di Luís Britto García
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In un racconto di Gabriel García Márquez compare una pensione che al posto dei bagni offre ai suoi clienti maschere, affinché facciano i loro bisogni in mezzo alla strada. Nasconde il volto chi si vergogna delle proprie azioni. Che cosa nasconde il terrorismo incappucciato in Venezuela?
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Una congiura dei mezzi di comunicazione nazionali e internazionali vorrebbe presentare i terroristi come studenti e pacifici. Le cifre dicono altro. All’inizio di maggio il procuratore Luisa Ortega Díaz rivela che dal 12 febbraio sono state fermate circa 800 persone, la maggior parte delle quali trattenute solo perché non proseguissero nelle violenze e liberate dopo poche ore, di cui 174 sono state sottoposte a custodia cautelare mentre procedevano le indagini. Di questi detenuti, appena 12 erano studenti, meno del 7%. Sempre all’inizio di maggio le autorità sgomberano vari accampamenti realizzati sulla pubblica via per mantenere focolai di disturbo permanenti, e arrestano 243 persone. Non più del 20% di quelle erano studenti. Il corpo di vigilanza della Università Centrale del Venezuela ferma nel campus cinque violenti armati. Solo uno era studente, ma di un’altra università. La rettrice fa licenziare i vigilanti per aver compiuto il loro dovere.
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Il Procuratore Generale della Repubblica, Luisa Ortega Díaz, rivela venerdì 9 maggio che 49 degli 190 esami tossicologici che sono stati fatti agli oppositori arrestati durante lo sgombero dei loro accampamenti sono risultati positivi per il consumo di droghe. Circa un quarto degli esaminati era sotto l’effetto di stupefacenti. Non sembra un comportamento esemplare per dei cittadini che si dedicano alla difesa dei loro diritti politici. Vogliono prendere il potere per imporre al resto della popolazione i loro modelli di condotta?
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Il ministro dell’Interno e della Giustizia dichiara che fra i detenuti figurano 58 stranieri. Di essi è stato dimostrato che 21 sono paramilitari colombiani, su altri pendono ordini di cattura dell’Interpol, altri sono terroristi ricercati nel Medio Oriente: alcuni erano in possesso di arsenali di armi e sostanze incendiarie, molti hanno prontuari di narcotraffico o terrorismo internazionale. è il metodo largamente collaudato in Nicaragua, libano, Libia, Siria, e tanti altri luoghi: inondare paesi pacifici di mercenari stranieri armati, per legittimare interventi distruttivi dall’esterno. Non ci sono venezuelani per fare opposizione politica? Se questi stranieri trionfano, eserciteranno le loro professioni pacifiche da una posizione di potere?
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Basandoci sull’analisi delle notizie dei mezzi di comunicazione e i rapporti della Rete di Appoggio per la Giustizia e la Pace, Provea, Amnesty International, Rete di collettivi del Ragno Femminista, del Centro per la Pace e i Diritti Umani della UCV, del giornale online Aporrea, del rapporto scritto dal giornalista Luigino Bracci il 15 aprile 2014 e dei compendi realizzati dal comunicatore Modesto Emilio Guerrero, siamo arrivati a un conteggio ancora provvisorio delle vittime fra il 12 febbraio e metà aprile.
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Dietro il cappuccio, mentono i media internazionali e nazionali, si nascondono persone pacifiche. La violenza che scatenano a partire dal 12 febbraio lascia un saldo di 42 morti. Questi si possono dividere nelle seguenti categorie: 1) vittime bolivariane, che comprendono: 9 militanti del PSUV e organizzazioni sociali affini, 10 membri dei corpi di sicurezza pubblica dello Stato (Guardia Nazionale Bolivariana, Polizia e Servizi Segreti) e 1 procuratore del Ministerio Público. 2) 15 cittadini la cui affiliazione politica non è nota, vittime di diversi episodi di violenza. 3) il resto delle vittime si potrebbero attribuire all’opposizione, delle quali solo 8 sono morte per azioni imputabili alle autorità, e 7 sono state vittime di incidenti o liti dovute ai loro blocchi stradali, o delle loro stesse azioni: uno è morto nell’azionare un mortaio improvvisato, un altro è rimasto folgorato nel risistemare un ostacolo per una barricata, un terzo è caduto dal tetto di casa sua. Non abbiamo incluso in questa lista orrendi omicidi commessi ai danni di bolivariani o di persone note con intenzioni presumibilmente terroristiche, ma in relazione ai quali non ci sono ancora prove definitive.
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È significativa la sproporzione. Delle 42 vittime 20, quasi la metà, appartengono al bolivarianismo, tra cui 11 funzionari che compivano il loro dovere; e altre 15 non hanno affiliazione politica conosciuta, ma muoiono a causa della violenza dell’opposizione. Nelle file dell’opposizione si conterebbero 15 vittime, circa la terza parte del totale, ma solo 8 dovute in forma diretta all’azione delle autorità, meno di un sesto dei caduti. Tutti oggi sarebbero vivi se l’opposizione non avesse scelto la strada del rovesciamento con la violenza del governo legittimamente eletto.
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Tutto ciò sconfessa l‘idea che la violenza omicida possa essere dovuta a studenti, disarmati e tanto meno pacifici. Una parte considerevole delle vittime tra i bolivariani è morta per colpi d’arma da fuoco alla testa, a volte messi a segno dalla lunga distanza. Una studentessa dell’opposizione è morta per un colpo alla nuca, ovviamente assestato dalle file della stessa manifestazione in cui marciava. Un’artigiana e una giovane incinta sono state uccise con colpi di arma lunga. Non sono tattiche da studenti, disarmati e per giunta pacifici. Non lo sono neanche l’incendio e la distruzione di circa un centinaio di unità di trasporto collettivo, di varie centrali elettriche, né l’incendio di università, biblioteche ed edifici pubblici, tra cui uno in cui erano presenti 89 bambini di un asilo. No, un primo sguardo sotto il cappuccio rivela una delinquenza terrorista, professionale, in buona parte estera e mercenaria.
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L’incidenza delle morti segue come un’ombra il dominio politico della destra. Emilio Guerrero segnala che il 52% delle vittime è caduto nella capitale, e che di quelle 12 vittime 9 sono morte nei municipi dell’Est, dove i sindaci di opposizione e le loro polizie proteggono i terroristi; che a Mérida ci sono stati 4 morti e a San Cristóbal 6. Ci sono altre 3 vittime ad Aragua, in quartieri controllati da Voluntad Popular e 2 a Maracaibo, il cui sindaco è dell’opposizione. È una bugia che si tratti di un’insurrezione nazionale: le sue vittime cadono in uno scarso numero di municipi capitolini benestanti con autorità e polizie di opposizione complici degli assassini, e negli stati vicini alla frontiera, dove sono stati arrestati paramilitari e sicari.
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Nessun proclama, nessun manifesto, nessun piano di governo è stato impiegato come scusa per questa ecatombe, eccetto la proposta che chi ha vinto le elezioni non debba governare. Occultiamo i nostri propositi quando sono più inconfessabili delle nostre azioni. Una massiccia campagna di distruzione e omicidi non si mantiene in piedi per più di tre mesi senza complicità né finanziamenti. Numerosi detenuti hanno confessato che ricevevano pagamenti di mille bolívares al giorno, e di tremila se partecipavano con motociclette. Solleviamo ancora un po’ il cappuccio del terrorismo? Dietro di questo si scorgono la CIA, la USAID e la NED, le mille e una ONG create per distribuire i loro fondi e quelli degli imprenditori per pagare mercenari, i partiti di opposizione che non hanno condannato il terrorismo, la Fondazione Internazionalismo per la Democrazia, di Álvaro Uribe Vélez, il Pacchetto Neoliberista che privatizzerà la Petróleos de Venezuela (PDVSA), e l’istruzione, la salute e lo stato sociale e riporterà i livelli di povertà al 70% del secolo scorso. Ti conosco, mascherina, non provare a imbrogliarmi.
[Trad. dal castigliano per ALBAinformazione di Pier Paolo Palermo]