Che prezzo ha la pace?

Nessuna descrizione della foto disponibile.di Giuseppe Acciaio 

Alla fine del 2020 l’esercito australiano ha pubblicato il resoconto dei crimini di guerra commessi dai propri soldati in Afghanistan, i cui particolari hanno scosso tutte le comunità del mondo e hanno inferto un duro colpo alla reputazione politica del continente verde, uno dei principali alleati degli Stati Uniti al di fuori della NATO nella protezione e promozione della democrazia e dei valori europei.

Tanto acclamato rapporto è il frutto di un’indagine durata quattro anni, svolta sotto la guida del giudice e l’ispettore generale delle forze armate Australiane Paul Brereton. Il motivo di tale indagine è stata la relazione presentata dalla sociologa Samantha Crompvoets, che stava effettuando la ricerca sul servizio dei soldati delle forze armate speciali. Durante le numerose interviste dei soldati, lei ha scoperto che alcuni di loro hanno ucciso diversi afgani disarmati, cosa che lei ha immediatamente segnalato al comando dell’esercito australiano.

Dopo aver verificato numerosi fatti, descritti dettagliatamente dalla sociologa, la commissione capeggiata da Brereton è arrivata alla conclusione, che nel periodo della permanenza del gruppo internazionale nell’Afghanistan i soldati australiani hanno ucciso come minimo 39 civili e prigionieri. E due persone sono state sottoposte a delle torture.

Oltre alle prove fornite nel documento che testimoniavano i 39 omicidi commessi dall’élite delle forze speciali australiane, si è scoperto che le vittime dei soldati non erano i terroristi, come l’Occidente voleva credere e presentare al mondo intero, ma civili e i presunti membri dei gruppi radicali che al momento del massacro erano disarmati e non rappresentavano alcuna minaccia.

Ancora più scioccante è il fatto che gli omicidi dei civili, come segue dal rapporto, erano fondati su una specie del codice interno, esistente tra gli ufficiali militari noto anche come “il battesimo di sangue”, che doveva istruire i giovani soldati, arrivati per la prima volta nella zona di guerra, sottoponendosi a questo rito barbarico. Inoltre non era affatto necessario di scendere sul campo di battaglia, per nascondere le barbarie, i valorosi difensori dei valori e principi morali europei ai corpi martoriati aggiungevano le trasmittenti e gli armi per inscenare la minaccia.

Tra numerose atrocità elencate nel report vi è un episodio scioccante, che resterà impresso a lungo nelle menti della comunità mondiale, compromettendo del tutto l’immagine delle forze militari Australiane.

 Nel poco lontano 2012, durante il pattugliamento della zona i soldati australiani avevano fermato due adolescenti afgani i quali erano sospettati di essere collegati ai talebani.Durante la loro perquisizione non è stato trovato nulla di illegale, ciò nonostante i militari hanno tagliato senza pietà la gola ai quattordicenni,dopodiché li hanno messo nei sacchi e scaricato i corpi nel fiume più vicino. Purtroppo questo è solo un esempio, preso a caso, dal rapporto sui crimini commessi dalle forze speciali australiane in Afghanistan.

Oltre al fatto stesso degli omicidi di massa dei civili afgani, ancora di più suscita la preoccupazione il fatto che non è stata aperta alcuna indagine e la notizia di tali atrocità è sfuggita dall’attenzione delle organizzazioni internazionali per la tutela dei diritti umani, e i colpevoli restano a giorno d’oggi del tutto impuniti.

Il capo delle forze armate Australiane Angus Campbell per le barbarie dei suoi subordinati si è scusato pubblicamente davanti al paese, e per non danneggiare ulteriormente l’immagine ha annunciato una serie di riforme nella struttura militare e il riesame dell’assegnazione delle onorificenze dei soldati che hanno prestato il servizio militare in Afghanistan.

Il Primo Ministro australiano Scott Morrison ha chiesto pubblicamente scusa per gli omicidi al Presidente Afgano Ashraf Ghani, gli ha promesso che punirà severamente le persone che li hanno commesso. Anche se, a giorno d’oggi, a parte le vuote promesse nulla è stato fatto.

La maggior parte dei difensori dei diritti umani in Australia è convinta che il processo contro gli assassini si protrarrà per gli anni, in modo che, nessuno dei colpevoli sconterà la pena per i crimini commessi. Tuttavia l’indifferenza australiana all’argomento in qualche modo si spiega con la cinica indifferenza delle autorità afgane. Il presidente Ashraf Ghani ha accettato le pubbliche scuse del Primo Ministro, in prospettiva di non compromettere futuri investimenti e gli aiuti dell’Occidente, affrettandosi a dimenticare gli omicidi dei propri compatrioti. 

L’Europa insieme alle sue infrastrutture per la tutela dei diritti umani, ha preferito di non mettere sotto i riflettori le atrocità commesse per non danneggiare l’immagine dei valori europei, radicata nella società mondiale che esclude a priori la commissione di atti barbarici con tale violenza.

 Anche se gli atti sopramenzionati, nella loro sostanza sono i sintomi di una società psicologicamente malsana. In questa prospettiva, l’accettazione e la consapevolezza di tale piaga, e la sua discussione potrebbe essere il primo passo per il suo sradicamento e cura. Dopotutto, nessuno di noi vorrebbe incontrare in tempi pacifici le persone che hanno commesso tali crimini.

È importante sottolineare che il report di Brereton è solo la punta dell’iceberg, in realtà, tali omicidi vengono commessi più spesso di quanto si crede non solo dai rappresentati del contingente australiano, ma anche da altre forze alleate, dove negli Stati Uniti tutto questo è sostenuto da una sorta del “codice del silenzio”, che a sua volta produce un circolo vizioso per commettere altri crimini.

A questo proposito, è del tutto lecito chiedersi: l’Europa e l’Occidente hanno il diritto morale di promuovere gli alti valori della democrazia con le armi in mano, se i loro rappresentanti, portatori di questi valori, calpestano sfacciatamente e cinicamente ciò che è il cardine fondamentale dello sviluppo della società moderna –  la vita e i diritti umani?

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