leopoldo López, lo ha detto chiaramente alcuni giorni fa: “Quando finirà tutto questo?”, gli ha chiesto una giornalista. López ha risposto: “Quando riusciremo a cacciare quelli che ci stanno governando” (4).
A tal fine, durante l’ultima settimana, questo settore ha mobilizzato i suoi sostenitori tra gli studenti di classe media e gruppi violenti dell’estrema destra, in municipi governati dall’opposizione. Il risultato: sei persone morte, decine di feriti e innumerevoli danni ai beni pubblici (5).
Stranamente, quel che sarebbe inaccettabile in un altro paese, in Venezuela è legittimato e appoggiato dalla linea informativa dei grandi media internazionali. Un editoriale del quotidiano spagnolo El País, ad esempio, ha descritto Leopoldo López non come un leader che tratta di abbattere con la forza un governo eletto, bensì come un “economista che ha studiato negli Stati Uniti (…) che dirige la pressione contro il regime per le strade”. Nel frattempo, ha accusato Nicolás Maduro di dirigere un “ereditato regime socialista unipersonale”, come se la sua carica fosse stata ereditata e non eletta appena 10 mesi fa (6).
È chiaro che i media non sono un osservatore imparziale.
Sono l’elemento chiave di un tentativo di “golpe morbido”, strategia elaborata dal sociologo e collaboratore della CIA Gene Sharpes (7). Un metodo messo in pratica nelle cosiddette “rivoluzioni colorate”, tutte scoppiate –stranamente- in paesi che contrastano gli interessi geostrategici degli Stati Uniti e dell’Unione Europea (8).
Ripassiamo. La prima fase del “golpe morbido” è denominata “indebolimento” del governo, in questo caso mediante una guerra economica. Nel 1970, il presidente degli Stati Uniti Richard Nixon chiese di “farurlare l’economia” del Cile per abbattere Salvador Allende (9). Esattamente la stessa cosa che accade oggi in Venezuela: mancanza di beni primari per incetta, fuga di capitali, sabotaggi alla distribuzione elettrica e inflazione indotta hanno provocato un chiaro deterioramento delle condizioni di vita (10). E come in Cile, in Venezuela i media presentano questi problemi come un caos economico e sociale, il cui unico responsabile è il governo di Nicolas Maduro (11).
La seconda fase del “golpe morbido” è la “delegittimazione” del governo, dovuta a presunte violazioni dei diritti umani o della libertà di stampa e di espressione. Durante gli ultimi giorni, il messaggio ripetuto a sazietà nei media internazionali è stato quello della presunta repressione delle proteste da parte della polizia (12).
In tal senso, media e opposizione non hanno esitato a utilizzare le armi più banali della manipolazione. La giornalista venezuelana del quotidiano spagnolo ABC, Ludmila Vinogradoff, ha pubblicato sulla pagina web del giornale una fotografia della repressione in Egitto, facendola passare per un’istantanea scattata a Caracas (13). Un vero aneddoto se consideriamo il percorso di propagandista di colpi di stato di questa giornalista (14). Nell’aprile del 2002, legittimò con assoluta impunità il colpo di stato di Pedro Carmona nelle pagine de El País (15).
In questa fase di “delegittimazione” del governo per presunta repressione, uno ruolo chiave è stato giocato dai social network, specialmente Twitter, dove la manipolazione delle fotografie ha raggiunto livelli inediti (16).
Abbiamo visto immagini di presunte brutalità della polizia e di torture in Venezuela che in realtà erano del Brasile, del Cile, della Siria, dell’Ucraina, dell’Egitto, della Turchia (17), dei Paesi Baschi, e addirittura prese da un film porno (18); o immagini del volto sanguinante di un giovane ipoteticamente oppositore ma che in realtà erano di uno studente chavista picchiato dall’opposizione l’anno scorso (19); o immagini di grandi assembramenti dell’opposizione che erano in realtà processioni religiose o manifestazioni indipendentiste della Catalogna (20).
La terza fase del “golpe morbido” consiste nella “diffusione della protesta nelle strade”, con la generalizzazione di ogni tipo di manifestazione e l’occupazione di istituzioni pubbliche di cui non si riconosce la legittimità.
I media internazionali hanno realizzato un vergognoso appoggio propagandistico di questa violenta “diffusione della protesta” nelle strade. Il tutto, inoltre, accompagnato dalla criminalizzazione dei sostenitori del governo (21). Ad esempio, ai cosiddetti “collettivi”, radicati nei quartieri popolari, i media hanno attribuito la responsabilità della violenza, usando termini come “bande paramilitari” (22), “parapolizia chavista” (23) o “milizie filogovernative” (24). Allo stesso tempo, questo media tacciono sui reiterati attacchi di cecchini dell’estrema destra contro marce pacifiche del chavismo (25). Gli stessi media internazionali che hanno piazzato sulle loro testate l’uccisione, ad esempio, di una oppositrice vincitrice di un concorso di bellezza (26), non hanno mai pubblicato nemmeno una parola sui 175 contadini uccisi da sicari pagati dai proprietari terrieri venezuelani dall’anno 2001 (27).
Mentre si ingigantiscono le proteste dell’opposizione, le marce a sostegno della Rivoluzione, molto più imponenti, appena hanno copertura informativa (28). La marcia di circa 100 mila persone, lo scorso martedì (29), è stata ridicolizzata nel quotidiano El País, sotto il titolo “Il chavismo schiera i suoi seguaci”, con una fotografia non della citata marca, bensì di una protesta dell’opposizione (30).
Ci sono dati importanti per comprendere questa strategia di “golpe morbido”, e il rafforzamento organizzativo di alcuni gruppi di giovani oppositori, che i media nascondono deliberatamente. Ad esempio, che il governo degli Stati Uniti ha stanziato negli ultimi 3 anni oltre 100 milioni di dollari per il finanziamento di ogni tipo di gruppo d’opposizione in Venezuela (31).
I media internazionale, così sensibili –in teoria- agli attacchi contro la libertà di stampa, hanno dimenticato –stranamente- la violenza esercitata da giovani oppositori contro numerosi giornalisti di media comunitari o pubblici del Venezuela (32). I lavoratori della Venezolana de Televisión, ad esempio, sono stati assediati per 6 giorni all’interno delle loro istallazioni (33).
Le fasi successive della strategia del “golpe morbido” non si sono ancora date. Il governo e i settori popolari che lo sostengono dovrebbero prendere i provvedimenti necessari per evitarlo, considerando che i media, piuttosto che informatori neutrali, sono il principale fattore di una guerra contro l’ordine costituzionale del Venezuela. Per questo esistono leggi che regolano i loro eccessi, la cui applicazione contundente ora è più che mai giustificata.
[Trad. dal castigliano di Vincenzo Basile blogCapítulo Cubano]
Il punto di vista umano. «Essere radicale vuol dire cogliere le cose alla radice. Ma la radice, per l’uomo, è l’uomo stesso» (K. Marx). «Emancipando se stesso, il proletariato emancipa l’intera umanità» (K. Marx).