I movimenti di protesta USA contro la guerra in Vietnam

002813-396badd2-c9d6-11e3-807e-a96f396e31f61
di Alessandro Pagani

Gli anni della protesta contro la guerra in Vietnam furono quelli con la maggiore divisione interna negli Stati Uniti dai tempi della guerra civile. Un importante settore della popolazione si mobilitava per chiedere l’immediato ritiro di tutte le truppe di occupazione statunitensi dall’Indocina.

Iniziata da pochi giovani studenti delle principali università, la protesta crebbe parallelamente all’estendersi delle violenze perpetrate dai marines e dalla CIA ai danni della popolazione civile in Vietnam. Nonostante l’eterogeneità tra i vari settori del movimento e la repressione condotta dal governo mediante l’impiego della forza militare, il movimento contro la guerra riuscì a rappresentare un importante fattore di indebolimento della politica imperialista nordamericana.

1. I semi della protesta contro la guerra in Vietnam

Per individuare l’origine del movimento è necessario fare un passo indietro agli anni Cinquanta, subito dopo la fine del secondo conflitto mondiale. La società statunitense era caratterizzata da un clima conservatore, maccartista, base e sostegno della politica da guerra fredda.

Sul piano esterno, con la fine della seconda guerra mondiale, gli Stati Uniti si tramutarono nel centro propulsore del terrorismo capitalista internazionale, sentendosi nel diritto di svolgere il ruolo di gendarme del mondo, contro il cosiddetto “pericolo rosso”. Mentre i dividenti miliardari delle grandi multinazionali statunitensi assicurarono un patto sociale di carattere neo-corporativo nel quale le burocrazie dei principali sindacati statunitensi, assieme ad altri settori della cosiddetta società civile, costituirono un’alleanza col blocco sociale al potere. Tutto ciò pose fine a quasi un secolo di lotte sindacali, permettendo l’estendersi del consenso nell’opinione pubblica statunitense, intorno alla politica interna ed estera.

La spesa pubblica degli Stati Uniti crebbe spropositatamente, fomentando la produzione per fini bellici. L’intervento del settore militare non risparmiò nemmeno la ricerca scientifica: l’influenza del Pentagono e della CIA su settori come la chimica e la biologia fu totale.

Rappresentativa del clima di quegli anni fu la condanna a morte dei coniugi Rosenberg.

Ciò che si consolidò durante tutto il decennio degli anni Cinquanta fu l’alienazione delle persone dal complesso sistema dei rapporti sociali; il cittadino statunitense fu portato a elaborare i propri pensieri meccanicamente e a comportarsi come un individuo avulso dall’insieme della società, il cui unico orizzonte e rifugio era diventato l’alveo della famiglia bianca di classe media, considerata la cellula fondamentale del sistema nordamericano. Venne parallelamente implementata una vera e propria operazione di ingegneria sociale: la creazione di quartieri dove furono ghettizzati interi settori appartenenti alle classi sociali subalterne, soprattutto delle minoranze afroamericane, ispaniche e cinesi.

Tale situazione divenne insostenibile per la comunità nera, che iniziò a organizzare le proprie rivendicazioni a partire dalla questione dei diritti civili, per giungere a una critica complessiva del sistema socio-economico.

Questa esperienza di lotta sensibilizzò notevolmente le coscienze delle giovani generazioni degli anni Sessanta. Nello specifico ciò avvenne tra gli studenti delle università, che compresero il significato politico delle contestazioni afroamericane e l’importanza di appoggiarne le rivendicazioni.

E’ in questo contesto che va individuata l’accumulazione delle forze che si misero in moto per protestare contro la guerra in Vietnam.

Agli albori degli anni Settanta la lotta degli afroamericani contro il razzismo e la segregazione secolare era abbastanza matura da permettere a Martin Luther King di dare battaglia contro la violenza di classe perpetuata dagli Stati Uniti sui propri cittadini.

King, forse, non seppe dirigere il movimento di protesta come in tanti avrebbero voluto, ma con il suo attivismo politico riuscì a favorire e accompagnare il risveglio della comunità nera da quella “atmosfera di novocaina”, vale a dire da quel senso di rassegnazione e passività in cui era imprigionata (Cleaver, 1969). La più grande mobilitazione afroamericana avvenne in quel lontano e retrogrado Sud degli Stati Uniti in cui la violenza e la repressione fascistoide e xenofoba da parte del Ku Klux Clan (gruppo di mercenari razzisti al soldo del capitale agrario meridionale) sembravano condannare la comunità nera a un sistema di oppressione senza via d’uscita (Marine, 1971).

Nello stesso tempo si costituirono diverse organizzazioni di solidarietà in seno ai giovani bianchi, tra le quali vi era l’NSM (Movimento Studentesco del Nord) fondato nel 1962, che vide militare nelle sue file studenti come Abbie Hoffman, il quale divenne uno dei leader durante le proteste contro la guerra in Vietnam.

Nel biennio 1963-64 le rivendicazioni all’interno della stessa comunità afroamericana si elevarono sensibilmente.

All’inizio degli anni Sessanta cominciarono a conquistare grande risonanza i discorsi e i proclami rivoluzionari di Malcom X, che fu assassinato nel 1965 nel quadro della repressione militare e poliziesca di cui furono sistematicamente oggetto i movimenti d’avanguardia negli Stati Uniti.

Nell’estate del 1964 ci furono le proteste di Watts, il ghetto nero di Los Angeles (Canot, 1970).

Questa radicalizzazione da parte della gioventù è da considerarsi come un momento chiave per la lettura del movimento di protesta negli Stati Uniti, e per l’emergere di una serie di nuove leve rivoluzionarie come Eldrige Cleaver, Bobby Seale, Huey P. Newton e Rap Brown.

2. Formazione e consolidazione della protesta.

I semi della protesta contro la guerra in Vietnam, che vanno collocati a cavallo tra la fine degli anni Cinquanta e i primi anni Sessanta, cominciarono a far germogliare i propri fiori.

I movimenti studenteschi furono i protagonisti della prima fase della protesta contro la guerra.

L’SDS (Studenti per una Società Democratica) nacque negli anni Sessanta dopo essersi allontanata dalla vecchia organizzazione studentesca, la SLID (Lega Studentesca per una Democrazia Industriale), che dal 1921 aveva raggruppato vari settori di socialisti e progressisti nelle università del paese.

Nel 1962, l’SDS si riunì a Port Huron, Michigan, e pubblicò una dichiarazione d’intenti che avrà una profonda ripercussione sul movimento giovanile studentesco di allora. In questa dichiarazione si proclamava la ricerca di una “democrazia partecipativa e diretta”, che avrebbe dovuto ampliare gli elementi democratici a tutti i livelli della società. Ispirata agli scritti di Herbert Marcuse e Wright Mills, la Dichiarazione di Port Huron si convertì in uno dei manifesti più letti e discussi della “Nuova Sinistra”. L’SDS divenne una delle maggiori organizzazioni durante i primi anni di protesta contro la guerra (Harwey, 1966).

Nel 1964, l’amministrazione universitaria di Berkeley proibì una serie di conferenze e sit-in pubblici organizzati dagli studenti in solidarietà con la lotta degli afroamericani, definendoli come politically incorrect per l’immagine dell’università. La decisione dell’amministrazione universitaria fu la goccia che fece traboccare il vaso. Gli studenti cominciarono ad adottare le tattiche già utilizzate dagli afroamericani nel Sud. A causa del susseguirsi di arresti indiscriminati (oltre 800 studenti), sorse il “Free Speech Movement” (Movimento per la Libertà di Espressione), guidato da Mario Savio. I successi ottenuti rafforzarono l’intero movimento studentesco.

Il 17 aprile, l’SDS convocò la prima giornata di protesta contro l’intervento imperialista in Vietnam, con la partecipazione di oltre 20.000 persone a Washington. La manifestazione fu un momento di grande rilevanza politica, dato che per la prima volta un’organizzazione studentesca aveva potuto riunire soggetti politici differenti, sulla base del totale disprezzo nei confronti della guerra e del saccheggio promossi dal governo.

Anche la musica veniva intrinsecamente legata alla protesta. Cantanti come Bob Dylan e Phil Ochs si convertirono in portavoce della sensibilità più profonde della protesta contro la guerra.

Nell’agosto del 1965 si riunì a Washington l’assemblea degli “uomini senza rappresentanza”, in commemorazione del Ventesimo anniversario della catastrofe nucleare di Hiroshima e Nagasaki. Parteciparono non pochi gruppi formati da nativi americani, indipendentisti portoricani, rappresentanti del Catholic Worker, donne della WSP e leaders dell’SDS. Dalla plenaria nacque il NCCEWV (Comitato Nazionale per porre fine alla guerra in Vietnam), che contava su una trentina di organizzazioni.

Proprio in quei giorni aumentava in maniera drammatica l’aggressione contro il Vietnam: in gennaio il numero di truppe statunitensi su suolo vietnamita era arrivato a 50.000 effettivi; alla fine dell’anno solare era cresciuto a 200.000. Nell’ottobre del 1965 il NCCEWV indisse la sua prima giornata nazionale di protesta contro la “sporca guerra”: 25.000 persone marciarono nella città di New York, 10.000 a Berkeley, mentre in tutto il paese parteciparono all’incirca 100.000 persone.

Poco a poco la resistenza comunista vietnamita trovò numerosi simpatizzanti in seno alla gioventù statunitense. La figura di Ho Chi Minh, per i giovani che partecipavano contro la guerra in Vietnam, venne elevata a livello di eroe.

L’altro importante settore della società nordamericana, che con lo svilupparsi degli eventi ebbe un ruolo di grande rilevanza nella protesta contro la guerra, fu il movimento afroamericano. Nel 1964, mentre da un lato il pacifismo di King raggiungeva il suo culmine con l’ottenimento del premio Nobel per la Pace, si cominciava a sentire all’interno stesso del suo movimento il rumoreggiare di un processo di radicalizzazione.

La rivolta popolare di Watts fece riflettere moltissimi giovani bianchi sull’importanza di aprire gli occhi e di prendere posizione contro il proprio governo.

Nel 1966 a Oakland, California, Huey P. Newton e Bobby Seale formarono il Blacks Panthers Party for self-defense (il Partito delle Pantere Nere per l’auto difesa), che cercavano di fomentare un processo rivoluzionario attraverso il lavoro sociale nei ghetti delle grandi metropoli statunitensi ed educando la propria comunità all’autodifesa dal terrorismo di Stato. Il Partito delle Pantere Nere criticò aspramente la strategia politica di altre organizzazioni nere. Nello specifico non condivideva la politica di esclusione di tutti quegli studenti bianchi della classe media nordamericana che da anni si opponevano alla guerra e si esprimevano in solidarietà alla comunità afroamericana. Le Pantere Nere si unirono alle proteste contro la guerra, esplicitando altresì l’alleanza con il movimento studentesco (Seale, 1971). La reale volontà da parte dei settori rivoluzionari del movimento afroamericano di unire le proprie forze con il movimento studentesco bianco si scontrava con le politiche fino allora espresse in numerosi suoi discorsi dallo stesso King. Il reverendo King considerava ancora che gli afroamericani avrebbero dovuto concentrare i propri sforzi nella lotta contro la discriminazione razziale e che la protesta contro la guerra in Vietnam avrebbe sviato le forze del movimento su questioni non fondamentali per la propria lotta. Riteneva assai importante, per gli interessi della comunità nera, mantenere e dove fosse possibile ampliare, l’alleanza con i dirigenti del Partito Democratico, in particolare con i presidenti John F. Kennedy e Lyndon Johnson, Per non rischiare di compromettere le sue relazioni, King trattò in questa fase di mantenersi passivo rispetto alla tematica della guerra.

D’altro canto, durante gli ultimi mesi del 1966 e i primi mesi del 1967 sorgevano, intorno a King, nuove voci che cercavano di persuaderlo nel cambiare linea politica e d’intraprendere un’azione più diretta contro il governo. Tra questi va segnalato il giovane Jesse Jackson.

King, influenzato positivamente dalle tesi politiche espresse da Jackson, lanciò una nuova linea di aperta condanna contro la guerra in Vietnam, contro il sistema capitalista e di ricerca di unità con la classe operaia statunitense. Ciò portò da una parte alla rottura con il presidente Johnson e a un avvicinamento ai radicali; dall’altra, al materializzarsi di un’esplicita critica al riformismo e all’attendismo (liberal) di quegli anni (Naso, 1993).

Il campione del mondo dei pesi massimi Mohamed Ali fu spogliato del suo titolo per essersi negato a prestare il servizio militare, dichiarando: “laggiù inviano musi neri a uccidere musi gialli, affinché dei bianchi possano appropriarsi della terra che vogliono rubare ai rossi” e infine disse: “nessun Vietcong mi ha mai chiamato sporco negro”.

Non pochi gruppi che si opponevano alla guerra in Vietnam si conformarono in ogni angolo degli Stati Uniti.

Los Chicanos, capeggiati da Cesar Chavez, avevano cominciato nel 1965 a organizzare gli operai agrari dell’industria fruttifera californiana. Così come gli afroamericani, inizialmente, anche Los Chicanos iniziarono a lottare per ottenere riforme settoriali, ma col passare del tempo compresero che i risultati delle loro rivendicazioni sarebbero stati effimeri qualora non fossero passati a una lotta politica contro il sistema economico capitalista.

Dalle Università ai quartieri popolari, dal profondo Sud fino a Washington D.C., il carattere popolare della protesta, che gli statunitensi chiamavano gross-roots. come se fosse un torrente in piena, rafforzava la protesta. Alla fine del 1967 il movimento di protesta contro la guerra in Vietnam sembrava ormai consolidato.

3. La fase più acuta

L’anno 1968 fu quello con il più alto grado di conflitto e cominciò con l’intensificarsi della guerra imperialista in Vietnam. In quell’anno la presenza statunitense arrivò a mezzo milione di soldati. Nonostante la stampa embedded statunitense cercasse di nascondere i crimini commessi dalle proprie truppe, una parte dell’opinione pubblica statunitense si rese conto del vero volto della guerra.

il 4 aprile del 1968, durante un comizio a Memphis, anche Martin Luther King fu assassinato da un sicario. La reazione di fronte a questo ulteriore atto di terrorismo di Stato fece esplodere i quartieri popolari delle maggiori città statunitensi. L’omicidio di King non fu il gesto isolato di qualche razzista, ma una fase dell’operazione militare di repressione del dissenso politico sistematicamente condotta in quegli anni.

Il Convegno del Partito Democratico di agosto a Chicago si convertì nel centro di vastissime e imponenti attività di lotta. Tutti i principali gruppi di protesta erano presenti: le Pantere Nere marciarono per le strade, i giovani dell’SDS, occuparono con le loro tende il Lincoln Park. All’imbrunire del giorno il sindaco di Chicago, Richard Daley, ordinò alla polizia di “ripulire l’immondezzaio che occupa abusivamente le strade di Chicago”.

Le proteste di Chicago vennero schiacciate.

Alle presidenziali dello stesso anno si impose il falco repubblicano Richard Nixon, che cavalcava un becero nazionalismo sintetizzato dal suo slogan sulla “pace con onore”, che implicitamente accusava gli oppositori alla guerra di voler svendere la dignità nazionale, con la complicità del Partito Democratico.

I settori di opposizione alla guerra in Vietnam si resero conto di cosa in realtà significasse per Nixon la cosiddetta “pace con onore”, e come questa comportasse nient’altro che una nuova strategia di guerra, per mezzo dell’intensificarsi dei bombardamenti con armi chimiche sul Vietnam e di operazioni militari sotto false flag (falsa bandiera) nel Laos e in Cambogia; dove gruppi di mercenari assoldati e addestrati dalla CIA, compivano azioni paramilitari contro la popolazione civile trattando di farne ricadere la responsabilità sui Vietcong.

Parallelamente continuarono a crescere le azioni repressive del governo, che attraverso ondate di arresti e omicidi, portarono alla fine del 1969 alla disarticolazione delle principali organizzazioni di opposizione alla guerra, compreso il Partito delle Pantere Nere, considerato all’epoca la maggiore minaccia per la sicurezza nazionale.

In quegli stessi mesi si resero pubbliche le foto del terribile massacro perpetrato dai marines ai danni di anziani, donne e bambini nel piccolo villaggio vietnamita di My Lai.

Si decise di convocare una grande giornata nazionale di protesta contro la guerra per il 15 ottobre, denominata Vietnam Moratorium Day.

La manifestazione ebbe un risultato sorprendente: nonostante l’indebolimento organizzativo oltre 600.000 persone in tutti gli Stati Uniti risposero positivamente scendendo in strada.

Alla fine di aprile del 1970 una serie di manifestazioni contro l’invasione militare della Cambogia si svolsero in moltissime università statunitensi. Nell’università del Kent State, Ohio, quattro studenti furono assassinati per mano della Guardia Nazionale. Non pochi furono gli scontri e le rivolte in quasi tutte le università degli Stati Uniti. Oltre 500 università – per ordine della Casa Bianca – furono chiuse, mentre circa 20 furono occupate militarmente dalla Guardia Nazionale. Il 9 maggio, centinaia di migliaia di lavoratori e studenti s’incontrarono a Washington, sotto la Casa Bianca, per denunciare la criminalizzazione del movimento studentesco.

Nel 1970, di fronte al prolungarsi della guerra, alla diffusione del malcontento interno e alle sempre maggiori capacità militari della Resistenza vietnamita, i senatori contrari al proseguimento della guerra ottennero la revoca dei poteri illimitati di cui aveva goduto il Presidente a partire dalla Risoluzione del Golfo di Tonchino.

4. L’ultimo periodo

La fase successiva del movimento si caratterizza per la divisione interna tra i settori sopravvissuti alla campagna militare e giudiziaria condotta ininterrottamente contro di esso e per la sua progressiva riduzione entro vie più istituzionali. La repressione aveva colpito in modo particolarmente pesante le avanguardie del movimento e all’inizio del 1971 divenne chiaro che l’esito positivo delle grandi proteste del 1970 non era sufficiente a unificarlo. Si formarono due principali correnti. La NPAC (Coalizione Nazionale d’Azione per la Pace), che chiedeva il ritiro immediato dei marines dal Vietnam e rifiutava l’appoggio al Partito Democratico, e il PCPJ (Coalizione Popolare per la Pace e la Giustizia), che proponeva di fissare una data per il ritiro delle truppe e prediligeva una propria partecipazione attiva al processo elettorale. La disputa tra il NPAC e il PCPJ si acutizzò quando il senatore McGovern annunciò la sua candidatura per le elezioni presidenziali del novembre 1972. Il PCPJ sostenne apertamente la campagna presidenziale nei campus universitari, mentre la NPAC criticò aspramente la scelta, considerando fosse destinata a indebolire l’azione di opposizione alla guerra in Vietnam. L’aspro confronto tra la NPAC e il PCPJ contribuì a deteriorare ulteriormente il movimento.

Nel gennaio del 1972 Richard Nixon annunciò un’iniziativa consistente nel ritiro graduale di tutte le truppe statunitensi, In questa maniera ripresentò furbescamente la sua cosiddetta “pace con onore”, negoziata e graduale.

Se da una parte la proposta di Nixon rifletteva il delinearsi della vittoria vietnamita attraverso la Guerra del popolo del Generale Vo Nguyen Giap, dall’altra la mossa del presidente degli Stati Uniti sembrava indirizzata a “strappare dalle mani” di MoGovern la bandiera della pace. La tattica gattopardesca attuata da Nixon era chiara: già non si trattava più della dicotomia tra guerra e pace, ma piuttosto tra una “pace negoziata” e una “pace immediata”.

La sconfitta del candidato del Partito Democratico si abbatté sul movimento di protesta contro la guerra, poiché in molti avevano riposto tutte le loro speranze nella vittoria di McGovern.

Alla fine del 1972, l’aviazione nordamericana realizzò i bombardamenti su Hainoi e Haiphong. Questa volta le manifestazioni di protesta non ebbero la forza del passato. L’obiettivo del movimento non andava ormai oltre l’ottenimento della pace e le attese si concentravano solo sui dialoghi di Parigi.

il 27 gennaio del 1973, Kissinger per gli Stati Uniti e Le Duc Tho, a nome della Repubblica Democratica del Vietnam, firmarono l’accordo che prevedeva il ritiro delle truppe USA e la legittimazione del governo rivoluzionario del Fronte di Liberazione Nazionale del Sud Vietnam. In violazione degli accordi di Parigi gli Stati Uniti non cessarono il proprio coinvolgimento e la guerra proseguì tra l’esercito sudvietnamita sostenuto dagli Stati Uniti e le forze popolari del Sud e del Nord Vietnam.

Il movimento di protesta negli Stati Uniti produsse ancora solo le manifestazioni volte a ottenere l’amnistia per gli oltre cinquecentomila giovani nordamericani che rifiutavano di trasformarsi in carne da cannone per gli imperialisti. Obiettivo che venne conseguito alcuni anni dopo con l’amministrazione Carter.

Angela Davis aveva insistito sull’importanza di sviluppare un grande e forte movimento di opinione contro il capitalismo. Ma il movimento non aveva le energie interne per fare complessivamente un salto di qualità politico. Non è stato in grado durante il suo percorso di realizzare gli obiettivi dei suoi migliori e più lungimiranti esponenti, forgiando una vera e propria opposizione di classe. Tuttavia la protesta contro la guerra creò, pur nella parabola, notevoli problemi alle varie amministrazioni statunitensi, che dovettero elevare gli omicidi selettivi e il terrorismo di Stato al rango di comune prassi.

Governo e apparato bellico nordamericano non poterono contare in modo continuativo su quell’egemonia interna che gli aveva assicurato la libertà di manovra per gettarsi nell’avventura bellica indocinese. E non hanno potuto evitare che i guerriglieri vietcong liberassero completamente Saigon il 30 aprile 1975: la “sporca guerra” terminava definitivamente con l’immagine dei resti del regime sudvietnamita che fuggivano in elicottero dal tetto dell’ambasciata statunitense.

*(Scheda storica tratta dal libro di Phan Thi Quyen, Vivere come lui. Nguyen Van Troi, simbolo della lotta di liberazione del Vietnam, Zambon Editore, 2014).

——————————————————————————

BIBLIOGRAFIA:

ALOISI Massimo, La guerra chimica. Imperialismo ed ecologia, Bertani Editore, Verona, 1972.
BACHARAN Nichole , Histoire de noirs américains au XX siècle, Editions Complexe, Bruxelles, 1994.
CANOT Robert , L’estate di Watts, Rizzoli Editore, Milano, 1970.
CLEAVER Eldridge, Anima in ghiaccio, Rizzoli, Milano, 1969,
GLABER Martin (a cura di Bruno Cartosio), Classe operaia, imperialismo e rivoluzione negli USA, Musolini Editore, Torino, 1976.
HAL Drapel, La rivolta di Berkeley, Einaudi, Torino, 1966.
HARWEY Pekar, Studenti contro il potere: la storia del SDS, il movimento studentesco protagonista del ’68 americano, Alet Edizioni, Padova, 2008.
JAMES C. L, Baron H.M,, Gutman H.G. (a cura di Cartosio Bruno), Da schiavo a proletario. Tre saggi sull’evoluzione storica del proletariato nero negli Stati Uniti, Musolini Editore, Torino, 1973
MARINE Gene, Black Panthers. Storia delle Pantere Nere, Rizzoli, Milano, 1971.
MEEREPOL Robert, Quando il governo decise di assassinare mio padre e mia madre. Il figlio di Ethel e Julius Rosenberg racconta, Zambon Editore, 2007.
NASO Paolo, L’altro Martin Luther King, Claudiana Editrice, Torino, 1993.
SEALE Bobby, Cogliere l’occasione. La storia del Black Panthers Party e di Huey P. Newton, Einaudi Editore, Torino, 1971.

"En Tiempos de Guarimba"

Conoce a quienes te quieren dirigir

La Covacha Roja

Donde encontramos ideas avanzadas

Pensamiento Nuestro Americano

Articulando Luchas, Cultivando Resistencias

RE-EVOLUCIÓN

Combatiendo al neofascismo internacional

Comitè Antiimperialista

Contra les agressions imperialistes i amb la lluita dels pobles per la seva sobirania

SLAVYANGRAD.es

Nuestra ira no tiene limites. (c) V. M. Molotov

Gli Appunti del Paz83

Internet non accende le rivoluzioni, ma aiuta a vincerle - Il Blog di Matteo Castellani Tarabini

Sociología crítica

Articulos y textos para debate y análisis de la realidad social

Hugo Chavez Front - Canada

Get to know what's really going on in Venezuela

Revista Nuestra América

Análisis, política y cultura

Avanzada Popular

Colectivo Avanzada Popular

Vientos del Este

Actualidad, cultura, historia y curiosidades sobre Europa del Este

My Blog

Just another WordPress.com site

Festival delle idee politiche

Rassegna annuale di teorie politiche e pratiche della partecipazione civile

Far di Conto

Piccoli numeri e liberi pensieri

Miradas desde Nuestra América

Otro Mundo es Posible, Necesario, Urgente. Desde la provincia chilena

Como te iba contando

Bla bla bla bla...

Coordinadora Simón Bolívar

¡Bolívar vive la lucha sigue!

LaDu

Laboratorio di Degustazione Urbana

il Blog di Daniele Barbieri & altr*

"Per conquistare un futuro bisogna prima sognarlo" (Marge Piercy)

KFA Italia - notizie e attività

notizie dalla Corea Popolare e dalla Korean Friendship Association

KFA Euskal Herria

Korearekiko Laguntasun Elkartea | Korean Friendship Association

ULTIMOTEATRO.PRODUZIONIINCIVILI

Nuova Drammaturgia del Contemporaneo

Sociales en PDF

Libro de sociales en formato digital.

matricola7047

Notes de lectura i altres informacions del seminari sobre el Quaderns de la Presó d'Antonio Gramsci ( Associació Cultural Espai Marx)

Centro Cultural Tina Modotti Caracas

Promoción de la cultura y arte Hispanoamericana e Italiana. Enseñanza y educaciòn.

Racconti di quasi amore

a costo di apparire ridicolo

JoséPulido

La página del escritor venezolano

Donne in rosso

foglio dell'ADoC (Assemblea delle donne comuniste)

Conferenza Mondiale delle Donne - Caracas 2011

Just another WordPress.com site

tarot Co_creador

donde las líneas de la vida y el alma convergen

NapoliNoWar

(sito momentaneamente inattivo)

Sonia Serravalli - Opere, biografia e altro

Se non vedi i miracoli, non significa che non esistano

rivoluzionando

La Rivoluzione del Popolo

Sebastiano Isaia

Il punto di vista umano. «Essere radicale vuol dire cogliere le cose alla radice. Ma la radice, per l’uomo, è l’uomo stesso» (K. Marx). «Emancipando se stesso, il proletariato emancipa l’intera umanità» (K. Marx).