Contro il golpismo non si può rimandare il confronto

di Pedro Carrano

5sett2021, da Brasil de fato

Il 7 settembre scorso, in occasione delle celebrazioni dell’Indipendenza del Brasile, il Presidente Jair Bolsonaro ha convocato i suoi sostenitori sul piazzale del Planalto, a Brasilia, minacciando di attuare un colpo di stato contro il Tribunale Supremo, che lo sta investigando per gravi omissioni nella gestione della pandemia da sars-covid-19, le quali sono già costate alla popolazione brasiliana circa 580.000 decessi. Bolsonaro istiga i suoi sostenitori, molti dei quali “comprati” con miserevoli elemosine di stato o anche, direttamente, con bonus-presenza di 100 reais (circa 30 euro), ad armarsi e a resistere al grande complotto pluto-massonico-maoista, alimentato anche dal giornalismo “catastrofista” e da governatori locali poco inclini alle sue tirate no-vax e negazioniste. Vedendosi in caduta libera e sempre più impopolare e prevedendo un’inevitabile disfatta elettorale nel 2022 ad opera di Ignacio Lula da Silva, tenta la disperata carta della contro-offensiva, volta a una mobilitazione reazionaria delle masse disperate, come unica via di uscita dall’impasse attuale.

In contemporanea, nelle principali città brasiliane, le masse popolari sfilavano per le strade rispondendo alle parole d’ordine dell’empeachement e della condanna del Presidente per genocidio e corruzione. Nuove massicce manifestazioni sono annunciate per domenica prossima: la sfida oggi è costruire una solida piattaforma di resistenza (secondo la strategia della linea di massa) tra l’ala moderata, “social-democratica” e quella dei vari partiti e movimenti rivoluzionari presenti a sinistra, traendo preziosi insegnamenti dal precedente storico della resistenza armata (e non) alla dittatura militare del ’64-’82. 

Una delle lezioni in Brasile e in America Latina è che i colpi di stato non si combattono dopo che si sono consolidati.

È un grave errore considerare che le battaglie decisive della politica brasiliana si svolgeranno solo nelle elezioni del 2022, come se fosse possibile congelare l’attuale lotta di classe e i progressi che il governo Bolsonaro ha realizzato verso un golpe.

La maggior parte degli analisti sottolinea che il 7 settembre non è il “D-Day”, ma probabilmente rappresenta una radicalizzazione, nel discorso e nella pratica, del Bolsonarismo e della sua base neofascista. Tuttavia, i combattimenti e la resistenza dovrebbero svolgersi in questo giorno e continuare per tutto il 2021.

In questo senso, è corretto il mantenimento degli “Atti e del Grido degli Esclusi”, attività che ha la capacità di riunire settori delle comunità di base progressiste della Chiesa, sollevando le principali rivendicazioni e agende popolari.

Una delle principali lezioni della sinistra in Brasile e in America Latina è che i colpi di stato non si combattono solo dopo che si sono consolidati.

In effetti, questo consolidamento limita notevolmente la capacità di resistenza.

Il libro “Lotta nelle tenebre”, dello storico marxista Jacob Gorender, pur operando valutazioni esagerate dei leader del PCB, sia relativamente alla figura di Luís Carlos Prestes che a quella di Carlos Marighella, contiene comunque una nota essenziale: l’impianto principale di resistenza contro il colpo di stato economico e militare del 1964 avrebbe dovuto essere organizzato prima del colpo di stato.

Per quanto concerne le organizzazioni politico-militari, a cui Gorender partecipò come leader del PCBR, una frangia dissidente del PCB, lo storico ritiene che il risultato della resistenza armata dopo il 1968 sia stato un atto di eroismo. Questo perché la chiusura del regime rendeva già difficili le condizioni della resistenza e allontanava ulteriormente l’avanguardia dal livello di disposizione delle masse alla lotta. Il punto, allora, è che la sinistra avrebbe dovuto puntare su di un paziente lavoro di massa.

Analizzando un po’ la situazione attuale nella nostra America Latina, il recente esempio del colpo di stato in Bolivia contiene due lezioni essenziali per riflettere sulla nostra posizione di fronte alle minacce di Bolsonaro in Brasile:

  1. Il colpo di stato contro il governo di Evo Morales/Garcia Linera è stato guidato dal governo degli Stati Uniti, da settori religiosi reazionari, dalla polizia locale, da governi neoliberisti come quello di Macri in Argentina, da mercenari trasferiti dal precedente tentativo di destabilizzazione in Venezuela, un insieme di fattori che ha portato JeanineAñez al governo nel novembre 2019. Quest’azione, a breve termine, ha incontrato un’immediata e massiccia resistenza da parte del movimento popolare boliviano (che ha componenti particolari rispetto al movimento popolare di altri paesi), il che ha permesso una rapida erosione del governo golpista.
  2. I golpisti non avevano la maggioranza nella società, tanto che Evo Morales sarebbe ritornato vincitore nelle elezioni. Tuttavia, avevano un nucleo capace di eseguire il golpe, reprimere settori popolari e garantire momentaneamente il governo di transizione golpista.

La lezione per l’esperienza brasiliana è che, anche se Bolsonaro non ha di fatto una maggioranza nella società brasiliana, ha un nucleo dinamico, un livello di sostegno, che si è mantenuto dal 2020 ad oggi, intorno al 25 per cento, e che coinvolge proprio i settori evangelici, la polizia militare, oltre a fazioni criminali capaci di garantire il terrore di un golpe. Bolsonaro è stremato, ma comunque pericoloso.

Va mantenuta la sequenza di azioni della campagna di Fora Bolsonaro, nonostante gli atti abbiano raggiunto un limite per quanto riguarda la convocazione dei lavoratori, che si trovano in una fase difensiva, stretti trala disoccupazione, la precarietà e l’erosione del potere d’acquisto dei salari.

Dal 2020, con l’inizio della pandemia, è un dato di fatto che la sinistra brasiliana non ha approfittato delle linee guida concrete emerse dalla lotta dei lavoratori per espandere l’influenza e indirizzare il Fora Bolsonaro. La mancanza di sostegno ai dipendenti pubblici in sciopero, agli impiegati delle poste e contro i licenziamenti nei vari settori sono sintomi tangibili di questo ritardo.

La prospettiva di uno sciopero generale non è a breve termine, ma anche la sua mancanza di costruzione rende tutto più difficile.

La politica di solidarietà, invece, va ampliata e pensata con la creazione di cooperative di lavoro, che rafforzino la fiducia tra avanguardia, lavoratori e residenti delle aree occupate. Una tale politica permetterebbe di ampliare la comprensione dell’agenda di Fora Bolsonaro e la partecipazione delle comunità periferiche alle manifestazioni.

Bolsonaro è riuscito a superare il 2020, mantenendo una posizione dentro segmenti delle istituzioni combattivi, molti dei quali logori agli occhi della popolazione – come nel caso della Magistratura, del Congresso e di alcuni governatori della cosiddetta destra tradizionale. Il governo ha mantenuto un livello di sostegno del 30%, raggiungendo il 40% in agosto, grazie agli aiuti di emergenza. È un dato di fatto che, nel 2021, si è logorato e ha perso sostegno a causa della corruzione, del numero di morti per negligenza nella pandemia e del peggioramento delle condizioni di vita.

A ogni modo, il suo metodo per mantenere il potere fino al 2022 sarà questo, avanzare e ritirarsi. L’essenziale è che la sinistra non cada affatto nell’incantesimo della sirena sulla “stabilità delle istituzioni” in un contesto brasiliano e mondiale come quello attuale.

L’organizzazione e la resistenza popolare devono essere la regola per il mantenimento della democrazia e dei diritti sociali. Ciò che è essenziale in questo momento è la denuncia del golpe e l’appello all’organizzazione popolare deve essere un mantra permanente, soprattutto nei principali canali e tra i principali leader della sinistra. Relativizzare questo momento storico è molto pericoloso.

[Trad. dal portoghese per ALBAinformazione di Marco Nieli]

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