Verso il 2017: vi sconfiggeremo signori della borghesia imperialista!

da umbvrei.blogspot.it

Con questa indicazione del Comandante Chávez nello storico discorso del 2 giugno 2007 tenuto al termine di una immensa mobilitazione popolare che ha visto come protagonisti centinaia di migliaia di Venezuelane e Venezuelani vogliamo chiudere questo 2016, ricordando, a dieci anni di distanza, il chiaro messaggio rivoluzionario di Chávez inviato alle classi dominanti: “Vi sconfiggeremo di nuovo, signori della borghesia imperialista!” e come in questa occasione, ricordando Gramsci, evidenzia che “Una vera crisi storica si ha quando ciò che muore non finisce di morire e ciò che nasce non smette di nascere”. Ma ne possiamo essere certi: il vecchio morirà e il nuovo nascerà! Buona fine, e miglior inizio 2017!

Caracas, Sabato 2 Giugno 2007

Viva la dignità del nostro popolo, viva la sovranità, viva quindi il Venezuela libero e sovrano, degno e grande. Ottimo giorno il 2 giugno.

Vi voglio dire qualcosa dal  profondo del mio cuore, dal profondo della mia anima: quel grido che sembra una canzone, quel grido che viene dalle gole del popolo, quella canzone che viene dall’anima popolare e che sento da diversi anni, dal 1992, da quei giorni difficili quando iniziava a nascere la Patria nuova, da quei giorni terribili in cui ero dietro le sbarre della prigione, la prigione della dignità, iniziai a sentire da lontano il canto: “Chávez, amigo, el pueblo está contigo”.

Voglio che sappiate che quel grido, che quel canto popolare che avete inventato, per me è sacro. Voglio che sappiate che quel grido popolare arriva fino al profondo delle mie viscere, e mi dà una forza misteriosa, magica, una forza senza limiti, incommensurabile.


È la forza dell’amore, della fede, della speranza, che mi ha accompagnato nei grandi eventi di massa e nei momenti di solitudine in questi ultimi 15 anni della mia vita. Per questo vi rispondo “Pueblo, amigo, Chávez estará siempre contigo”.


Questo umile Chávez, questo umile contadino, questo umile soldato sarà sempre e per sempre con te, popolo, dignitoso, grande, eroico; ti amo popolo venezuelano, più della mia vita.

E tutta la vita che mi resta, voi lo sapete, non è mia, è vostra, è del popolo venezuelano; oggi è il 2 giugno, là in fondo è uscito un arcobaleno. Mi ha detto Juan Barreto: “Guarda l’arcobaleno che è uscito, è il simbolo di TVeS, Televisione Venezuelana Sociale”.

Non so chi l’abbia progettato, sembra un gigantesco proiettore. Guardate, alcune luci che escono a oriente di Caracas e proiettano nel cielo semicoperto di questo 2 giugno l’arcobaleno, che è il simbolo della più profonda, della più armoniosa delle diversità che formano con i propri diversi colori l’armonia nell’unità.

La TVeS, una bambina che cammina appena, muove i primi passi. Ieri ho parlato al telefono brevemente con la Presidentessa di TVeS, la compagna Lil Rodríguez, grande professionista. A lei, a tutto il personale della direzione, ai lavoratori, va l’apprezzamento del popolo venezuelano ed il benvenuto in questa prima settimana di lavoro. […]

Le nuove Università che la rivoluzione ha creato per chiudere con la volgare esclusione che tanti danni ha fatto al Venezuela e soprattutto al popolo. Bene compagni, oggi facciamo un omaggio.

Voi sapete che mi appassiona molto la storia, perché la storia è maestra, è specchio, è la fonte da cui dobbiamo bere per comprendere i nostri tempi, è la base della filosofia, così dice Marx in diversi scritti. I grandi hanno dovuto appoggiarsi necessariamente alla storia. La filosofia non è altro che l’espressione degli eventi storici interpretati dai pensatori e strutturati in corpo filosofico. Quello che oggi vediamo, quelle strutture, quegli edifici, questa valle, quei barrios, questa strada, sono il prodotto di una storia. Noi siamo il prodotto di una storia. […]

Oggi si compiono 45 anni dalla ribellione civico-militare patriottica e rivoluzionaria de “El Porteñazo”, e rendo omaggio ai martiri del 2 giugno 1962. Rendo tributo a tutti i soldati, gli uomini e le donne che caddero innalzando le bandiere della ribellione contro quel primo governo del “Patto di Punto Fijo” (ndr: dal nome della residenza “Punto Fijo” di Rafael Caldera dove si riunirono gli esponenti dell’oligarchia), che cominciò ben presto a pugnalare alla schiena le speranze del popolo venezuelano venute alla luce il 23 gennaio del 1958.

Il Porteñazo, così come il Carupanazo e molti altri eventi rivoluzionari, popolari, civico-militari, furono i primi segnali, le prime risposte al tradimento preparato nel “Patto di Puntofijo” da una delle élite maggiormente subordinate all’imperialismo nordamericano.

Noi veniamo da questa storia, e io come soldato e come uomo di questo popolo non voglio aspettare che passi la data di oggi senza dire: viva il Porteñazo! Viva i suoi soldati, i suoi uomini, la sue donne, i suoi martiri che portiamo nell’anima, nel sangue, nel respiro e nella speranza.

Da quel cammino siamo giunti e per quel cammino siamo arrivati al 4 febbraio, ed è lo stesso cammino che ci ha portato qui 45 anni dopo il Porteñazo. […]

Ricorderete che l’ho detto molte volte: il 3 dicembre non sarà un punto d’arrivo, ma un punto di partenza. L’ho ripetuto il 10 gennaio quando abbiamo assunto l’incarico per il nuovo periodo di governo 2007-2013. […]

Dal 10 gennaio sono passati solo 140 giorni e noi possiamo dire che il nuovo governo, il nuovo ciclo, il nuovo periodo, si è caratterizzato per l’accelerazione del processo di trasformazione rivoluzionaria. In soli 140 giorni abbiamo recuperato pienamente la capacità operativa, strategica, di quell’esteso territorio sotto il quale si trova la riserva di petrolio più grande del mondo. Voi sapete che mi riferisco al lembo petrolifero dell’Orinoco, adesso totalmente controllato dal Venezuela, dai venezuelani e dalle venezuelane, dalla nostra PDVSA.

In questi 140 giorni, abbiamo nazionalizzato un impresa di alto valore strategico, adesso controllata dal Venezuela, dai venezuelani. Era in mani straniere la Compagnia Anonima Nazionale dei Telefoni del Venezuela (CANTV), e adesso è una compagnia nazionale. In questo breve periodo abbiamo nazionalizzato imprese elettriche, settore altamente strategico e indispensabile per lo sviluppo nazionale, per citare solo alcune delle cose che sono successe. In questo breve periodo abbiamo lanciato con forza il processo di costruzione del Partito Socialista Unito del Venezuela, e il popolo ha dato, una volta ancora, una risposta che per molti è sorprendente. Una risposta chiara, forte, orientante. Ad oggi si sono registrati, come aspiranti militanti del partito, 4 milioni 735 mila venezuelani!

Questo sarà un super partito! E voglio ricordare che domani si chiuderanno le iscrizioni, e sono sicuro che domani supereremo i cinque milioni di iscritti, cosa mai vista prima d’ora in Venezuela ed in America Latina.

Stiamo scrivendo pagine della nuova storia, e in così poco tempo è successo molto. Come abbiamo scritto, segnalato e deciso, si è chiuso con la concessione del Canale 2 dello spettro elettromagnetico venezuelano, che da 53 anni l’élite oligarchica venezuelana utilizzava, abusandone, esclusivamente a proprio vantaggio; e oggi abbiamo un Canal 2 libero, che non è dell’oligarchia, né mai tornerà ad essere dell’oligarchia. Adesso è del popolo venezuelano, adesso è della società venezuelana. […]

In questi giorni ho ricevuto il segretario generale del Comitato Centrale del Partito Comunista del Vietnam, il compagno Man, col quale abbiamo ricordato una delle massime, uno degli appelli, una delle linee strategiche fondamentali del compagno Ho Chi Minh, liberatore del popolo vietnamita, quando diceva “Unità, unità, unità, vittoria, vittoria, vittoria”: solo l’unità ci permetterà di continuare a conseguire vittorie, e ci assicurerà le future vittorie di cui hanno bisogno il nostro popolo, la nostra patria, la nostra rivoluzione.

Approfitto di queste parole per insistere sul processo unitario del partito, di tutto il popolo, della classe operaia, dei contadini, dei movimenti culturali; per sottolineare l’importanza dell’unità nazionale, dell’unità delle forze armate bolivariane, dell’unità del popolo bolivariano. Ricordiamo Simón Bolívar, che con il suo impegno, con la sua speranza, col suo fuoco libertario continua ad insegnarci. Diceva Bolívar: “Se non fondiamo l’anima, lo spirito, il corpo, la speranza nazionale in un tutto unico, la società finirà per essere un combattimento corpo a corpo per la sopravvivenza, e un nuovo colonialismo sarà ciò che lasceremo ai posteri.”

Compagni venezuelani di tutte le latitudini, continuiamo a rafforzare la grande unità nazionale per assicurare la vittoria sempre, la vittoria per sempre.

L’unità dev’essere estesa a tutti gli ambiti della realtà, della struttura e della sovrastruttura, direbbe Antonio Gramsci, e voglio tornare al suo pensiero per utilizzarne le idee.

Utilizzando il suo pensiero illuminante capiamo ogni giorno di più ciò che sta succedendo oggi qui in Venezuela, dove l’oligarchia venezuelana insieme ai suoi alleati, l’oligarchia mondiale e la borghesia internazionale, si sono nuovamente scagliati contro il popolo, contro la morale, contro l’etica, la verità, contro il governo bolivariano, contro la sovranità nazionale, ed hanno attaccato di nuovo questo umile soldato presidente del Venezuela.

Per quanto riguarda la mia persona non m’importa, dicano pure di me ciò che vogliono! Che i rappresentanti della borghesia internazionale vadano lontano, fuori dalle palle! Molto lontano! Glielo imponiamo dalle strade del popolo libero. Questa è una patria libera. Un popolo libero! Alcune sere fa è passato di qui un mio buon amico nordamericano, rappresentate democratico nel Congresso degli USA. Abbiamo parlato alcune ore di temi d’attualità, ora che contro il Venezuela si scagliano di nuovo il Congresso USA, una frazione minoritaria dell’Europarlamento, perfino il Parlamento brasiliano, e i giornali e le televisioni delle grandi catene mondiali manipolate dai loro padroni, rappresentanti dell’élite mondiale, che pretende di imporre ai popoli la volontà imperiale. Gli ho detto che per quel che mi riguarda non mi importa essere paragonato, da questi poderosi mezzi di comunicazione mondiale e in questi spazi dominati dall’élite mondiale, a Hitler e Mussolini. Non mi interessa.

Qualcuno, qualche giorno fa, mi chiedeva infatti come mi sentivo per il fatto che tutti o quasi tutti i media del mondo mi hanno rappresentato come il tiranno del Venezuela, il dittatore, il carnefice, il repressore dei giovani venezuelani.

In sostanza che mi chiamino Hitler o Mussolini non m’importa. Lo dico a tutti, borghesia venezuelana inclusa: m’importa solo della dignità del popolo del Venezuela, della sovranità nazionale; posso morire ma non torno indietro.

Al contrario, se l’oligarchia venezuelana crede di frenarci con le sue minacce, con le sue manipolazioni, con i suoi piani destabilizzatori, può toglierselo dalla testa. Ogni piano eversivo dell’oligarchia diretta dall’impero nordamericano, avrà come risposta una nuova offensiva rivoluzionaria. Qui lo dico e così sarà. Attenzione dunque all’importanza dell’unità, alla coscienza per interpretare la realtà, per comprendere le nostre debolezze e combatterle: le minacce che ci pioveranno addosso sempre.

Per vedere i nostri punti deboli e rafforzarli, per intendere dunque la situazione complessiva nella quale siamo. Per questo torno ad avvalermi del pensiero di quel grande rivoluzionario italiano, Antonio Gramsci. Che nessuno si scoraggi, che nessuno rallenti nel lavoro quotidiano e nell’assunzione delle proprie responsabilità per far avanzare i piani rivoluzionari in tutti i fronti di lotta, da quello economico a quello sociale e politico, da quello territoriale e internazionale a quello della morale. […]

Per interpretare ciò che stiamo vivendo, compagni, ci  è molto utile Antonio Gramsci,  l’autore di quella tesi che abbiamo ripetuto molte volte: “Una vera crisi storica si ha quando ciò che muore non finisce di morire e ciò che nasce non smette di nascere”. In quello spazio si presenta una autentica crisi organica, crisi storica, crisi totale.

Qui in Venezuela non ce ne dimentichiamo, da vari anni siamo in una crisi gramsciana, storica. Quello che sta morendo non ha ancora finito di morire, e quello che sta nascendo, non ha smesso di nascere. All’inizio degli anni ’80 il Venezuela era già entrato in una crisi storica, e oggi dopo 20 anni siamo nell’epicentro della crisi, buona parte dei prossimi anni faranno parte di questa crisi storica fino a che non sarà definitivamente morta la IV repubblica e non sarà compiutamente nata la V, la Repubblica Socialista e Bolivariana del Venezuela. Saremo sempre in una crisi dalle diverse sfumature, dai diversi colori, che si esprime in svariate forme nella realtà fenomenica, nella realtà visibile in superficie.

Dunque Gramsci ha abbozzato e sviluppato la tesi del blocco storico, l’egemonia di una classe che riesce a creare un blocco storico nel quale si possono ben identificare le strutture e le sovrastrutture. Perdonatemi se sono un po’ accademico, ma so che il livello culturale del nostro popolo ha fatto un enorme salto di qualità, e che in ogni luogo e momento siamo tutti in grado di riflettere su queste teorie che illuminano la realtà per meglio comprenderla, e Gramsci, quando parla di sovrastruttura, ascoltate bene, la sovrastruttura del blocco storico dominante, dice che essa ha due livelli: la società politica e la società civile. La prima possiamo riassumerla bene nelle istituzioni dello Stato e del governo, dunque nelle istituzioni politiche; la seconda è un complesso di istituzioni economiche, di organismi o istituzioni comunemente dette “private”, attraverso le quali la classe dominante può diffondere, estendere e collocare in tutti gli spazi della vita la sua ideologia, e qui arriviamo alla odierna realtà venezuelana. Una delle grandi contraddizioni che abbiamo oggi in Venezuela, è precisamente lì, tra la società politica – lo Stato che ha sperimentato un processo di trasformazione e liberazione – e una società, detta civile, di istituzioni comunemente private, che adesso non controllano lo Stato. La classe dominante del Venezuela si era strutturata in un blocco storico con il nome di “Patto di Puntofijo“.

Essa riuscì a subordinare lo Stato alla società civile, quindi la società politica venne subordinata alla società civile, intendendo questa nel senso gramsciano che ho menzionato.

Che succede quando Hugo Chávez arriva al governo del Venezuela per volontà della maggioranza della popolazione? La società civile dominante cerca di impadronirsi di Chávez, ma Chávez non si è mai subordinato, né mai lo farà, a questa vecchia società civile del “Patto di Puntofijo“.

La società cosiddetta civile possiede un insieme di istituzioni, Gramsci le elenca, e una di esse è la Chiesa, perciò la élite cattolica si scaglia contro di noi, la spiegazione storico-scientifica è questa. L’élite cattolica, con alcune eccezioni, che non sono altro che eccezioni, sempre e in tutto il mondo si è alienata, ha fatto parte dei blocchi dominanti del capitalismo.

È triste dire ciò per me che sono cattolico, anche se sono essenzialmente un cristiano. Cristo è il mio signore, mio padre, il mio redentore. Mia nonna Rosa Inés Chávez – ovunque tu sia ti ricordo sempre – quando mi vestivo da chierichetto mi diceva: “Non credere che perché indossi quest’abito e per il fatto che vai in chiesa tu stia con Dio”, mi diceva: “Non credere a tutto quello che dice il prete”, me lo diceva sempre, e si è molto rallegrata quando ho smesso di fare il chierichetto. Accendeva ceri ai santi affinché smettessi di fare il chierichetto. Sembrava una contraddizione, ma ora la capisco bene. […]

In quasi tutta l’America, durante gli ultimi 100 anni e più, la chiesa, i mezzi di comunicazione e il sistema scolastico, sono stati i tre grandi corpi organici che Gramsci segnala come le istituzioni fondamentali della società civile, usate per diffondere nelle classi sociali e nei ceti popolari la propria ideologia dominante. Gramsci classifica l’ideologia in strati. La forma più elaborata dell’ideologia è la filosofia. Visto che non possiamo essere tutti filosofi, le classi dominanti hanno elaborato diversi strati di ideologia e così esse hanno i loro filosofi, le loro scuole e i loro libri di filosofia attraverso i quali impregnano dell’ideologia dominante la società.

Ma c’è un secondo livello sotto quello della filosofia: il neoliberalismo, per esempio, possiede una sua filosofia, ma a livello filosofico è molto elaborato e non è digeribile dagli strati sociali subalterni. La classe dominante, quindi, elabora le tesi della libertà del mercato e di espressione (intesa come la intendono loro, manipolandola), le tesi dell’integrazione in un modello tipo ALCA, che è la proposta dell’impero nordamericano. Elabora un corpus di idee che si riferisce alla democrazia borghese, con la divisione dei poteri, l’alternanza, la rappresentanza come fondamento della democrazia, grandi menzogne, ma sono il corpo ideologico di quella filosofia egemonica che in Venezuela e in buona parte dell’occidente ha dominato per più di 100 anni.

Un terzo livello negli strati ideologici secondo Gramsci è quel che egli chiama il senso comune, che è il prodotto dell’immersione nella filosofia e nell’ideologia dominante, in diverse forme, attraverso le telenovele, i film, le canzoni, la propaganda, etc. […]

Compagni, qui ci sono alcuni elementi – ripeto –  per comprendere bene ciò che sta succedendo. Noi stiamo liberando lo Stato, perché la società civile borghese controllava lo Stato venezuelano a proprio piacere, manipolava il governo, il potere legislativo, quello giudiziario, le imprese statali, la Banca pubblica, il bilancio nazionale. Stanno perdendo tutto questo, se non totalmente, nella sostanza. E ora sono ripiegati nei nuclei duri della società civile borghese, utilizzando, a volte in modo disperato, gli spazi che gli rimangono in quelle istituzioni segnalate da Gramsci: la Chiesa, i mezzi di comunicazione e il sistema educativo. Da qui l’importanza di capire lo scenario della battaglia.

L’oligarchia venezuelana è in una situazione disperata, vi dico anche che poteva convivere con la rivoluzione, questa poteva essere una contraddizione, però poteva essere così. Non avevamo nessun piano per radere al suolo l’oligarchia, la borghesia venezuelana, e ora lo abbiamo sufficientemente dimostrato, in più di otto anni.

Quindi se l’oligarchia venezuelana non capisce ciò, non accetta l’appello alla pace e alla convivenza che noi, la grande maggioranza dei rivoluzionari, gli abbiamo lanciato, se la borghesia continua a scagliarsi disperatamente utilizzando gli spazi che gli rimangono, continuerà a perdere, uno ad uno, questi spazi.

Li perderà uno per uno. Dominavano le Forze Armate e le hanno perse; dominavano il Canal 2 della TV, l’hanno perso e non lo recupereranno mai più. Quindi questo messaggio è per la classe borghese venezuelana: vi rispettiamo come venezuelani, voi rispettate il Venezuela, la nostra costituzione, le nostre leggi. Se non lo farete ve ne pentirete, vi faremo ubbidire alle leggi venezuelane. Se ne pentiranno, vi giuro che se ne pentiranno! […]

In tutto ciò, a noi non rimane che continuare a conformare il nuovo blocco storico. Ricade su di noi la responsabilità di continuare con pala e piccone, impiegando mattoni e cemento per fare più grande e più solido delle torri del Parque Central il nuovo blocco storico venezuelano. […]

Continuiamo con i cinque motori costituenti, a pieno ritmo, nella costruzione del socialismo, a livello politico, costruendo la democrazia socialista; a livello economico costruendo l’economia socialista; etico, attivando la nuova morale socialista; sociale, costruendo la maggior quantità di felicità possibile; la nuova geopolitica nazionale; la nuova geometria del potere; la nuova geopolitica internazionale; il mondo multipolare.

A proposito di politica internazionale, sappiamo sicuramente tutti che i grandi mezzi di comunicazione in mano alle élite ci hanno messo davanti al plotone di esecuzione, ma questo non ci indebolisce, quelle critiche insane e manipolate stanno piuttosto producendo una reazione mondiale. Ieri stavo guardando un programma della Tv spagnola, e c’è stato un gruppo di spagnoli che ha difeso il Venezuela.

Ho visto la televisione francese, io guardo molta Tv perché sono cosciente del fatto che questa battaglia si gioca su uno scenario di guerra mondiale, una vera guerra mondiale mediatica. In Francia si sono esposti leader della sinistra, intellettuali – tra gli altri il nostro amico Ignacio Ramonet –  per difendere il Venezuela. Si sono aperti i giochi nei loro stessi territori. Quindi l’oligarchia mondiale non si rende conto, o meglio se ne rende conto troppo tardi, che l’attacco contro il Venezuela si converte in un attacco altrove, un contrattacco nel proprio territorio.

Non se ne rende conto in tutta l’America Latina. La commissione del Congresso in Brasile, ha emesso un comunicato volgare che mi obbliga a rispondere: non accettiamo alcuna ingerenza negli assunti interni del Venezuela, assolutamente nessuna. Solo ora la destra brasiliana se ne rende conto. Oggi per esempio c’è un dibattito in una Tv di Brasilia sul “tema Venezuela”, perché lo stesso Congresso del Brasile si è portato la bomba in casa, e lì ora la devono maneggiare; lo stesso è successo in Perù, in Centro America, negli Usa, lo stesso sta succedendo in Europa. Si sono portati la bomba in casa.

Chiaro, le élite internazionali sono preoccupate, e per questo attaccano con tanta furia, perché temono che l’esempio del Venezuela si estenda ad altri paesi dove credono di essere i padroni.

Padroni di tutto, e non lo credono soltanto, sono stati padroni di tutto in molti casi. A proposito di questo tema, il tema internazionale, mi ha chiamato stamattina, poco dopo mezzogiorno, il presidente del Nicaragua, comandante Daniel Ortega, che mi ha raccomandato di salutarvi, e mi ha espresso, come molti altri, la sua solidarietà, e domani verrà nel nostro paese per una visita di lavoro. Il presidente Evo Morales ha chiamato per dire che tutta la Bolivia sta col Venezuela, con il diritto che abbiamo come Venezuelani alla libertà, alla sovranità. Addirittura ha chiamato il presidente Uribe, e mi ha detto che la Colombia non entra negli affari interni del Venezuela, e questo è un affare interno.

Continuano ad arrivare messaggi dall’Asia, stanotte ho parlato col Presidente dell’Unione Africana, il dottor Alpha Konarè, che è venuto a trovarci e mi ha detto: l’Africa non si immischia in questo, perché l’Africa rispetta la sovranità del Venezuela.

Ovviamente non poteva mancare il messaggio solidale, profondo, illuminante, degno del Comandante Fidel Castro, Presidente della Repubblica sorella di Cuba.

Da qui, per tutti loro e specialmente per te, Fidel, l’applauso del popolo venezuelano, della Rivoluzione Bolivariana. Un’alta delegazione cinese si trova ora in Venezuela, portando i saluti del presidente della Cina, il presidente russo ha telefonato per invitarci ad alcune celebrazioni nei prossimi mesi a Mosca, e in una città dell’interno della Russia. Qualche giorno fa ho letto un messaggio del presidente russo Vladimir Putin, è molto positivo che dopo tanti anni un presidente russo metta il dito nella piaga. Ha parlato dell’imperialismo nordamericano. Da molto tempo un presidente russo non parlava dell’imperialismo nordamericano. I tempi stanno cambiando, il mondo si alza in piedi; abbiamo visto la risposta che ha dato il governo della Repubblica Popolare Cinese al governo degli Usa, pretendendo il rispetto dovuto alla propria sovranità. Abbiamo visto le risposte del mondo arabo, della causa palestinese, le risposte dei Caraibi. L’impero nordamericano continuerà a indebolirsi ogni giorno di più. E in questo secolo sotterreremo l’impero nordamericano, affinché ci sia un mondo veramente libero.

Noi, dunque, continuiamo a lavorare a due mani per costruire il nuovo blocco storico, costruendo il socialismo, la nuova società politica che sarà lo Stato sociale, lo Stato socialista, la Repubblica socialista, in tutti i suoi livelli: il potere centrale, i poteri locali, i governi comunali. Voi dal basso, dalla base, continuate a costruire il nuovo Stato, la nuova società politica. La vecchia società civile elitaria, borghese, filofascista, che indossa le camice nere di Mussolini per accusarmi di essere come Mussolini, che indossa le camice brune di Hitler per paragonarmi a Hitler, quella vecchia società civile borghese deve essere trasformata, ascoltate bene, nella nuova società socialista. Società socialista, Stato socialista, Repubblica socialista, struttura socialista, sovrastruttura socialista! E questo è ciò che teme la borghesia venezuelana, che seguendo le istruzioni di Washington cerca una volta ancora di realizzare qui una di quelle chiamate, tra virgolette, rivoluzioni colorate.

Bisogna riconoscere che in alcuni luoghi l’impero ci è riuscito. Ha funzionato per esempio in Ucraina la cosiddetta rivoluzione arancione, ma ha funzionato sì e no, perché chi guarda la realtà di oggi si rende conto che il presidente attuale ha dovuto chiamare il vecchio presidente rovesciato dalla rivoluzione arancione, per farsi aiutare a governare il paese.

Quindi abbiamo una situazione in cui la rivoluzione arancione, finanziata dalla CIA e dalla fondazione Albert Einstein, che è una fondazione che utilizza indebitamente questo nome, che è una fondazione fascista, con i suoi rappresentanti anche qui in America Latina, che con molti soldi finanzia movimenti controrivoluzionari anche in Venezuela, riuscì e non riuscì. Ciò che oggi c’è in Ucraina è una situazione di ingovernabilità e le forze filorusse o amiche della Russia che furono rovesciate, stanno ritornando ad occupare gli spazi che competono loro.

Possiamo dire che se questa strategia della Casa Bianca, dei cosiddetti colpi di stato di velluto, o rivoluzioni colorate, ha funzionato relativamente, qui la polverizziamo. I simboli che usa sono gli stessi, le camice nere, la bandiera rovesciata, incluso quello show in cui alcuni ragazzi quando arriva la stampa soprattutto internazionale, corrono e si inginocchiano davanti ad una polizia che non gli sta facendo niente, si abbassano e alzano le mani. È uno show preparato affinché quella foto faccia il giro del mondo. È in questo modo che hanno potuto generare alcune crisi in paesi i cui governi non si sottomettono a Washington. Qui stanno cercando di farlo, utilizzando certi mezzi di comunicazione, giocando coi sentimenti dei venezuelani, con il sentimentalismo a buon mercato, con il quale diedero l’addio a quel vecchio canale che non voglio neanche nominare, che non mi ricordo neanche come si chiamava, non me lo ricordo, l’unica cosa che so è che oggi il canale 2 è TVeS, la nuova televisione venezuelana sociale, questo è ciò che so.

Quindi stanno cercando, come dicono, di surriscaldare la piazza, utilizzando alcuni ragazzi, alcuni attori televisivi, alcune attrici che vanno per le strade piangendo, inscenando un dramma, una telenovela, un teleshow, ma per questo non dico di abbassare la guardia, no, tutto il contrario. Con queste grandi manifestazioni di oggi, il popolo venezuelano ha dato una risposta molto ferma e precisa. Un piccolo segnale di ciò che succederà all’oligarchia venezuelana se continuerà nel suo impegno destabilizzatore, un piccolo segnale del fatto che qui non possono farcela. Stiano allerta da tutte le parti, i lavoratori, i contadini, i governi locali, regionali, gli studenti, le donne, gli uomini, le Forze Armate. Tutti allerta, non passeranno! Vi sconfiggeremo di nuovo, signori della borghesia imperialista!

Noi, nel caso del vecchio canale borghese abbiamo avuto molta pazienza, abbiamo sopportato molto, fino al termine della concessione, ma che nessuno pensi che sia sempre così; una concessione può terminare anche prima del tempo stabilito. Può finire, secondo quanto dice la legge, per violazione della Costituzione, delle leggi, per terrorismo mediatico etc. Ci sono molti motivi ed io ho fatto un appello ai mezzi di comunicazione privati, soprattutto a quelli che si prestano al gioco della destabilizzazione, e al golpe di velluto, come lo chiamano gli strateghi gringos. Il golpe di velluto per rovesciare Chávez! Non cadete in errore, meditate bene dove state andando, perché ripeto, e come lo dico lo faccio, se la borghesia venezuelana si dispera e continua a scagliarsi contro il popolo bolivariano, continuerà a perdere i suoi spazi uno ad uno, uno ad uno continuerà a perderli.

Come ho già detto all’inizio, compagni, mi complimento con tutti per questa contundente dimostrazione di unità popolare, di coscienza popolare e rivoluzionaria. A partire da oggi, che si mantenga il contrattacco bolivariano in tutto il paese, nelle strade! Il popolo nelle strade, nelle fabbriche, nelle università, nei licei, da tutte le parti un vero contrattacco ideologico, politico, popolare, nazionale e internazionale. Oggi comincia quel che a me più piace: il contrattacco!

A me piace molto il contrattacco!

L’oligarchia venezuelana dovrà lasciarci in pace, dovrà stare tranquilla nei suoi spazi e convivere con la nuova realtà. Anche se non vogliono accettare tutto ciò, questa rivoluzione è arrivata per restare, sono passati solo 140 giorni di questo nuovo ciclo bicentenario della Rivoluzione Bolivariana. Mancano più di 5.000 giorni di rivoluzione fino al 24 giugno del 2021, quando avremo consolidato il progetto del Venezuela Socialista, della Repubblica Bolivariana e Socialista.

Continuiamo dunque a giocare il nostro ruolo, e soprattutto voi, ragazzi, assumete il vostro ruolo, questo è il tempo in cui occorre che il movimento studentesco si metta all’avanguardia insieme alla classe operaia e con i contadini al fianco dei soldati venezuelani, per fare la storia.

Costruendo la Patria, costruendo il nuovo Venezuela, continuiamo dunque secondo il punto di vista gramsciano a sotterrare il vecchio blocco, il vecchio blocco storico, e a costruire quello nuovo. Tornate a casa con tutta calma, perché domani ci si svegli ben riposati, perché è l’ultimo giorno del processo di iscrizione e registrazione dei militanti del grande Partito Socialista Unito che sta nascendo in questo momento… sta nascendo per accompagnare il popolo, gli studenti, gli indigeni, i contadini, le donne, la classe operaia, cavalcando gli orizzonti della Patria Nuova.

Vi saluto col grido di sempre: Patria, Socialismo, o Muerte! Venceremos!


[Trad. a cura del Comitato 10 aprile di Milano]

(FOTO) El curso de pasta artesanal llega a la fábrica

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El Bloque Comunas Eje Metropolitano y el Consejo Comunal de los Ruices Socialista, organizaron un nuevo taller de Pasta, el n° 24, impartido por la camarada Anita, este lunes 19 en la Empresa de Producción Social Directa Sorlerida, productora de Franelas, Gorras, Monos, Chemises, Uniformes, en el Edificio El Fortín en la Urbina Caracas.

Estaban presente además de trabajadores de esta empresa, representantes de los Consejos Comunales de Petare: 1° de Noviembre, Gran Cacique Tamanaco, Paz Y Amor, Vencedores del Esfuerzo, la Comuna Aguerrido Tamanaco y Asentamiento Campesino de Mariche.

Al final todos los presente pudimos cocinar y saborear la exista pasta producida. Muchos regresaron a sus casas con deseo de poner en práctica la técnica adquiridas.

Nadie se cansa, nadie se rinde. Seguimos venciendo.

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L’eredità cubana di Fidel Castro

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La vera democrazia fatta di buona salute pubblica, bassi tassi mortalità infantile, alta alfabetizzazione ed eco-socialismo.

 

1°dic2016.- Nonostante decadi di sanzioni U.S.A. illegali e un reddito annuo pro-capite di soli circa 7.000 dollari da paragonare ai 56.000 degli U.S.A., Cuba ha un buon sistema di salute di base, 100% di alfabetizzazione, un’aspettativa di vita di livello occidentale e una mortalità infantile al di sotto dei 5 anni, di 6 su 1.000, la stessa degli U.S.A. La vera democrazia significa fondamentalmente espressione della volontà del popolo e nella Cuba di Castro a un solo partito, ciò ha significato eco-socialismo e la sopravvivenza dei neonati, in vista di una vita decente, sana, alfabetizzata, istruita e lunga.

La cuba socialista di Fidel Castro è stata un modello per lo sviluppo civilizzato del Terzo Mondo, che rispetti il diritto umano fondamentale, quello alla vita, ed è in opposizione ideologica alla globalizzazione neo-liberista ecologicamente insostenbile, mossa dall’avidità, che favorisce in maniera spropositata l’Uno Per Cento a spese dell’Umanità e della Biosfera. Le conquiste della Cuba socialista di Fidel Castro sono elencate qui di seguito:

        1.Fidel Castro e la Cuba socialista sono sopravvissute all’ostilità criminale degli U.S., al terrorismo, all’invasione e al blocco economico.

Fidel Castro e i suoi compagni rivoluzionari socialisti rovesciarono la dittatura di Batista sostenuta dagli U.S.A. nel 1959. Fidel Castro (Fidel Alejandro Castro Ruíz) in seguito ha governato la Repubblica di Cuba per 47 anni, dapprima come Primo Ministro (1959-1976) e poi come Presidente (1976-2006). Gli U.S.A. hanno intrapreso un blocco economico contro Cuba nel 1961, che ancora persiste, nonostante un recente parziale riavvicinamento diplomatico da parte del Presidente U.S.A. Barack Obama, che il neo-eletto Presidente estremista di destra Donald Trump ha giurato di buttare all’aria. L’embargo U.S.A. impedisce le esportazioni verso Cuba che non siano cibo e medicinali, sotto minaccia di detenzione fino a dieci anni. Dal 1992, l’Assemblea Generale dell’O.N.U. ha approvato una risoluzione ogni anno, condannando l’embargo in quanto violazione della Carta delle Nazioni Unite e del diritto Internazionale. Così, per esempio, nel 2014, delle 193 nazioni dell’Assemblea Generale dell’O.N.U., 188 hanno votato per condannare l’embargo U.S.A., con gli U.S.A. e il pro-apartheid Israele votanti contro e le ossequianti filo-americane micro-nazioni del Pacifico insulare Palau, Marshall e Micronesia astenute. Amnesty International, Human Rights Watch e la Commissione Interamericana per i Diritti Umani hanno condannato l’embargo U.S.A. Gli U.S.A., all’epoca del Presidente Kennedy, risposero militarmente alla Cuba di Castro con la fallita invasione della Baia dei Porci nel 1961. Quando Castro fece entrare i missili nucleari sovietici a Cuba, il Presidente U.S.A. John Kennedy porto’ il mondo al bordo dell’annientamento nucleare e i missili furono ritirati. La C.I.A. e gli esiliati cubani appoggiati dalla C.I.A. montarono senza successo circa 600 complotti criminali per assassinare Fidel Castro. Cuba sostenne i movimenti rivoluzionari in Africa e in Latino-America, al che gli U.S.A. risposero con invasioni belliche criminali, l’appoggio a dittature di estrema destra e l’allenamento e finanziamento di squadroni della morte, con il compagno rivoluzionario di Fidel, Che Guevara, come vittima più nota degli stessi.

 

  1. I diritti umani e la detenzione negli U.S.A. e a Cuba

Da una prospettiva dei diritti umani, una Cuba comunista a partito unico può essere legittimamente criticata per il governo mono-partitico, per la soppressione del dissenso e la detenzione dei dissidenti. Comunque, queste azioni del regime di Castro devono necessariamente essere viste nel contesto dell’embargo, della violenta ostilità, del terrorismo di stato e non di stato e dell’infinita sovversione verso Cuba da parte di un invasore seriale ed eccezionalista, il criminale di guerra seriale nonchè “stato canaglia”, gli U.S.A., che si considerano al di sopra della legge internazionale e in effetti dominano e sovvertono l’intero pianeta (2, 6 e 7). In termini di tassi di detenzione misurati come “numero di prigionieri per ogni 100.000 abitanti”, gli U.S.A. sono un leader mondiale, con 693 in paragone ai 510 di Cuba, ai 45 dell’Islanda e ai 265 del pro-apartheid Israele appoggiato dagli U.S.A. (37.300, se si includono tutti i Palestinesi Occupati e 15.900 se si considerano solo i due milioni di Palestinesi imprigionati nel Campo di Concentramento di Gaza). Gli U.S.A. hanno il 4% della popolazione mondiale ma hanno il 25% dei circa 10 milioni di prigionieri a livello mondiale. Milioni di Americani sono esclusi dalla partecipazione alla farsa elettorale a due partiti tipica del sistema U.S.A. da leggi fraudolente. Il libero discorso è vitale per il progresso sociale, ma una nuova Cuba, democratica e socialista, dovrebbe comunque proteggere la democrazia promuovendo un punto di vista rigorosamente scientifico o, quantomeno, fondato sull’expertise degli studiosi e (mantenendo) i meccanismi per bloccare la sovversione delle multinazionali del Grande Capitale, che ha trasformato le Democrazie Occidentali in Lobbycrazie e Corporatocrazie, e a titolo di esempio, ha trasformato il britannico parlamentare Partito Laburista nel neo-liberista Blair-ita New Labour.

 

  1. La vera democrazia di Cuba vs la plutocrazia degli U.S.A.

Come ampiamente dimostrato dalla recente Corsa Presidenziale, gli U.S.A. sono dominati da quel ricco Uno per Cento che è variamente descritto come il Sistema, lo Stato Profondo o l’Oligarchia. Il Sistema degli U.S.A. e i suoi servili media main-stream hanno esageratamente sostenuto la criminale seriale di guerra nonché neo-liberista Hillary Clinton nelle recenti elezioni presidenziali. L’oppositore della Clinton, il miliardario neo-liberista Donald Trump, si è ritratto come oppositore del Sistema e difensore degli “Americani comuni”. Comunque, il meno che 50% di “Americani comuni” che hanno votato per Trump si renderanno presto conto che hanno votato per un ingente taglio alle tasse dei ricchi di circa un trilione per anno, per un ipotetico “miglioramento economico, pompato da un aumento senza senso della spesa militare, per la mano libera alle ambienticide compagnie di combustibile fossile, per l’inerzia terricida verso il cambiamento climatico, per l’insicurezza riguardo le assicurazioni sulla salute adombrate dall’abolizione dell’Obamacare e, naturalmente, per il razzismo, la bigotteria, la misoginia e la regressione dei diritti conquistati a fatica dalle donne e dalle  minoranze. Il Sistema ha vinto con Trump proprio come avrebbe vinto con Clinton. Gli “Americani comuni” avrebbero vissuto immensamente meglio con le politiche socialiste pro-ambiente, a favore dell’educazione universitaria gratuita e della salute pubblica garantita di un Bernie Sanders (eliminato con l’aiuto del Sistema del Partito Democratico) o con il programma socialista del Dr Jill Stein (Partito Verde Americano), ignorato dai media main-stream, che ha guadagnato un misero 1 % dei voti.

La Cuba comunista è governata dal Partito Comunista a beneficio di tutti i Cubani, mentre gli U.S.A. sono governati da e per il Sistema dell’Uno per Cento. Negli U.S.A. la Democrazia è diventata una Plutocrazia, una Cleptocrazia, un’Omicidiocrazia, una Lobbycrazia, una Corporatocrazia e una Dollarocrazia, nella quale il Grande Capitale compra la gente, i politici, i partiti politici, la percezione pubblica della realtà, il potere politico e da ciò deriva sempre più profitto per i plutocrati. “Fabbricare il consenso” da parte dei media main-stream posseduti dall’Uno per Cento fa sì che quelli che non sono esclusi dal voto e che davvero si preoccupano di andare a votare, quase tutti votino per i candidati repubblicani o democratici.

In effetti, bisogna riflettere su cosa si intende per “democrazia”. Nel suo senso più profondo, “democrazia” o “governo del popolo” sicuramente significa realizzare i più profondi desideri del popolo, vale a dire una vita lunga, sana e significativa, la sopravvivenza per la propria prole, obiettivi che sono ottenuti con la pace, il buon governo, l’eguaglianza, una buona sanita’, 100% di alfabetizzazione e una buona istruzione. In questo senso, il socialismo altruistico sotto la guida di Fidel Castro ha assicurato una “vera democrazia” al popolo cubano, realizzando questi desideri fondamentali della gente comune.

  1. L’imperialismo U.S.A. produce infanticidi di massa, mentre la Cuba socialista, pur impoverita dagli U.S.A., ha raggiunto in maniera mirabile gli stessi tassi di mortalità infantile dei ricchi U.S.A.

È interessante considerare la “mortalità infantile sotto i cinque anni” in unità di “infanti al di sotto dei cinque anni su 1.000 nascite” (2015) e per “PIL pro-capite” in dollari U.S. ($; U.N., 2015): a) in riferimento a Cuba e agli Stati Uniti; b) ai paesi caraibici invasi dagli U.S.A. a memoria vivente (Repubblica Dominicana, Haiti, Grenada e Panama); c) ai paesi caraibici soggetti a violenti conflitti civili sobillati dagli U.S.A. a memoria vivente (Colombia, El Salvador, Guatemala, Honduras e Nicaragua) e d) agli altri paesi invasi dagli U.S.A. a memoria vivente.

  1. a) Cuba (7 morti sotto i 5 anni per 1.000 nascite; 7.274 dollari di PIL pro-capite; invasa dagli U.S.A. senza successo nel 1961); U.S.A. (7; 54,406 dollari di PIL pro-capite). Resistendo con successo all’invasione e all’embargo degli U.S.A. e con i mezzi del buon governo, di un’istruzione e di una sanità di qualità, la Cuba impoverita dagli U.S.A. ha raggiunto gli stessi bassi tassi di mortalità infantile dei ricchi U.S.A.;

b)paesi caraibici invasi dagli U.S.A. a memoria vivente – Repubblica Dominicana (28; 6.147 dollari; invasa dagli U.S.A. nel 1965), Grenada (13, 8.313 dollari, invasa dagli U.S.A. nel 1983), Haiti (77, 813 dollari, invasa dagli U.S.A. nel 20014), Panama (20, 12.712 dollari, invasa dagli U.S.A. nel 1989);

  1. c) paesi caraibici soggetti a violenti conflitti civili sobillati dagli U.S.A. a memoria vivente – Colombia (25, 7.904 dollari; guerra civile supportata dagli Stati Uniti, 1964-2016), El Salvador (20, 4.120 dollari; guerra civile supportata dagli Stati Uniti, 1972-1992), Guatemala (32, 3.673 dollari; guerra civile supportata dagli Stati Uniti, 1954-1999), Honduras (40, 2.449 dollari; guerra civile supportata dagli Stati Uniti, dominio militare supportato dagli Stati Uniti, anni ’20-’80; “democrazia” sovvertita dagli U.S.A. che ha sovvertito violentemente i propri vicini a favore degli U.S.A., 1989-2009; 2009, colpo di stato supportato dagli U.S.A.) e Nicaragua (24, 1.963 dollari; guerra civile supportata dagli Stati Uniti, 1979-1992);
  2. d) altri paesi a vario titolo invasi dalle forze U.S.A. dal 1950 – Afghanistan (93, 668 dollari; colpo di stato supportato dagli U.S.A. nel 1978, con conseguente guerra tra gli jihadisti supportati dagli U.S.A. contro gli invasori russi e i loro alleati, 1979-1989; occupazione U.S.A., 2001-presente), Cambogia (30, 1.095 dollari; guerra U.S.A., 1965-1975, che ha precipitato il Genocidio cambogiano, 1976-1979), Iran (16, 6.391 dollari; colpo di stato supportato dagli U.S.A. e installazione dello Scià pro-U.S.A., 1953-1979; raid militare fallito, 1979; guerra Iran-Iraq supportata dagli U.S.A., 1980-1988; letali sanzioni U.S.A. poi U.N. contro l’Iran sprovvisto di armi atomiche per conto di Israele praticante l’Apartheid e dotato di 400 testate nucleari, 1979-2016), Iraq (36, 6.391 dollari; guerra Iran-Iraq supportata dagli U.S.A., 1980-1988; guerra del Golfo guidata dagli U.S.A., 1990-1991; sanzioni U.N. promosse dagli U.S.A., 1990-2003; invasione da parte dell’Alleanza U.S.A., 2003-2011; Alleanza U.S.A. coinvolta nella guerra civile irachena, 2014-presente), Laos (54, 1.756 dollari; sovversione U.S.A. e guerra, 1958-1975, con bombardamenti a tappeto, 1964-1975), Libia (27, 6.602 dollari; distruzione della Libia, precedentemente uno dei paesi più prosperi dell’Africa da parte della Francia-Regno Unito-Stati Uniti (FUKUS), 2011-presente), Nord Corea (26, 696 dollari; guerra coreana promossa dall’Alleanza U.S.A., 1950-1953, con il 28% della popolazione uccisa; continue minacce e sanzioni), Pakistan (83, 1.358 dollari; bombardamenti U.S.A., 2001-presente, inclusi attacchi com droni, 2004-presente; invasione U.S.A., si presume per uccidere Osama Bin Laden, 2011), Filippine (29, 2.971 dollari; forze speciali U.S.A. in guerra a Mindanao, 2012-presente, nonostante l’opposizione dell’attuale governo delle Filippine), Siria (19, 1.418 dollari; vari tipi di suporto dell’Alleanza U.S.A. ai ribelli siriani, inclusi l’ISIS, 2011-presente), Vietnam (23, 2.015 dollari; Guerra U.S.A. nel Vietnam, 1955-1975), Yemen (70, 1.821 dollari; U.S.A. coinvolti con l’Alleanza a guida saudita nella guerra in Yemen, 2010-presente). Da notare che lo stato d’Israele pro-Apartheid (4, 38.261 dollari) appoggiato dagli U.S.A. domina violentemente sulla Palestina Occupata (23, 2.811 dollari).

Dovrebbe essere sottolineato: (i) che gli U.S.A. hanno basi in 75 paesi; (ii) che gli U.S.A. sovvertono attivamente tutti i paesi; (iii) che gli U.S.A. sono stati coinvolti in numerose guerre civili in Africa, in Latino-America e in Asia; (iv) che la struttura spionistica congiunta U.S.A.-Australia Pine Gap nel centro dell’Australia indirizza attentati coi droni in Libia, Somalia, Yemen, Siria, Iraq, Afghanistan e Pakistan; (v) che 40 milioni di Asiatici sono morti di violenza o deprivazioni imposte nelle guerre asiatiche post-anni ’50; (vi) che circa 32 milioni di Musulmani sono morti di violenza (5 milioni) o deprivazioni imposte (27 milioni) in 20 paesi invasi dall’Alleanza U.S.A. nella Guerra U.S.A. ai Musulmani (chiamata Guerra degli U.S.A. al Terrore) dall’11.09.2001, cioè dall’epoca degli orrori del falso attentato  del Governo U.S.A.

 

  1. Zero morti annuali evitabili a Cuba, in Cina e nei paesi occidentali

Per un paese in un certo período, la mortalità evitabile (morti evitabili, eccesso di mortalità, morti in eccesso, morti che non sarebbero dovute accadere) consiste nella differenza tra le morti reali in un paese e le morti attese in un paese pacifico e governato decentemente e con la stessa demografia. Il Dipartimento della Popolazione dell’O.N.U. fornisce dettagliati dati demografici per quasi tutti i paesi del mondo dal 1950, cioè dati sulla popolazione, i tassi di mortalità e di nascita, i crolli demografici e il tasso di mortalità infantile sotto i 5 anni. Per i paesi sviluppati ad alto tasso di natalità e con buoni risultati in termini di bassa mortalità infantile evitabile, il tasso di mortalità è di 4 morti per 1.000 su base annuale e, conseguentemente,  per i detti paesi  il “tasso di mortalità evitabile” (calcolato in morti annuali su 1.000 abitanti) = al tasso di morte attuale – 4. Usando i dati del Dipartimento della Popolazione dell’O.N.U., è stato possibile calcolare per il periodo 1950-2005 le “morti evitabili” (morti evitabili, eccesso di mortalità, morti in eccesso, morti che non sarebbero dovute accadere) per ogni paese del mondo. Il totale di mortalità evitabile per il periodo 1950-2005 [e i dati della mortalità infantile sotto i 5 anni nello stesso periodo calcolati indipendentemente nelle parentesi quadre] sono 1.303 milioni [878 milioni] (in tutto il mondo); 1.248 milioni [878 milioni] (il mondo non-Europeo); 55 milioni [25 milioni] (il mondo Europeo); e 0,6 miliardi [0,4 miliardi] (il mondo Musulmano) – un Olocausto da Mortalità Globale Evitabile, un Olocausto del Terzo Mondo e del Mondo Musulmano che è cento volte più grande che l’Olocausto Ebraico della Seconda Guerra Mondiale (5-6 milioni di morti, 1 su 6 morto per deprivazioni) o l’Olocausto bengalese “dimenticato” (Seconda Guerra Mondiale), la Siccità artificiale del 1943-45 nella quale i Britannici con la complicità degli Australiani hanno fatto morire di fame deliberatamente 6-7 milioni di Indiani in Bengala e nelle contigue province dell’Assam, dell’Orissa e del Bihar. Su questa base di stima, le “morti annuali evitabili” in percentuale rispetto alla popolazione sono approssimativamente dello 0% nella Cuba socialista, nella pluralista Cina, nel Giappone e nei paesi occidentali, ma sono dello 0.4% nel Sud-est asiatico, dello 0,6% per i Nativi Australiani e dell’1.0% per l’Africa non-araba. 

 

  1. Il governo altruistico stile cubano e una tassa annuale sulla ricchezza potrebbero abolire l’Olocausto da Mortalità Evitabile Globale

La Cuba di Castro fornisce un eccellente esempio di governo altruistico, razionale e umano e di come l’umanità può fermare l’Olocaustoda Mortalità Evitabile Globale nel quale 17 milioni di persone muoiono evitabilmente ogni anno per deprivazioni nel Terzo Mondo (eccetto in Cina). Così, l’Olocaustoda Mortalità Evitabile Global sta avendo luogo sulla navetta spaziale Terra con il ponte di comando in mano al 10% più ricco, che detengono circa il 90% della ricchezza del Mondo e che, a loro volta, sono controllati da quell’Uno per Cento, che possiede circa il 50% della ricchezza del pianeta. Una tassa annuale globale sulla ricchezza del 5% fornirebbe circa 20 trilioni di dollari all’anno, innalzando il reddito pro-capite di tutti i paesi all’equivalente dei circa 7.000 dollari per persona all’anno della Cina e di Cuba, paesi relativamente poveri per i quali il tasso di mortalità annuale evitabile è zero (0), grazie a un governo competente e altruistico. Si tratta di un’alternativa praticabile per fermare l’Olocausto da Mortalità Evitabile Globale. In effetti, una tassa annuale progressiva sulla ricchezza è stata proposta per ragioni di democrazia e di sostenibilità economica dall’economista francese Prof. Thomas Piketty nel suo importante libro “Il Capitale nel XXI Secolo”. La Francia ha una tassa annuale sulla ricchezza dell’1,5% circa e per 1.400 l’Islam ha avuto una tassa annuale sulla ricchezza (zakat) del 2,5%, considerata uno dei 5 Pilastri della Saggezza.

 

  1. L’eredità dell’eco-socialismo di Fidel Castro

Fidel Castro ha lasciato un’eredità finale di eco-socialismo a un mondo fortemente minacciato dal riscaldamento globale artificiale, da un’emergenza climatica che si va aggravando e da un genocidio climatico in via di peggioramento. La Cuba di Fidel Castro ha dimostrato che il governo altruistico e competente in una società socialista può fornire una vita decente a tutti con una buona sanità, 100% di alfabetizzazione, un’aspettativa di vita di livello europeo e un tasso di mortalità infantile molto basso in un paese con un P.I.L. pro-capite di soli circa 7.000 dollari, ovvero circa otto volte meno di quello degli U.S.A. Comunque, le economie devono essere non solo equitative ed efficienti in termini energetici ma anche sostenibili in riferimento alla nostra Biosfera fortemente minacciata. La sostenibilità ambientale è la grande sfida esistenziale all’Umanità di oggi, e deve essere affrontata con uneco-socialismo ambientalmente solido. Fidel Castro, a proposito della stessa sopravvivenza della società umana minacciata dal riscaldamento globale imposto dal Primo Mondo (ha detto a Copenhagen nel 2009): “I giovani sono più interessati di ogni altro al futuro. Fino a poco tempo fa, la discussione verteva intorno a che tipo di società vorremmo avere. Oggi, la discussione è intorno a se la società umana sopravviverà. Queste non sono frasi sensazionali. Dobbiamo essere preparati ai fatti reali. La speranza è l’ultima cosa che gli esseri umani possono abbandonare. Con argomenti veritieri, gli uomini e le donne di tutte le età, specialmente i giovani, hanno combattuto una battaglia esemplare al Summit e hanno insegnato al mondo una grande lezione.”

 

  1. L’alto tasso di alfabetizzazione, anche femminile, e l’importanza del raccontare la verità nella Cuba socialista

Una considerevole conquista della rivoluzione cubana del 1959 è stata l’aumento rapido dell’alfabetizzazione. La Campagna Cubana per l’Alfabetizzazione ha raggiunto il suo apice nel 1961 e, in seguito, ha avuto un grande impatto globale. L’alfabetizzazione è adesso al 99,7% (cioè, quasi al 100%) nella Cuba socialista, in confronto al 60,7% di Haiti, invasa dagli U.S.A. e occupata dalle potenze occidentali. Un’alta alfabetizzazione femminile è fondamentale per una buona salute di base, anche infantile, e questo si riflette nella bassa mortalità infantile tipica dell’Occidente, nella mortalità infantile evitabile pari a zero e nella lunga attesa di vita nella relativamente povera Cuba. Un’alta alfabetizzazione è fondamentale per la gestione del rischio razionale e fondata sulla scienza, che a sua volta è cruciale per la sicurezza sociale e che prevede, in ordine, (a) un’accurata informazione, (b) un’analisi basata su criteri scientifici e (c) cambiamenti sistemici per minimizzare il rischio basati su criteri scientifici. Una tale gestione del rischio a livello societale e anche globale è fondamentale per un’azione efficace contro il cambiamento climatico in un mondo in cui un innalzamento catastrofico di più di gradi centigradi di temperatura è ormai inevitabile.

Circa il 14% degli Americani sono funzionalmente analfabeti nella misura in cui sono incapaci di realizzare un’elementare lettura o scrittura in prosa nel quotidiano e si suppone che una percentuale molto maggiore di Americani, forse circa il 50%, non riescano a leggere e scrivere in prosa correttamente (a titolo di esempio, il 46% degli Australiani sono funzionalmente analfabeti in questo senso e il 53% sono funzionalmente incapaci di calcolare). Questa analfabetismo funzionale ha conseguenze terribili, per esempio un recente sondaggio ha mostrato che il 42% degli Americani crede che Dio ha creato l’essere umano proprio nella sua forma attuale in un’unica volta e negli ultimi 10.000 anni o cose così, che un ulteriore 31% crede che l’uomo sia evoluto ma con Dio come guida del processo e che solo il 19% crede nell’evoluzione umana senza un ruolo di Dio nel processo. Si suppone che siano stati questi “comuni Americani”, impoveriti e funzionalmente oltre che scientificamente analfabeti a votare in massa per il miliardario neo-liberista Donald Trump, che è contro la scienza e nega il cambiamento climatico. Circa 1,7 milioni di “Americani comuni” muoiono ogni anno in maniera evitabile per tutti i tipi di cause, dal fumo al suicidio, ma diversi governi U.S.A. si sono votati alla perversione fiscale di accrescere sul lungo termine di 6 trilioni il costo della Guerra al Terrore, stanziando trilioni di dollari per uccidere milioni di Musulmani all’estero, piuttosto che di mantenere milioni di Americani vivi a casa. Nel suo film “Sicko”, Michael Moore ha drammatizzato quest’indifferenza depravata del Sistema U.S.A. per le vite e le morti dei “comuni Americani”, portando alcuni eroi del primo soccorso del 09.11 gravemente malati a Cuba per un trattamento medico gratuito cui non avevano diritto a casa.

 

Commento conclusivo

Fidel Castro (1926-2016) non solo ha liberato Cuba da un dittatore corrotto appoggiato dagli U.S.A. ma ha anche liberato il popolo cubano dalla povertà, dalla corruzione, dall’analfabetismo, dalla mancanza di sanita’, dalla mortalità infantile evitabile e dalla mortalità precoce in generale. La Cuba di Fidel Castro ha fornito un ottimo modello per lo sviluppo del Terzo Mondo. Infatti, l’esempio cubano di un buon governo altruistico mostra come l’Umanità può finirla con l’Olocausto da Mortalità Globale Evitabile nel quale 17 milioni di persone muoiono di stenti inutilmente ogni anno. Sotto la straordinaria pressione dell’implacabile terrorismo di stato U.S.A., Cuba è stata uno stato a un solo partito, sebbene il libero discorso sia fondamentale per l’istruzione, la scienza e il progresso sociale. Un eco-socialismo democratico deve avere libero dissenso ma ha bisogno di una robusta narrazione del vero basata su criteri scientifici e di forti meccanismi per bloccare il pervertimento della democrazia da parte delle multinazionali. L’alta efficienza economica tipica di Cuba (eccellenti risultati per un paese con un reddito pro-capite così basso), insieme alla sostenibilità ed equità ambientale imposte per legge, puntano a un’alternativa in termini di eco-socialismo all’avidità neo-liberista delle multinazionali, che sta minacciando esistenzialmente l’Umanità e la Biosfera.

[Trad. dall’inglese per ALBAinformazione di Marco Nieli]

Da Sarajevo ad Ankara

di Atilio A. Boron

Il crescente protagonismo della Russia è motivo di enorme preoccupazione per le mal chiamate “democrazie” occidentali, in realtà un congiunto di sordide ed immorali plutocrazie disposte a sacrificare i propri popoli sull’altare del mercato. Preoccupazione perché dopo la disintegrazione dell’Unione Sovietica, la Russia è stata data per morta da molti distaccati analisti ed esperti degli Stati Uniti e dell’Europa. Immersi nella loro ignoranza ed accecati dal pregiudizio hanno dimenticato che la Russia è stata sin dagli inizi del secolo XVIII con Pietro il Grande e soprattutto durante il regno di Caterina la Grande, intorno alla metà di questo stesso secolo, una delle principali potenze europee il cui intervento era solito far inclinare la bilancia da una parte o dall’altra, nei permanenti conflitti tra i suoi vicini occidentali, specialmente il Regno Unito, la Francia e l’Impero austro-ungarico.

Dimenticarsi della storia inevitabilmente finisce per produrre grossi errori di analisi come quelli che affliggono gli strateghi occidentali. La rivoluzione russa e la sconfitta dello zarismo provocarono un eclisse transitorio del protagonismo russo che molti pensarono fosse definitivo. Certamente la vittoria alleata nella seconda guerra mondiale ed il ruolo cruciale ricoperto dall’Unione Sovietica dopo la sua formidabile ripresa economica nel dopo-guerra, fecero in modo che Mosca tornasse ad occupare il suo tradizionale ruolo arbitrale nel consesso internazionale.

Durante quasi mezzo secolo il sistema internazionale è stato segnato dal marchio del bipolarismo con l’Occidente e il (di nuovo) mal chiamato “mondo libero” da un lato, e la Unione Sovietica e i suoi alleati dall’altro. Con la fulminante implosione della Urss avvenne che molti credettero che adesso sì la Russia sarebbe sparita per sempre e che quello che sarebbe venuto era un nuovo secolo americano segnato per l’incontestabile unipolarismo degli Stati Uniti guidato dal suo tradizionale avversario sovietico e con la Cina ancora lontana dall’essere ciò che sarebbe diventata pochi anni più tardi. La risposta della storia è stata demolitrice.

Così come assicura Eduardo Febbro nella sua nota del domenica passata in Pagina/12: “Non c’è terreno sopra il quale il re Putin non abbia vinto i suoi avversari: ha schiacciato la rivolta in Cecenia, ha vinto in Siria ha annesso la Crimea, ha impedito militarmente che gli indipendentisti ucraini passassero sotto l’influenza europea, ha imposto il suo ordine in Georgia ed in Ossezia, e, soprattutto, è riuscito a destabilizzare dall’interno le stesse democrazie europee con una azzeccata politica di finanziamento dei partiti e movimenti di diverso ordine ideologico. Diciassette anni dopo essere arrivato in testa al potere questo timido ex tenente colonnello dei servizi segreti, il KGB, è la figura maggiore del XXI secolo.

L’alleanza della Russia con la Cina, ed il succesivo aggiungersi dell’Iran e dell’India più l’astuto avvicinamento con la Turchia, rappresenta il peggiore scenario possibile per la declinante egemonia globale degli Stati Uniti secondo Zbigniew Brzinski, il principale stratega di Washington. L’assassinio di Andrej Karlov ad Ankara ha due propositi inoccultabili: il primo è mettere in difficoltà la Turchia sede della impressionante base aerea nordamericana di Incirlik – che conta con la permanenza di circa 5000 uomini della Forza Aerea degli Stati Uniti – affinché non sia attratta verso Mosca privando la Nato di una localizzazione chiave per chiudere dal Mediterraneo orientale l’accerchiamento della Russia che comincia nel nord con i paesi baltici. Il secondo è far sapere alla Russia che l’Occidente non resterà con le braccia incrociate mentre Putin si rafforza e acquista prestigio ponendo fine al caos che gli Stati Uniti e i suoi alleati hanno prodotto in Siria e che non hanno potuto o non hanno voluto risolvere.

L’assassinio di Karlov può ben essere stato una provocazione come l’assassinio dell’arciduca Francesco d’Austria a Sarajevo nel 1914 potrebbe precipitare una guerra se la parte colpita, la Russia, reagisse in maniera impulsiva. Ma se qualcosa ha dimostrato un personaggio tanto controverso come Putin, è che può essere accusato di qualsiasi cosa meno di essere un irruente. Piuttosto si tratta di un attore molto cerebrale e riflessivo, un uomo che gioca con impressionante freddezza nel caldo scacchiere della politica mondiale.

Il crimine perpetrato ad Ankara è stato un chiaro messaggio mafioso diretto a Mosca, per questo lo jihadista che ha compiuto l’assassinio è stato ultimato, chiudendogli la bocca per sempre. i servizi occidentali sono esperti nel reclutare ipotetici “radicali” per perpetrare crimini che sostengono la continuità dell’impero.

[Trad. dal castigliano per ALBAinformazione di Alessio Decoro]

Tres derivaciones del chavismo

por Néstor Francia

Análisis de Entorno Situacional Político

Martes 20 de diciembre de 2016

El chavismo ha generado al menos tres derivaciones políticas. Una está conformada por lo que hemos llamado, para molestia de algunos, “disidentes del chavismo”, que en realidad han dejado de ser chavistas. Promueven junto a la derecha el referendo revocatorio, se oponen a todas las medidas del Gobierno, señalan la corrupción como un mal generalizado en Venezuela y, en fin, sus representantes se hacen cómplices del imperialismo y la oligarquía, sépanlo o no. Otra derivación es el chavismo complaciente. Se trata de compatriotas que asumen una conducta acrítica (y en algunos casos francamente aduladora), aprueban a pie juntillas todo lo que hace el Gobierno, se conforman con cantar loas a Maduro y son incapaces de cualquier análisis que contribuya a mejorar la performance de la Revolución Bolivariana. Son lo que se conoce en el mundo anglosajón como “Yes men”, que a todo dicen que sí. Unos cuantos de estos acríticos solo buscan privilegios, cargos, fama o cualquiera de estas banalidades que se confunden con el éxito en la vida. La tercera derivación que referimos es el verdadero chavismo crítico, en la medida en que es leal a la dirección revolucionaria, apoya firmemente al presidente Maduro y actúa a plenitud en la lucha contra los enemigos de la Patria, y por todas estas razones considera necesario señalar errores cuando cree que están presentes, pues concibe la crítica no como un derecho sino como un deber, y además como una herramienta invalorable para avanzar.

Quisiéramos que hoy y siempre se nos incluya en esta última derivación, ya que hemos sido parte de ella, no ahora, sino desde el inicio de la Revolución Bolivariana.

Muchas veces hicimos críticas al mismo Comandante Chávez y a su gobierno, pues se cometieron errores y solo un fanático puede considerar que no fue así. Por supuesto, el peso de los aciertos fue tal, que los errores pueden considerarse escasos, pero a veces nada pequeños, pues al menos en el caso de Chávez, nada era pequeño. Grandes sus aciertos, grandes sus errores, por lo que significaron y lo que produjeron. Cuando se quiera discutimos y argumentamos estos asertos.

Esta perorata viene a cuento pues un lector nos criticó porque en nuestro Análisis de ayer habríamos roto filas al hablar de flancos débiles y repliegue, al dar nuestra opinión sobre la situación generada en torno al retiro de circulación del billete de cien bolívares. Otro nos preguntó que por qué no habíamos comentado la marcha chavista de 17 de diciembre. Bien, solo dos cosas antes de continuar: si no hubiesen existido flancos débiles, no hubiéramos tenido que ordenar el repliegue táctico (que no era parte del plan), y si lo que se hizo no fue un repliegue ¿entonces qué fue? En cuanto a la marcha, estuvo muy bien, pero en realidad solo ratificó que el PSUV es una gran estructura política, coherente, con una dirección trabajadora y activa, con un extraordinario poder de convocatoria, y además la existencia en Venezuela de una poderosa vanguardia social consciente y decidida, aunque sin duda minoritaria en este momento. Nada de esto es para nosotros noticia extraordinaria, de hecho la gran demostración fue  ediáticamente opacada por lo que sí fueron noticias inocultables: las serias dificultades creadas a la población por la mala planificación de las operaciones de canje en el Banco Central, la escasez de efectivo en plena época navideña, el colapso de los puntos de venta, la no aparición de las denominaciones del nuevo cono monetarios y los episodios de violencia en algunas localidades del país. Era todo esto lo que corría de boca en boca y no la gran marcha chavista. Esta es la pura verdad, a qué engañarse.

En este momento han surgido situaciones y ruidos a partir de la gran operación de guerra, justa y necesaria, ordenada y comandada con firmeza por el presidente obrero Nicolás Maduro. Fue una acción relámpago que al final reportará importantes beneficios al país. Por lo vasta profundidad de la operación, no tiene nada de raro que se haya incurrido en fallas, no es nada del otro mundo. Todo será superado, no se caerá el cielo, seguiremos adelante. Pero hemos sufrido algunas bajas, lo cual es igualmente normal en toda batalla. Bajas, ciertamente, en el terreno político. Acostumbramos apelar a argumentos y datos duros, así que en el Análisis de mañana escribiremos con mayor detenimiento y concreción sobre esas bajas. Entretanto, tranquilos que el equipo gana, al menos por ahora. Si queremos que siga siendo así, tendremos que autoevaluarnos siempre, revisar, rectificar cuanto sea necesario. Nunca es tarde cuando la dicha llega. Lo decimos porque aquel acierto de Chávez de instruir las 3R nunca ha terminado de concretarse y en este momento es acaso más necesario hacerlo que cuando éramos felices y no lo sabíamos, en aquellos añorados tiempos cuando nos apoyaba la mayoría y navegábamos viento en popa.

L’imperialismo al contrattacco di fronte alla sua sconfitta in Siria

L'immagine può contenere: 1 persona, scarpe, barba, salotto e spazio al chiusodi Manuel Freytas

Non possono digerire la loro sconfitta ad Aleppo e del terrorismo made in USA in Siria.

Non possono digerire il patto politico tra Putin ed Erdogan, che ha tirato fuori la Turchia dal dispositivo terrorista della NATO sotto la direzione del Pentagono.

Non possono digerire una Russia che vince in Medio Oriente.

Non possono digerire la sconfitta degli USA, Israele, UE e Arabia Saudita con le monarchie del Golfo, nel progetto di dividere, atomizzare e controllare la Siria. Per poi attaccare l’Iran.

Hanno fallito, sono stati sconfitti militarmente. E non possono digerire la fine dello Stato Islamico. Una macchina terrorista ed assassina che ha sostituito i marines nella invasione della Siria, e nella nuova occupazione dell’Irak.

Hanno perso la guerra regionale, hanno perso la Turchia in quanto alleato strategico, hanno perso l’egemonia militare in Medio Oriente. Ed adesso si attivano per la distruzione dell’alleanza tra Russia e Turchia.

Questo era l’obiettivo strategico dell’assassinio filmato dell’Ambasciatore della Russia in Turchia. Ed è la prima volta che l’intelligence USA utilizza un fondamentalista suicida infiltrato e manipolato (vestito con giacca e cravatta) per uccidere e diffondere un messaggio in un set televisivo montato in una Galleria d’Arte.

Gli yankee, la CIA, il Mossad israeliano, e l’intelligence britannica vanno al contrattacco. Questa è la preparazione del nuovo scenario terrorista durante la presidenza Trump. L’assassinio mediatico dell’ambasciatore russo in Turchia, è stato solo l’inizio del nuovo processo della guerra tra le potenze capitaliste in Medio Oriente. Solo l’inizio di quello che ci aspetta nel 2017.

Accomodatevi pure sulla poltrona. Qui troverete tutte le spiegazioni sullo spettacolo, ed è gratis.

[Trad. dal castigliano per ALBAinformazione di Danilo Della Valle]

¿Qué hacer después del NO? Apuntes de la asamblea del poder popular

por Ex-OPG “Je So’ Pazzo” 

El pasado sabado algo realmente importante pasó en Nápoles. Luego de casi una semana del NO al referéndum constitucional, alrededor de 250 personas- estudiantes, trabajadores, militantes y ciudadanos, profesores como Giuseppe Aragno, escritoras como Francesca Fornario, obreros como Mimmo Mignano (despedito ilegalmente de la industria FCA y luego reintegrado con sentencia del tribunal de Nápoles, NdT)- han llenado los espacios del EXOPG de Materdei para entrevistarse, encontrarse y reflexionar juntos sobre el futuro y, por fin, organizarse para no ser solo televidentes de la crisis.

La emoción, el entusiasmo, fortalecido por las llamadas con Nicoletta Dosio desde la Val Susa y con otros compañeros de Mantua, Bergamo, Livorno, entre otras, las tres horas de debate transmitido en directo y visto por cinco mil usuarios de toda Italia, demuestran como la asamblea fue verdaderamente sensibles a a los temas discutidos> las ganas de hacer algo luego de esta victoria popular, de quedar en contacto , de elevar el nivel de la propuesta, de pasar de este NO a otros NO para llegar juntos a nuestro Sí.

Estamos convencidos de que esta sensibilidad atraviesa el país a lo largo y ancho y, por ese motivo, en la próximas páginas, trataremos de sintetizar unos contenidos procedentes de la asamblea para lanzar unas ideas sobre la construcción de un real poder popular, empezando por las luchas y las periferias.

Risultati immagini per ex opg je so pazzoUN VOTO DE LAS CLASES POPULARES

Todas las intervenciones de las asamblea subrayaron que, a través de los datos estadisticos, la experiencia directa de quienes hicieron campaña del Norte hasta el Sur del país, las clases populares se destacaron por votar NO: hablamos de trabajadores precarios, parados, barrios populares, periferias.

A diferencia de lo que sostuvo Renzi, quien votó por el NO no tiene miedo al cambio sino, al contrario, expresa un deseo de cambio real de las políticas de austeridad, empobrecimiento, de reducción de los derechos. En breve, los que han sufrido la crisis en estos últimos años dieron una señal al gobierno y a las clases dominantes: estámos hartos de ustedes y sus decretos, nos encontramos mal y sabemos que podríamos estar mejor si vuestras políticas se acabaran.Ahora, queremos decidir, ser importantes.

PASÓ ALGO HISTÓRICO

Lo que pasó representa algo contundente que no se puede comparar a las consultas precedentes. Nunca las clases populares se habían expresado de manera tan clara, a pesar de la blindadura mediática, el terrorismo de las clases dominantes, la influencia de los banqueros, padrones, EE.UU. y UE, intelectuales y destacados artistas.

La tasa de participación y la diferencia con la que ganó el NO, no dejan dudas: las clases populares deciden y piensan con su cabeza. La crisis de 2008 está llevando consigo todas sus consecuencias: las clientelas, los chantajes, las redes partidistas que amarraron por mucho tiempo la vida de las masas no aguantan más.

Este punto tiene que volverse en un elemento de conciencia; si estámos realmente viviendo un momento histórico y relavente, no podemos seguir actuando como antes, poniéndonos al frente del desafío, mejorándonos, responsabilizándonos, es decir ser capaces de reaccionar frente a nuestros hijos y nietos.

MUCHAS IDEAS INCORRECTAS HAN SIDO DESMENTIDAS

Algunas intervenciones pusieron de manifiesto que este referéndum tuvo el merito de confutar muchas ideas erróneas difundidas en estos años. Hemos escuchado que las masas son tontas y apáticas, que son indiferentes a las instituciones, que no tienen ganas de participar, que paulatinamente un numero menor de personas hubiera votado, que no teníamos que interesarnos al referéndum porque solo se era un asunto interno del PD, que no habría producido algún efecto y que, de toda manera, habríamos fracasado.

Lamentablemente, para justificar su propia incapacidad de actuación sobre la realidad se buscan aún más muchos pretextos en lugar de practicar un poco de autocrítica.

Por eso, hay que ir a la escuela de las masas, porque la revolución no es una idea que un puñado de voluntarios tendría que concretar contra todo y todos, sino un profundo, molecular, incesante cambio que acontece en el interior de la sociedad, rupturas que maduran y se desarrollan a pesar de nosotros, con respecto a las cuales nosotros tenemos que estar a la orden, tratando de darles orientación con los medios que poseemos para evitar que sean recuperadas por quienes quieren seguir oprimiéndonos.

Risultati immagini per ex opg je so pazzo¿CÓMO SE MUEVEN LAS CLASES DOMINANTES?

El golpe que dió el voto del 4D fue tan fuerte que provocó, efectivamente, una reacción desproporcionada por parte de todas las agrupaciones y sujetos políticos. De hecho, hay quienes quieren ententar capitalizar en forma electoral el NO, por ejemplo el Movimiento 5 Estrellas, que empujan hacia las elecciones generales y manifiestan seguridad sobre el resultado ( mientras que los resultados no son obvios en el momento de develar los naipes) y quienes, como Renzi, querrían agrupar de inmediato el 40% del Sí para impedir que el tiempo desgaste aún más el PD y que los equilibrios en el partido se mueven en su favor.

Está Salvini ( secretario de la Liga Norte, NdT) que da codazos por un poco de protagonismo, tratando de cerrar a su ventaja el partido político en el bando de centro-derecha y están quienes, en el subsuelo institucional, apuntan a postergar las elecciones porque espera que el tiempo haga tibiar la rabia popular y que se pueda volver a tejer clientelas, relaciones y promisas.

Nosotros sabemos que todo eso no es más que un teatrico y, pues, hay que mirar a los poderosos de nuestra sociedad. ¿Cómo están moviendose el mundo padronal y corporativo, los bancos, la finanza? Es interesante remarcar que ellos también no tienen una estrategia global para enfrentar esta situación de crisis económica y política.

Apostaron su proprio capital financiero y político sobre Renzi y esperaban su éxitoo, como mucho, un ligero fracaso que le habría permitido quedarse en pie y no demitir.

Ahora, su plan ha fracasado y no hay personalidades capaces de llevar a cabo la legisladura conformemente a sus deseos (ya habían pedido reducir el costo del trabajo, aumentar la productividad, bajar las tutelas laborales, etc.).

Así hemos llegado al gobierno Gentiloni, cuyo nombre es símbolo de compromiso entre diferentes fracciones del capital italiano que busca garantizar una cierta estabilidad (la suya, por mejor decir), calentadole el puesto a Renzi, del cual Gentiloni es uno de los más fieles seguidores; quizás, aprobando una ley electoral conforme a los apetitos del PD y garantizando los compromisos mínimos con los bancos y la UE, sin “quemar“ el ex primer ministro que podría ser útil en la próxima vuelta, sino para ganar, por lo menos para impulsar y dar energía a la campaña electoral y, así haciendo, determinar una situación de estancamiento con un empate entre los tres polos, algo que impediría al M5S de gobernar.

Ya es evidente que el gobierno Gentiloni va a ser un proyecto débil, incapaz de seguir la arremetida que Renzi había realizado con vigor contra las clases populares.

Se trata de un gobierno con una menor aprobación social, mediática y parlamentaria de lo presidido por Renzi, dirigido por una figura flaca, chantajeable por todas partes, que no tiene legitimidad algúna para adoptar medidas firmes contra nosotros. Esta es una buena noticia porque, si efectivamente no puedes hacerlo, quiere decir que hemos ganado tiempo y ralentizado el empeoramiento de nuestras condiciones de vida. Si al contrario el gobierno ententa hacerlo, encontrará una gran resistencia popular y, entonces, tendríamos la oportunidad de movilizar.

En breve, para producir una buena solución para ellos, las clases dominantes están favoreciendo aún más las masas con maniobras de palacio, sacando fuera nombres muy poco carismáticos, confirmando ministros y personajes fallidos a los ojos de los demás.

Por último, extraordinario para nosotros, es este dato: a demonstración que las luchas sirven, los ministerios de educación, del trabajo y de la administración pública del gobierno Renzi han sido presionados; Solo el ministerio de educación fracasó, porque destituir a Poletti quería decir desmentir el Jobs Act, algo que representa casi un suicidio en víspera de un referéndum abrogativo. Este baile es un implícito reconocimiento del hecho que las movilizaciones tarde o temprano nos dan la cuenta.

Y AHORA, ¿QUÉ HACER?

Volvámos a nuestros asuntos. Después de la alegría del 4D, muchos entre nosotros tuvimos miedo o, por lo menos, miles de dudas e incertidumbre; todo eso es comprensible, porque nos encontramos en una circunstancia nunca vista hasta ahora. De un lado porque no estámos acostrumbrados a ganar, del otro porque no tenemos una propuesta lista y creíble para presentarla a las masas, diferentemente de otros actores políticos. Todavía manifestamos cierta resignación, divididos, débiles para pensar influir realmente en el marco nacional. Pero, ¿las cosas están así de verdad? Vámos a ver.

Para tener una práctica eficaz, hay que encadrar las cosas en la situación en la que se vive, no la que se querría abstractamente. Pues, tenemos que reconocer objetivamente que las masas se han puesto delante de nosotros; por unos años no han cosechado o solo han aceptado parcialmente nuestras propuestas de movilización, principalmente porque no las reputaban creíbles pero, cuando han tenido la oportunidad de participar con cierta esperanza en determinar el curso de las cosas, lo han hecho.He aquí, cuando las masas prevalecen, nos quedan dos opciones: ponernos a la cola o andar frente a ellas, estando a sus ordenes, dándoles los instrumentos útiles para emanciparse.

Nosotros creemos que no podemos ponernos a la cola, porque eso significaría esperar que la victoria sea capitalizada por quien será vocero de las protestas de las masas, en primer lugar el Movimiento 5S, Salvini y de una parte del PD todavía capaz de cooptar algunos de los nuestros; al contrario, pensamos que hay quye construir desde ahora un espacio de movilización continua, capilar.

No hay que inventarse algo especial. ¿El pueblo dijo que su problema no era modificar la Constitución, sino aplicarla en sus partes hasta hoy nunca aplicadas como, por ejemplo, el derecho al trabajo? Pues bien, aquí está nuestro programa!

Hagámos un ejemplo concreto: en estos últimos días, se juegan los partidos del renovamiento del contrato colectivo nacional de los metalmecánicos, del empleo público, de la higiene del medioambiente. Se trata de contratos suscritos entre las dirigencias sindicales, empresas y gobierno que preven las pequeñas migas para los trabajadores a los que se pide votar por el SÍ sufriendo nuevos sacrificios. Precisamente, el NO está convirtiéndose en el NO a esta tipología de contratos indignos para muchos trabajadores. Por otra parte, han sido firmados por delegaciones descreditadas y por un gobierno que ya no está en su cargo. Ahora, hay que aprovechar de ello para reabrir el partido, empujar hacia adelante para que los obreros y los empleados voten NO a la propuesta y vayan de nuevo a tratar con un gobierno más débil para arrancar mejores condiciones laborales y aumentos salariales.

Este es un posible ejemplo de como retomar y extender nuestra campaña.

Además, nuestra Constitución puede ser aplicada en diferentes maneras: lo importante es volver a los territorios y periferias para relanzar las luchas a partir de este sentimiento de fuerza. Ahora, va a ser más difícil atacarnos si impedimos con vigor el cierre de un hospital o empujamos las administraciones a violar los “pactos de estabilidad” para garantizar los derechos constitucionales, porque fueron aquellos derechos que el pueblo defendió a capa y espada.

No cabe duda que, para lograr éxito en estas batallas, hay que sacarlas afuera del ámbito local: entonces, se trata de no permitir que las formas de coordinación que nos hemos dado se mueran, a partir de los comités del NO hasta las relaciones creadas a nivel nacional. El riesgo sería fracasar como en el caso del referéndum sobre el agua público: o sea, una victoria que se vuelve una derrota porque no somos capaces de sumarnos en un proyecto político de control de abajo en torno a la aplicación de la voluntad popular.

La organización, en suma, es una etapa fundamental. Es claro que no se trata de inventar unidades artificiales: al contrario, construir la unidad empezando por las prácticas, las que han impulsado y caracterizado la campaña refrendaria en los territorios y que han juntados gente de diferentes procedencias políticas, ahora tienen que ser puestas al servicio de las necesidades populares y devueltas en la forma más unitaria posibile.

Si hacemos temprano este ulterior pasaje, en lugar de aflojarnos, nos vámos a encontrar dentro de unos pocos meses en la condición de sumar fuerzas y hablar a muchos sujetos diferentes que, quizás, podrían tener la intención de construir juntos a nosotros un nuevo percurso de liberación.

De esta forma, llegaríamos a las próximas elecciones con aquel mínimo “umbral de fuerza” para imponer a la orden del día nuestros asuntos, para hacer de este un terreno conflictivo y quedarse con los brazos cruzados viendo un partido entre Renzi, Di Maio y Salvini.

¡CONSTRUIR EL PODER POPULAR!

Hasta ahora hemos hablado de lo que tenemos que hacer a corto plazo dentro de seis meses, para seguir agregando, para desgarrar a las clases dominantes tanto como sea posible, para caracterizar un posible debate electoral con nuestras necesidades (justamente, lo de que nadie habla: la justicia social). Pero no es sólo a corto plazo. De hecho, estar siempre pendientes de los plazos que nos exigen las clases dominantes es lo que en las últimas décadas ha impedido pensar en grande, para convertir de inmediato el tiempo sufrido en tiempo vivido, para construir algo serio y duradero.

Ahora, lo que el referéndum ha demostrado es que muchas personas sienten la necesidad de un sujeto político que de un lado represente la ruptúra y de otro sea incisivo, que haga propuestas, pragmático.

Pero este tema no se improvisa, no es una cuestión de buena voluntad o de hacer tropeles. Es un trabajo a medio plazo, lo que requiere un amplio alcance; un trabajo que, después de ocho años del comienzo de la crisis, ya no puede ser pospuesto. De hecho, la crisis continuará por un tiempo, pero en ausencia de alternativas no durará para siempre: logrará producir una estabilización relativa de las clases dominantes sobre un montón de escombros y barbarie. En este momento histórico, nos está tocando una gran oportunidad: por eso, hay que respaldar a un proyecto que recomponga las luchas y junte los territorios en un horizonte bien definido, en las cosas concretas que se pueden tocar, sobre un nuevo paradigma de relaciones, en un sistema de valores diferente. A pesar de que se pueda tardar un par de años: no hay atajos aquí.Por otra parte, los procesos políticos pueden sufrir una aceleración muy rápida pero tienen una historia, una preparación, que requiere un justa impaciencia. Solo para hacer unos ejemplos: el movimiento NO TAV, cuando subió a los titulares en 2005 por su habilidad política y sus enormes raíces, ya tenía quince años de lucha detrás. Cuba, Chiapas, Venezuela, nos hablan de procesos de agregación forjados, por lo menos por una década, a través de ensayos y errores, antes de ser capaz de producir una importante proeza. Para volver a los últimos tiempos, el partido español Podemos, aunque fuese expresión del movimiento de masas más grande que España haya conocido después de la Guerra Civil, se ha tomado tres años para poder construir un proyecto de un tamaño significativo (8% a las elecciones europeas) y los mismos años para llegar a determinar algunas de las políticas del gobierno. Parándonos a Italia en la actualidad, incluso un movimiento compatible como el Movimiento 5S tardó casi diez años, a pesar del poder de Grillo y Casaleggio, antes de imponerse a nivel electoral.

En pocas palabras, la historia nos enseña que el éxito político e incluso las consecuencias institucionales son el resultado de la acumulación de la presencia de consenso y poder en la sociedad.

En cambio, lo que estamos viendo en estos días justo después del 4 de diciembre es que una serie de desechos de la izquierda institucional, el PD o antiguos aliados del PD, chanchulleros sindicales e intelectuales arrepentidos han tratado de especular sobre el espacio que está abierto, recuperando un poco de la fraseología revolucionaria y presentarse milagrosamente como anti-sistema. Reinicia el frenesí habitual para construir carteles electorales porque, para estos sujetos las elecciones (y la reproducción de su clase política) son el único terreno que hayan conocido hasta ahora. Además de ser un paso un poco desagradable, también es un paso estúpido. Estos tipos no se han dado cuenta de que su esquema se derrumbó desde hace algún tiempo, que no puede vivir parasitariamente de la renta de la “izquierda”; las masas pueden ser ignorantes, pero perciben el olor, se interesan en ver los nombres, tienen memoria. Muchas de estas personas no tienen credibilidad en sus ojos.

Por otra parte, si usted no existe, si no ha manifestado su presencia alguna vez, si no resuelve los problemas y no les da nada, si aparece sólo cuando hay que pedir algo, la gente tiene razón para castigarlo.

Luego, hay un problema adicional a la derecha en la base. En las condiciones en que la crisis nos ha traído ni siquiera sirve poner -siempre que exista- gente buena a algún nivel institucional e incluso en el gobierno. La degradación de la vida democrática es tal que las funciones representativas son muy debilitadas frente a los intereses en el terreno y que incluso el politiquero más poderoso no puede intervenir en todos los niveles, no puede encontrar las soluciones “correctas” y, por fín, no pueden aplicarlas. Por eso, no se pueden cambiar las cosas de esta forma (entre otros, contra este obstáculo ya está rumpiéndose el Movimiento 5S que ni siquiera tiene ambiciones revolucionarias).

¡Cuidado! No estámos diciendo que el cambio institucional no es significativo o que tiene que ser dejado por completo al contrincante: justo antes, hemos dicho que incluso en estas circunstancias tenemos que encontrar maneras de hacer oír nuestra voz, como ocurrió en Nápoles en ocasión de las elecciones administrativas y del referéndum. Incluso pueden experimentarse los usos antagónicos de las instituciones y, sin embargo, es útil tener personajes que actúan como “presa” con respecto al subir intenso de la barbarie. Pero la centralidad de nuestra acción debe estar en otro lugar, debe ir a la raíz del problema.

Lo siento si nos ponemos brutales, pero es mejor ser claros. Si no se empieza de la presencia en los territorio, arraigándose en las masas, de los lugares donde se producen las ideas y el sentido común, no se puede hacer nada. Muchos lo predican, pero ¿quién lo hace realmente?

Además, si no se propagan las experiencias de mutualismo y solidaridad que desarrollan el sentido de comunidad y la conciencia de su propia clase, no se puede ir muy lejos. Si no logramos activar el pueblo en primer lugar, a través del control popular que le enseña a la gente a romper los intereses de las clases dominantes y de gobernar, si no se experimentan formas de participación activa en los asuntos públicos, si no somos eficientes en la gestión de nuestra “base”, si todavía estamos esperando que la solución venga de arriba, pues, no podemos cambiar nada de manera sustancial.

Parecen cosas triviales, pero convertirlas en realidad después de décadas de despolitización y delegación de cargos y oficios, no es fácil.

Queremos ser aún más explícitos: si no podemos iniciar una revolución cultural de nuestra parte, las pequeñas cosas y los territorios, si no somos capaces de ser diferentes, de vivir realmente y no simplemente predicar otro sistema de valores, si no somos capaces hacerlo atractivo para las masas, demostrando con hechos que una gestión socialista de los lugares y de los problemas, en realidad, es preferible a una de tipo capitalista, no conseguiremos desarrollar algún consentimiento significativo.

Para nosotros, aquí está el enfoque donde se realiza el juego real de un futuro próximo. No es algo utópico o moralista, es un material dado. Si somos como todo el mundo, sólo un poco menos, entonces nadie va a elegirnos. Si somos prisioneros de la vanidad individual, corruptos, si instrumentalizamos a las personas y creemos a nuestro poder – sólo un poco más amable de los demás-la gente siempre va a preferir tomar el original y no una copia.

Aquí, hay que partir de inmediato a educarnos y educar. Hay que empezar de inmediato, a través de los tres pilares del mutualismo, del control popular y de las batallas políticas nacionales (en el marco del trabajo, del desarrollo, de la educación y la salud, el internacionalismo), para estructurar las formas de organización que son más eficaces y poner fin a la fragmentación.

Algunos dirán: ¡hacer todo lo que se tarda hacer de décadas! No es cierto: siempre y cuando se pueda, por un lado, el ejemplo se está extendiendo. El entusiasmo es contagioso.

Con la mayor humildad, creemos que hemos encontrado, o más bien lo que habíamos aprendido de los demás y se han adaptado a nuestras necesidades, la clave para salir de esta situación; esta clave, para abrir las puertas oxidadas y pesadas, se debe girar con fuerza. Una fuerza que por sí sola no tenemos. Que nadie entre nosotros tiene solo. Por eso, necesitamos la ayuda de todos, porque cada uno es importante.

Una vez que se haya encontrado la llave y el poder, abrir la cerradura es cuestión de un instante.

[Traducido del italiano por Antonio Cipolletta – ALBAinformazione- ANROS ITALIA]

Kuczynski y las “lecciones de democracia” a Venezuela

por Yasmín Karín Díaz Gavilán – Periodista Peruana de Prensa Alternativa por la Paz Mundial

Quién es el presidente del Perú? Por qué gobernantes como él pretenden dar “lecciones de democracia” a Venezuela… a qué amo sirven?

Recordemos hace unos meses cuando la Canciller de la República Bolivariana de Venezuela, Delcy Rodríguez, quien asistió a la XXV Cumbre Iberoamericana, en representación del Presidente de la República Nicolás Maduro, dio una respuesta contundente ante las declaraciones impertinentes del presidente del Perú, Pedro Pablo Kuczynski, que en su intervención se refirió a Venezuela como “un tema candente” del que había que ocuparse en la Cumbre. Ya en anteriores declaraciones, incluso antes de asumir la presidencia, habló de “ hacer un esfuerzo latinoamericano para regresar a Venezuela a la democracia”.

En esta ocasión, la canciller venezolana le instó a que “atienda a su pueblo… hay mucha deuda social en Perú. Él debe quitarse su traje de empresario estadounidense, él siempre ha trabajado para las trasnacionales, para los intereses foráneos principalmente de los Estados Unidos”.

La campaña mundial mediática de desprestigio, que se cierne contra el gobierno venezolano, está atizada por una élite servil que obedece a esa consigna. Por qué? Basta con escudriñar sus vidas, y cuál es el denominador común.

Para tener un panorama claro, en este caso, acerca del proceder injerencista del actual presidente del Perú, como acérrimo defensor del modelo económico neoliberal, es necesario saber quién es el ciudadano Pedro Pablo Kuczynski Godard.

Como periodista peruana, me enfocaré sólo en tres hechos concretos y objetivos, para demostrar que el Sr. Kuczynski, es un vocero de quienes siempre han sido sus empleadores: el gobierno norteamericano y el poder transnacional; y que además no tiene la talla ética para dar lecciones de democracia y buen gobierno.

En primer lugar:  Nació en el Perú, pero casi toda su vida vivió en los Estados Unidos, como funcionario del FMI y el BM. Como dice bien la canciller Delcy Rodríguez, suscribo cada una de sus palabras: “ha trabajado para diversas transnacionales, para los intereses foráneos, principalmente de los Estados Unidos”. Por tanto, casi toda su vida ha tenido nacionalidad estadounidense; a la que ha renunciado en dos ocasiones: El 2011, cuando se presentó como candidato presidencial en Perú. Pero como no fue elegido, volvió a solicitar la nacionalidad norteamericana; la que le fue concedida, por supuesto. Hasta  que sus pretensiones presidenciales (2016), una vez más lo obligaron a renunciar a la nacionalidad estadounidense . Esta vez “valió la pena su sacrificio”, pues fue elegido presidente, y asumió el gobierno en Julio del presente año. La pregunta clave es: Al término de su mandato, volverá a solicitar la nacionalidad estadounidense y se la volverán a conceder? “Más claro no canta el gallo”, como reza un dicho popular. Y queda claro que con la investidura presidencial actual, continuará haciendo “méritos” ante sus amos, en la guerra mediática de desprestigio Mundial emprendida contra la República Bolivariana de Venezuela.

No es casual que en el año 1988, el actual Presidente del Perú, asistió a la invitación exclusiva del Club Bilderberg, del 3 al 5 de junio en Telfs Buchen, región de Tirol (Austria). Y en esa ocasión, como no nos ha de sorprender, figuraba en la lista de invitados como ciudadano estadounidense, representante del Banco First Boston International, donde tenía el más alto cargo directivo.

En este link, la palmaria evidencia:

https://unavoz.lamula.pe/2016/01/21/ppk-y-el-grupo-bilderberg/wilder/

En segundo lugar: Fue denunciado como agente de los Estados Unidos, en el gobierno del general Juan Velasco Alvarado (1968), por haber entregado a la IPC (International Petroleum Company, empresa de propiedad del magnate Nelson Rockefeller), un total de US$ 35 millones.

Otro antecedente comprobable, que nos demuestra claramente a quiénes sirve: En el segundo gobierno de Fernando Belaúnde Terry, fue autor de la Ley 23231 (Ley Kuczynsky), que impulsaba la explotación energética y petrolera; concediendo exoneraciones tributarias a las empresas petroleras extranjeras, entre las que figuran la Occidental Petroleum Company.Utilizó el cargo de gerente del Banco Central de Reserva del Perú para autorizar transferencias de dinero. Lo que fue denunciado (Las ediciones de los principales diarios de Lima desde octubre de 1968 así lo confirman).

En tercer lugar:  En el Perú existen leyes represivas que impulsan la impunidad y la criminalización de la protesta; un marco legal dictatorial que ningún país o gobierno que se jacte de ser democrático, permitiría.

Para citar sólo una de estas leyes:

La ley 30151: “Quedarán exento de responsabilidad penal el personal de la Policía Nacional y las Fuerzas Armadas que, en el cumplimiento de su deber y en uso de sus armas u otro medio de defensa, cause lesiones o muerte a una persona”.

Además, esta ley que viola con flagrante intencionalidad los derechos humanos, es una ley retroactiva. Es decir, se pueden acoger los militares o policías que están denunciados y procesados por estos crímenes de lesa humanidad, antes de promulgada la ley.

En estas condiciones deplorables en cuanto se refiere al respeto de los Derechos Humanos, transcurrido menos de 6 meses del gobierno del “abanderado de la democracia” PPK, con más de 200 conflictos sociales en el país, lo que ha originado justas protestas como la acontecida en octubre, reprimida como siempre, brutalmente,con armas de fuego, “a matar”, una vez más la fuerza militar amparada por las leyes de la impunidad, cobró la vida de un líder comunitario, Quintino Cereceda, quien recibió una bala en la cabeza…, como clara evidencia del ensañamiento con la que proceden las “fuerzas del orden” en la”democracia peruana”, que los medios por supuesto no denuncian ni señalan como dictadura, como sí lo hacen cínicamente contra Venezuela.

 

Estos conflictos sociales están causados por el abuso de las transnacionales y la extracción de recursos naturales sin la aprobación de la población, como es el caso de la minera Las Bambas que ha construido además una carretera que atraviesa 18 comunidades, originando contaminación, perturbación colectiva y un profundo malestar permanente

Sr. Presidente del Perú, Pedro Pablo Kuczynski, Ud. con estos precedentes y este funesto inicio de su gobierno (la vida de un hermano campesino tiene mucho valor, sabe?), puede dar lecciones de lo  que es democracia, y sentirse preocupado por los problemas internos de otro país como Venezuela; cuando en nuestro país, su país, existen problemáticas tan urgentes de solucionar, como el respeto a los derechos humanos, la alta tasa de desempleo, el elevado índice de desnutrición infantil, el analfabetismo y mucho más…?

La Canciller venezolana le dijo sus verdades. Ella sabe quiénes son y a quiénes sirven los”demócratas” del mundo, como Kuczynski, Macri, Peña Nieto, Uribe, Aznar, Rajoy…Y una larga lista de súbditos del imperio norteamericano y el poder financiero que maneja en las sombras los hilos de sus títeres asalariados…

Nuestra Patria Grande Libertaria RESISTE con dignidad, coraje y firmeza, al capitalismo y la manipulación masiva que orquestan, como estrategia terrorista en la contraofensiva preventiva fascista que aplican, con el objetivo de avasallar los avances independentistas en Latinoamérica. Los medios de comunicación y sus “líderes de opinión” de toda índole, en esta selva darwiniana, son su principal arma.

No pasarán, los pueblos que abrieron los ojos y están despiertos, no detendrán su “marcha de gigantes”, como lo afirmó El Che Guevara Nuestro.

Los proletarios del mundo unidos, jamás seremos vencidos!

 

(VIDEO) A Napoli le lavoratrici dell’Ex-URSS cantano per la pace

da MIA

Russia e russi al centro del palcoscenico mondiale attirano l’attenzione in questi giorni che fanno della questione siriana il lodo per la pace del mondo. Sono vive le immagini di chi al grido di “Allah è grande” uccide l’ambasciatore russo e scuote il mondo. Mentre un flash-mob a Napoli, invade pacificamente la stazione centrale, lanciando un messaggio di pace.

Tutti attorno ad un pianoforte cantano canzoni del vecchio blocco sovietico e dell’antica Napoli ricordando che si è stranieri solo se lo si vuol essere. Il flash-mob di Napoli, riuscitissimo, raggruppa un centinaio di immigrati dell’Est mondiale alle note di vecchie glorie canore e una mai intramontabile “bella ciao”… Mentre il mondo diviene sempre più “putin-centrica”.

Tra i cantanti, dai tratti somatici inconfondibili, si scorgono emigrati di ogni regione e ragione dell’Est europeo. Ucraini, russi, moldavi e naturalmente napoletani cantano tutti insieme per la pace e la memoria. Non sono mancati i momenti di tensione, quando le forze dell’ordine hanno cercato di bloccare l’evento… ma si sa che l’arte riesce ad addolcire gli animi… e quindi, quei pochi momenti di tensione spenti dal grande momento spontaneo di aggregazione, hanno lasciato il passo alla musica. Napoli è stata travolta dalle melodie sovietiche… e da grande città dell’arte, quale è, ha fatto dei suo colori lo scenario perfetto per una “protesta” unica”… e speriamo “ripetibile”.

La musica e l’arte sono l’espressione dei popoli che ne rivelano l’anima, questo recita Ernesto Basile ingegnere costruttore del teatro Massimo di Palermo. Che fu un grande amante dell’arte e della capitale partenopea. A Napoli la comunità “sovietica” ha dato prova di grande coraggio… speriamo che la politica mondiale ne faccia tesoro.
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Billete de nuestros tormentos

por Néstor Francia

Análisis de Entorno Situacional Político

Lunes 19 de diciembre de 2016

Fieles a nuestra intención de adelantar análisis que tomen en cuenta la mayor cantidad y variedad de datos que nos proporcione la observación de la realidad, no tuvimos ninguna prisa para abordar las medidas monetarias anunciadas por el presidente Maduro el día 11 de diciembre, que tuvieron como eje la salida de circulación del billete de cien bolívares. De hecho, en nuestro Análisis del 13 de diciembre asentamos que “Algunos lectores acaso se preguntarán sobre el análisis que se debe hacer de las medidas recientes anunciadas por el presidente Maduro para enfrentar las mafias que trafican con nuestra moneda. Nosotros creemos que este proceso está en pleno desarrollo y hay interrogantes que nos hacemos y que son imprescindibles para tal análisis”. Y en el Análisis del pasado viernes 16: “… presentaremos un análisis político el próximo lunes, ya que todavía falta para que el asunto se cierre. Por ejemplo ¿qué va a pasar desde hoy, cuando el billete de 100 ya no vale medio? ¿Va a funcionar eficazmente, aunque sea de manera parcial, el nuevo cono monetario? En fin, queremos tener ‘todos los pelos en la mano’ para hacer ese análisis, así que preferimos esperar”. En efecto, fue buena la espera, pues hoy podemos tener una visión mucho más amplia de todo el panorama.

Otra característica de nuestros Análisis es que no sucumben a la tentación de la autocomplacencia, ni a las mieles del optimismo ni a las hieles del pesimismo. No compartimos ningún fanatismo, esto no se compadece con nuestra consideración de la duda como una de las principales virtudes de la razón humana. También hemos dicho más de una vez que no tenemos verdades sino opiniones. Con estas premisas correremos el riesgo, como siempre, de ser analistas críticos, de expresarnos con franqueza y aspiración de realismo. Aquí vamos, pues.

Comencemos por establecer las principales aristas que vemos en todo lo ocurrido:

1) La anunciada el 11 de diciembre fue una operación de guerra, un ataque relámpago de la Revolución contra las mafias y los conspiradores que sabotean nuestro sistema monetario de manera global, en el marco de la guerra económica.

2) La primera fase de la operación, entre lunes y jueves, se adelantó con extraordinario éxito, con un pueblo disciplinado y paciente haciendo su papel, lo que puede decirse también, en general, del sistema bancario, y también de las instituciones públicas, incluidas la Fuerza Armada y los cuerpos de seguridad del Estado.

3) En esa primera fase, la Revolución obtuvo notorias victorias, golpeando con fuerza a las mafias, atacando positivamente el precio del dólar Miami-Cúcuta, paralizando a los enemigos y, en fin, adelantando la acción de guerra de manera admirable.

4) A partir del viernes, hubo cambios cualitativos importantes en la situación. Ese día comenzamos a mostrar vulnerabilidades y flancos débiles. Muchos chavistas de a pie empezaron a expresar sentimientos de frustración y preocupación, y a disentir del optimismo que asomaban algunos factores políticos y mediáticos del Gobierno. La calle dejó ya de favorecernos claramente.

5) El sábado, el Presidente Maduro ordenó un repliegue táctico, obligado por las circunstancias, y cedimos algo de espacio al enemigo, sobre todo en el frente político.

Esta batalla puntual se prolonga hasta el 2 de enero. Afortunadamente, nuestras posiciones conquistadas son sólidas y en lo inmediato, con este reacomodo tenemos una buena opción de superar los obstáculos que se han presentado en la operación, si solucionamos algunos problemas y subsanamos errores.

Entre lunes y jueves hubo inquietudes, incomodidades y molestias menores del pueblo, lo natural al verse sometido, contra su voluntad, a una situación inesperada y estresante.

Pero nada que pudiera poner en peligro la estabilidad del país. El viernes comenzó a subir la temperatura del descontento y los enemigos se prepararon para contraatacar. El primer detonante de este cambio cualitativo fue la ineficiencia del Banco Central de Venezuela en la operación de canje de los billetes de cien. La mala preparación del mecanismo generó interminables colas, lentitud exasperante, lo cual se combinó con otra debilidad: la desaparición del efectivo, al no poderse sustituir los billetes recolectados con el nuevo cono monetario. Mostramos, pues, dos flancos débiles en el campo de batalla, y por ahí se coló el enemigo para contraatacar.

Hagamos un paréntesis para aclarar: ¿qué es, en la guerra, un repliegue? Un repliegue implica el abandono de una posición ocupada y la retirada a otra más segura.

Se puede emprender como parte de una operación para consolidar fuerzas y para defender más fácilmente un territorio en disputa. Es exactamente lo que ha hecho el Gobierno revolucionario al prolongar el plazo para el depósito o canje de los billetes de cien y el cierre de fronteras, así como al postergar la entrada en plena vigencia del nuevo cono monetario.

El repliegue táctico ordenado por nuestro Gobierno tuvo como razón principal la vulnerabilidad mostrada en dos flancos de nuestras fuerzas, ambos relacionados con el Banco Central de Venezuela. Uno, la mala planificación del canje de billetes en esta entidad del Estado. Otro, la ineficiencia mostrada con relación a la introducción del nuevo cono monetario. Esto último es un tema que es bueno discutir. Nuestro Presidente ha dicho que hubo un boicot internacional para impedir la llegada de las nuevas denominaciones. Esto es absolutamente creíble, pero ese contraataque fue facilitado porque no fuimos capaces de asegurar ese flanco antes de lanzar el anuncio del retiro de los billetes de cien y el enemigo, ni corto ni perezoso, lanzó su ataque. El pueblo se pregunta, con razón, por qué no se aseguró la existencia de suficiente efectivo en los bancos, de nuevas o viejas denominaciones, antes de concluir la operación de retiro de esos billetes. Esa debilidad fue aprovechada por el enemigo para crear una difícil situación el fin de semana, con episodios realmente dramáticos para personas que vivieron momentos muy incómodos por la carencia de efectivo y el subsiguiente colapso de los puntos de venta. Hay sabotaje, ciertamente, canallescas acciones de guerra del enemigo, pero por eso mismo estamos obligados a afinar nuestras ejecutorias para poder responder efectivamente a las necesidades del pueblo venezolano.

Al salir a flote las debilidades de la operación, la derecha aprovechó, como era de esperarse, para generar inquietud y promover violencia. Hubo situaciones conflictivas comprometidas en varias localidades del país y por un momento se llegó a pensar que la situación se nos podía escapar de las manos.

El repliegue táctico no estuvo dentro de lo ideal ni formaba parte del plan y solo fue forzado por las circunstancias, pero era inevitable y fue asumido de manera correcta.

Ahora debemos enderezar las cargas y corregir las fallas. Hemos dado un golpe noble en la guerra económica, en general hay que felicitar a nuestro Gobierno, pues estamos en camino de coronar una importante victoria, manteniéndonos en lucha y superando las dificultades momentáneas de esta operación. Al final, esto nos permitirá obtener ventajas nada despreciables para arrancar con buen pie el año 2017. Pero no es bueno solo echar culpas al enemigo y no asumir las responsabilidades propias. Eso resta credibilidad. Una de las cosas que implantó el liderazgo de Chávez fue cuando en su célebre intervención del 4 de febrero, asumió a plenitud sus responsabilidades en un país donde nadie las asumía. Lo cortés no quita lo valiente.

 

Solidali con la Ministra Delcy Rodríguez!

di Emilio Lambiase – Presidente ANROS ITALIA

COMUNICATO DI SOLIDARIETÀ ALLA MINISTRA DELCY RODRÍGUEZ

ALBAinformazione – ANROS Italia, in quanto parte di gruppi, associazioni, reti e movimenti sociali di solidarietà internazionalista con i paesi dell’ALBA-TCP e del Sud del mondo, rifiuta fermamente e categoricamente la dura e vile aggressione fisica di cui è stata vittima la Ministra degli esteri della Repubblica Bolivariana del Venezuela Delcy Rodríguez mentre esercitava il suo diritto a partecipare all’XI Riunione Straordinaria del Mercosur (Mercato Comune del Sud) tenutosi presso la sede del Ministero degli esteri argentino a Buenos Aires lo scorso 14 dicembre 2016.

In sintesi, la ministra è stata colpita da un poliziotto del corpo antisommossa vicino all’ingresso del palazzo governativo per evitare che partecipasse all’incontro tra i suoi omologhi dei paesi membri del blocco regionale per ragioni essenzialmente politiche, mancando di rispetto alla degna Delcy ed al governo del Presidente Nicolás Maduro che hanno realizzato molti sforzi per aggregare nuove forze ed unire le nazioni ed i popoli del Cono Sud.

Infatti, i rappresentanti diplomatici di Argentina, Brasile, Paraguay ed Uruguay vogliono rimuovere il Venezuela dalla presidenza pro tempore dell’organismo con il pretesto che il governo non ha “interiorizzato” le norme del Mercosur, ovvero in conformità alle leggi ed ai meccanismi interni del blocco quando, al contrario, il Venezuela ha realizzato il 95% dei suoi compiti istituzionali in quattro anni a differenza di Argentina e Brasile che in venticinque hanno soltanto portato a compimento il 50% delle loro funzioni e compiti.

Questi governi che incolpano e rendono invisibile il paese bolivariano vogliono mettere fine alla posizione sovrana, libera ed indipendente dell’organismo, disubbidendo al diritto internazionale ed alla volontà piena e legittima del Venezuela di dirigire il Mercosur e spingere i meccanismi di inclusione, equità, solidarietà e giustizia sociale che oggi più che mai bisogna realizzare nel continente latinoamericano.

Inoltre, occorre precisare che i rappresentanti diplomatici dell’entità, ad eccezione di quello boliviano solidale con Delcy, hanno manifestato il loro chiaro interventismo, violenza politica e deriva a destra nelle relazioni multilaterali tra paesi, popoli, e nazioni sorelle che da sempre lottano per la Libertà con Giustizia sociale, Solidarietà, Dignità ed Amicizia tra i popoli per favorire un nuovo modello sociale, politico, culturale ed ideologico per questo mondo.

In conclusione, sosteniamo in maniera leale e forte la posizione e azione della Ministra, del governo bolivariano del Presidente Nicolás Maduro e di tutte le donne rivoluzionarie del Venezuela dinnanzi a questo genere di atti irrispettosi verso le istituzioni venezuelane e sollecitare le autorità argentine, a partire dal presidente neoliberista Mauricio Macri, a chiedere scusa ai suoi omologhi venezuelani, cercando di recupare le relazioni bilaterali con l’Argentina, il cui popolo degno e fraterno si è da sempre unito ai tentativi del popolo bolivariano di migliorare e trasformare il continente sudamericano da una nuova e più giusta prospettiva politica.

#VenezuelaSeRespeta
#LasMujeresDelMundoSeRespetan
#DelcyMujerValiente
#MercosurUnido

¡Solidarios con la Canciller bolivariana Delcy Rodríguez!

por Emilio Lambiase – Presidente ANROS Italia

COMUNICADO DE SOLIDARIDAD A LA CANCILLER DELCY RODRÍGUEZ

ALBAinformazione – ANROS Italia, como parte de los grupos, asociaciones, redes y movimientos sociales de solidaridad internacionalista con los países del ALBA y del Sur del mundo, repudia de manera firme y tajante la vil y dura agresión física de la que fue víctima la Canciller de la República bolivariana de Venezuela Delcy Rodríguez al ejercer su derecho de participar a la XI Reunión Estraordinaria del Mercosur (Mercado Común del Sur) instalada en la Cancillería argentina el pasado 14 de diciembre 2016.

En breve, la ministra fue golpeada por un polícia del cuerpo antimotínes cerca del acceso al palacio gubernamental para que no asistiera al encuentro entre los cancilleres de los países integrantes del bloque por razones sencillamente políticas, faltando de respeto a la digna Delcy y al gobierno del Presidente Nicolás Maduro que tantos esfuerzos han llevado a cabo para sumar fuerzas y unir las naciones y los pueblos del Cono Sur.

De hecho, los representantes diplomaticos de Argentina, Brasil, Paraguay y Uruguay pretenden sacar a Venezuela de la presidencia del organismo con la excusa de que su gobierno no haya “internalizado” las normas mercosurianas, es decir el apego a las leyes y mecanismos internos del bloque cuando, al contrario, Venezuela ha cumplido con el 95% de sus tareas en cuatro años diferentemente de Argentina y Brasil que en veinticinco años sólo han totalizado el 50%.

Estos gobiernos que culpabilizan e invisibilizan al país bolivariano pretenden acabar con la postura soberana, libre e independiente del organismo, poniéndose en desacato ante el derecho internacional y la voluntad plena y legítima de Venezuela de dirigir el Mercosur y impulsar los mecanismos de inclusión, equidad, solidaridad y justicia social que hoy más que nunca hay que realizar en el continente latinoamericano. Además, es preciso denunciar que los representantes de la entidad, excepto lo de Bolivia solidario con Delcy, expresaron su claro injerencismo, violencia política y derechización en las relaciones multilaterales entre países, pueblos y naciones hermanas que siempre han estado luchando por la Libertad con Justicia Social, la Solidaridad, la dignidad y la amistad entre los pueblos para favorecer un nuevo modelo social, político, cultural e ideológico para este mundo.

En conclusión, respaldamos de forma leal y contundente a la postura de la Canciller y del gobierno revolucionario y todas las mujeres revolucionarias de Venezuela, del Presidente Nicolás Maduro ante este genero de actos irrespetuosos hacia las instituciones venezolanas e instamos a las autoridades argentinas, a partir del presidente neoliberal Mauricio Macri, a pedir disculpas a sus pares venezolanos y tratar de recuperar las relaciones bilaterales con Argentina, cuyo digno y hermano pueblo siempre se ha sumado a los intentos del pueblo bolivariano de mejorar y transformar el continente suramericano desde una nueva y más justa perspectiva política.

#VenezuelaSeRespeta
#Las MujeresDelMundoSeRespetan
#DelcyMujerValiente
#MercosurUnido

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