di Romina Capone
Nella regione del Donbass, in Ucraina, si sta perpetrando una guerra invisibile agli occhi del mondo. Era il 2014 quando un Colpo di Stato, mosso dagli Stati Uniti d’America e da parte dell’Europa, portò al potere l’estrema destra. «L’Ucraina non è nata come la conosciamo oggi – spiega Svietlana Mazur del gruppo volontariato Nika – la parte Est è russofona, filo russa, la parte Ovest è polacca e rumena. Era il 2013 e l’allora presidente Viktor Janukovyč, eletto democraticamente nel 2010, analizzando il documento che avrebbe portato l’Ucraina all’interno del Mercato Europeo, si rifiutò di firmare perché insoddisfatto su alcuni punti presenti nel trattato. Di lì a poco la disinformazione portò la popolazione ad aizzarsi contro il presidente. Nel gennaio del 2014 nella capitale, all’insaputa del presidente Janukovyč, giunsero gruppi di cecchini paramilitari addestrati con l’obiettivo di generare il caos.
A febbraio dello stesso anno il Colpo di Stato. Immediatamente vennero apportati dei cambiamenti drastici: divieto della lingua russa (in un paese russofono al 40%); la messa al bando di tutti i Partiti Comunisti; la demolizione di tutti i monumenti storici raffiguranti i caduti in guerra contro il nazifascismo del 1945. Il Sud-Est reagisce: chiede l’indipendenza da Kiev. Ad Odessa l’insurrezione popolare prosegue; il nuovo governo invia paramilitari a placare con forza le manifestazioni. Gli attivisti arrestati con l’accusa di tradimento della patria. A maggio del 2014 scoppia la guerra. Il nuovo presidente dell’Ucraina è Petro Porošenko e la popolazione dal 2014 resiste contro la dittatura nazifascista».
Questa l’introduzione necessaria prima della proiezione del documentario “Start Up a War. Psicologia di un conflitto” di Sara Reginella avvenuta lo scorso 14 dicembre presso gli spazi recuperati di GAlleЯi@rt in Galleria Principe di Napoli. Sara Reginella è una psicologa che ha deciso di uscire dal suo studio per recarsi su un fronte bellico nella regione del Donbass. Attraverso la comprensione di quei meccanismi che si celano dietro allo scoppio di una guerra con immagini e documenti inediti è messo in luce un modello psicologico che applica ai conflitti geo-politici strumenti di lettura propri dei conflitti relazionali tra individui. Nella prima parte del documentario sono illustrate alcune tecniche mediatiche e di manipolazione di massa utilizzate durante la rivolta di Maidan, nella capitale ucraina di Kiev. Nella seconda parte si entra nel vivo della guerra del Donbass attraverso la descrizione psicologica di un conflitto bellico narrato come un conflitto tra individui. Sono integrate opinioni di professionisti della psicologia, combattenti di battaglioni, rifugiati e superstiti, passando dai drammatici eventi di Kiev alla vita dei miliziani al fronte, dalla testimonianza di chi è sopravvissuto al massacro del 2 maggio a Odessa alla speranza nei momenti di festa nelle auto-proclamate Repubbliche Popolari di Donetsk e Lugansk, in Donbass. Molteplici punti di vista accompagnano nella conoscenza di quei meccanismi che innescano e alimentano conflitti bellici, così simili a quei meccanismi che innescano e alimentano conflitti relazionali.
«La formazione necessaria che ho fatto per arrivare a creare questo documentario è stata molto faticosa – racconta la regista autrice Sara Reginella – mi autoproduco, lavoro di notte e nutro nel pubblico uno stimolo costante a continuare. Non avevo mai pensato di viaggiare per tutti questi chilometri ma il modo migliore di raccontare è quello di andare sul fronte e catturare i fatti tramite video, strumenti di narrazione reale e pura. Un lavoro di divulgazione capillare che nonostante l’era di Netflix e Youtube io preferisco ancora il confronto con le persone, per lo scambio di emozioni in un’atmosfera catartica, restando in una dimensione sociale reale.»
Macchina alla mano in uno stile immediato e veloce, l’idea del documentario nasce dall’esigenza di fornire un modello di riferimento che dia al pubblico la possibilità di approcciarsi in modo più consapevole e critico alle notizie dei media mainstream, unendo l’analisi geopolitica degli eventi con quella psicologico-relazionale. Generalizzabile ad altre guerre basate su sistemi di manipolazione e destabilizzazione fondati su processi d’ingerenza esterna, “Start Up a War” racchiude in sé un originale modello di lettura sintetizzato, di ritorno dal fronte, da Sara Reginella, psicologa, psicoterapeuta e regista del documentario.
Tra le testimonianze di quanto sta accadendo in Donbass quella di Clara Statello, giornalista di Sputnik Italia: «Sono stata in Donbass e non ho visto nessun terrorista. Ho visto un popolo che si rialza, impugna le armi e si reca sul fronte a combattere contro il nemico di sempre; il nazifascismo liberale. Perché uccidono i civili? Perché quella è una regione fortemente antifascista. È in corso una guerra psicologica (Psyop) come in America Latina; questa guerra vede una fase di pressione mediatica che in Ucraina vede la Russia come nazione che reprime i diritti civili. Stesso procedimento sta accadendo in America Latina; il Venezuela è vista agli occhi del mondo, grazie alla guerra mediatica, come una tiranna».
Il Fascismo è pronto all’uso – chiude Renzo Carlini professore di Istituzioni Politiche dell’Europa Orientale – quando lottiamo per l’indipendenza del Donbass lottiamo per noi stessi, per l’internazionalismo. Il nostro fronte è uno solo, non possiamo dividerci.
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“Start Up a War” Psicologia di un conflitto (trailer italiano)