Venezuela e la sua Costituente: poco o molto?

di Atilio Boron – cubaperiodistas.cu

Raramente si sono svolte elezioni in un contesto contrassegnato dalla violenza come queste di domenica scorsa in Venezuela. Ci sono poche esperienze simili: in Libano, Siria e Iraq. Forse nei Balcani durante la dissoluzione dell’ex Jugoslavia.

Dubito che in qualche paese europeo o negli stessi Stati Uniti, elezioni si siano celebrate in un contesto simile a quello venezuelano. Per questo, che più di otto milioni di persone, abbiano sfidato la destra terroristica con i suoi sicari, i suoi incendiari, i suoi sciacalli e franchi tiratori, si sono uniti per esprimere il loro voto, dimostra il radicamento del chavismo nelle classi popolari e il ripudio della violenza. E quando il CNE [Consiglio Nazionale elettorale? N.d.T] afferma che hanno votato otto milioni ottantanove mila trecentoventi persone e così doppiamente certificato dalle schede elettorali e dal controllo delle impronte digitali di ognuno dei votanti. Questo materiale è lì, soggetto alla verifica da parte dell’opposizione o degli osservatori indipendenti, contrariamente a quanto è accaduto lo scorso 16 luglio con la farsa elettorale della MUD (“Tavola di Unità Democratica”) che in una esilarante innovazione nell’arte e nella scienza politica, ha permesso ai votanti, con o senza documenti di esercitare il diritto di voto quante volte lo volessero per poi bruciare tutti i registri una volta finto il fulmineo scrutinio dei sette milioni e mezzo di voti, che mentendo, sostengono di aver ricevuto.

Nonostante questi antecedenti il risultato delle elezioni per l’Assemblea Nazionale Costituente è stato etichettato come fraudolento sia dalla destra internazionale di governo o meno, come da alcune sette deliranti della sinistra eternamente funzionali all’imperialismo.

Alcuni illustri governi, interni ed esterni alla regione: Messico, Argentina, Cile, Perù, USA, Panama, Colombia, Paraguay, Brasile, Canada, Spagna e Costarica si sono affrettatati a dichiarare, il giorno seguente le elezioni, che non avrebbero riconosciuto l’Assemblea Nazionale Costituente nata dal voto dei cittadini venezuelani; qualcosa che senza dubbio fa perdere il sonno al Governo Bolivariano e a milioni di venezuelani afflitti da una tanto degradante notizia…

Si capisce che quei governi non possono farlo perché hanno abbastanza preoccupazioni in casa per poter perdere un minuto a riconoscere la lezione di democrazia che il buon popolo venezuelano ha offerto domenica.

Il Messico è imbarazzato per l’ottavo giornalista assassinato dall’inizio dell’anno, senza trovare l’ombra di un responsabile, imbarazzato per altre minuzie come le cinquantasette vittime uccise al giorno durante il 2016.

Il governo argentino per la probabile sconfitta nel principale distretto elettorale del Paese ha un’economia che stenta a spiccare il volo.

Il Cile, per la profonda delegittimazione del suo sistema politico e le proteste sociali che ogni giorno coinvolgono le principali città del paese.

La Colombia: concentrata su i sette milioni e mezzo di sfollati dal para-militarismo e dal narcotraffico.

Il Paraguay: per la penetrazione del narcotraffico a tutti i livelli della pubblica amministrazione.

Il Brasile: per la feccia che ha sommerso l’insieme della sua dirigenza, per non parlare del caos che vivono gli
Stati Uniti d’America con un capo di stato velleitario e inaffidabile come pochi.

E una povera Spagna, sommersa anch’essa dalla corruzione dei suoi riccastri, la putrefazione della monarchia e l’irrimediabile discredito della sua classe politica.

Governi straordinari i quali ignorano certamente che, l’ex presidente degli Usa J. Carter, non esattamente un chavista, affermò che il sistema elettorale venezuelano era più affidabile e trasparente di quello statunitense.

Tuttavia, i critici della Rvoluzione Bolivariana non si fermano, e incoraggiati dall’appoggio di tali onorevoli governi, puntando l’indice, segnalano che il livello di partecipazione alle elezioni dell’ANC (Assemblea Nazionale Costituente) cioè il 42% degli aventi diritto al voto è stato molto basso e non può avallare la pretesa del governo di legittimare l’insediamento dell’ANC nei prossimi giorni.

La stampa canaglia, la cui unica missione è quella di mentire e manipolare senza scrupoli la coscienza pubblica, non dice niente sulle condizioni in cui i venezuelani sono andati a votare. Peggio ancora nella sua totale decomposizione morale, il quotidiano “El Pais” nave ammiraglia del terrorismo mediatico, dimentica che il 21 febbraio 2005 intitolò “Sì pieno per la costituzione europea” con una partecipazione del 42% degli spagnoli. Risultato raggiunto in un clima di completa tranquillità senza guarimbas(1) né sicari liberi per le strade. Ma dodici anni dopo quello che in Spagna definivano “Sì pieno” oggi si trasforma in una critica alla violenza e all’astensionismo per la “Costituente di Maduro”.

Non dicono niente questi “house organ” del capitale sul fatto che la loro tanto ammirata Michelle Bachelet ottiene la presidenza nel 2013 con elezioni che registrano la partecipazione del 41,9% degli iscritti al registro elettorale e che alle elezioni municipali dell’anno scorso in Cile, la partecipazione fu ancora minore: 34,9%.

In Colombia, Juan M. Santos fu eletto al ballottaggio con il 47% di partecipazione dei votanti e che il “referendum per la pace” all’inizio del 2016, la partecipazione per decidere una questione così cruciale, fu solamente del 38%; o che Bill Clinton fu rieletto nel 1996 con elezioni a cui prese parte solo il 49% dei registrati abilitati al voto e il suo successore G.W. Bush fu eletto con il 50,3%; era in gioco la presidenza degli Stati Uniti d’America.

Per finire, eccellente il livello di partecipazione nonostante le circostanze e il totale fallimento della strategia della destra per sabotare l’ANC. Questo sicuramente intensificherà l’azione della frazione terroristica dell’opposizione, il cui disprezzo per le regole democratiche è insanabile ora che ci saranno le elezioni dei governatori previste per dicembre 2017 e le Presidenziali per il 2018. Ma a questa “elites di banditi” come il laburista britannico Lasky chiamava la classe dirigente fascista europea, i cui discendenti devastano ancora oggi il Venezuela, tutto ciò non interessa. Vogliono porre fine al chavismo, esortati dai loro padroni e finanziatori del nord e per questo sono disposti a fare qualsiasi cosa, a violare ogni norma etica. Toccherà a un ri-legittimato governo di Nicolas Maduro, porre fine senza indugi all’ala terroristica dell’opposizione e ripristinare l’ordine pubblico e la vita di ogni giorno. Senza questo sarà impossibile rilanciare il progetto bolivariano. 

[Trad. dal castigliano per ALBAinformazione di Romina Capone e Alessio Decoro]

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1 Tattica dell’opposizione venezuelana che comprende violente mobilitazioni nelle strade, spari con armi da
fuoco nel tentativo di provocare una reazione repressiva da parte del governo.

La hora y la vez de Venezuela

por Emir Sader

Estar a favor del gobierno de Venezuela no es solo una cuestión política, pero también de carácter. Es vergonzoso como gente que pretende estar en el campo de la izquierda, instituciones con tradición de izquierda, partidos que en principio pertenecen al campo popular, quedan silenciosos o se valen de críticas al gobierno para justificar la falta de solidaridad con el gobierno de Venezuela.

Uno de los argumentos de mala fe es el de que habría que sortear la polarización entre gobierno y oposición, como forma de contornar la radicalización, que sería no estar de ningún lado. Es pretexto para no solidarizarse con un gobierno asediado por la derecha local y por el gobierno de los EEUU. Intelectuales suman críticas al gobierno para pronunciarse por la solidaridad “con el pueblo de Venezuela”, como si el pueblo del país no estuviera involucrado en la polarización.

Se puede no estar de acuerdo con aspectos de las políticas del gobierno de Maduro, pero ninguna crítica justifica una posición de equidistancia, porque nadie tiene dudas de que, caso se lograra la caída del gobierno, sería sustituido por un gobierno de derecha e incluso de extrema derecha, con durísimas medidas para los derechos de la masa de la población venezolana y para los intereses nacionales del país.

Hay todavía el argumento de que la izquierda latinoamericana no debiera estar solidaria con el gobierno de Maduro, que le daría legitimidad en toda la región, comprometiendo la imagen de las fuerzas progresistas latinoamericanas. Los que hablan de esa forma tiene un imagen particular de la izquierda, que no es de la izquierda realmente existente.

Una parte de esas posturas es reflejo de una ideología liberal. Lo único que hay para esa visión son democracia y dictadura. Y como el gobierno de Maduro no cabe en la concepción que tienen de democracia, lo clasifica inmediatamente de dictadura y centran su fuego en contra del gobierno, supuestamente aislado por una “sociedad civil” en rebelión contra la “tiranía”.

Para esos, aunque se digan de izquierda no existen ni capitalismo, ni imperialismo. No hay tampoco derecha, ni neoliberalismo. Las clases sociales desaparecen, disueltas en la tal “sociedad civil”, que pelea en contra del Estado. No toman en cuenta que se trata de un proyecto histórico anticapitalista y antimperialista.

Parece que no se dan cuenta que no se trata de defender un gobierno, sino un régimen y un proyecto histórico. Que si llegara a caer ese gobierno, cae todo el proyecto histórico iniciado por Hugo Chávez y Venezuela se sumaría a la recomposición neoliberal que hoy victimiza a Argentina y a Brasil.

Se puede ser de izquierda y ser crítico, pero peleando dentro de la izquierda, de las fuerzas antineoliberales, por el avance de esos procesos, nunca por su derrota. Porque la alternativa a esos gobiernos está siempre en la derecha, como Argentina y Brasil lo confirman, nunca en la extrema izquierda. Derrotar a gobiernos antineoliberales es abrir el camino a la restauración neoliberal, que es la única bandera de la derecha.

Lo que está en juego hoy no solo en Venezuela, sino también en Bolivia, en Ecuador, en Uruguay, en Argentina, en Brasil, es el destino de los más importantes gobiernos que América Latina ha tenido en este siglo: si se afirman y avanzan, si recuperan el camino donde la derecha ha retomado el gobierno o si la contraofensiva neoliberal vuelve a imponer la década nefasta en que imperó en nuestra región.

Esa es una razón más para que la izquierda exprese su apoyo y solidaridad con Venezuela. Hay horas en que el silencio es criminal, sea de dirigentes, sea de militantes, sea de intelectuales, sea de partidos, sea de instituciones, sea de gobiernos, sea de quien sea.

Soy Constituyente

por Néstor Francia

Análisis de Entorno Situacional Político

Miércoles 02 de agosto de 2017

ANC: unidad, lucha, batalla y victoria

Dada la circunstancia, hoy voy a desechar el uso del yo mayestático. He sido electo para formar parte de la Asamblea Nacional Constituyente en representación de lxs pensionadxs. Hay varias instancias a las cuales quiero agradecer públicamente este logro. En primer lugar, por supuesto, al pueblo que me favoreció con su voto. Ayer, en una entrevista que respondí por Internet para el semanario Todos Adentro de próxima publicación, aseveré que “… es necesario confiar en el pueblo, tal como lo hizo el presidente Maduro al convocar a Constituyente. El chavismo es una gran vanguardia social, numerosa, organizada, consciente, combativa. Solo que esa vanguardia estaba un poco apagada, si bien nunca derrotada. Pero la Constituyente ha obrado el milagro de ponerle fuego, pasión a esa vanguardia. Activarla, tensarla. Y esa vanguardia se colmó de iniciativa y creatividad para arrastrar tras de sí a muchos que habían decaído en su esperanza. La gran lección es esa: confiar en el pueblo y soltar sus riendas, darle cada vez más poder, que fue lo que quiso dar a entender Chávez cuando dijo ‘Comuna o nada’. Con el pueblo podemos todo, sin él no somos nada”.

En segundo lugar, al equipo de jóvenes que actuó desde Buenos Aires, encabezado por mi hija Paola Francia, mi jefa de campaña, y que manejó con acierto y creatividad la presencia de la candidatura en las redes digitales, construyendo la imagen y la Web, la página de Facebook y los accesos de Twitter e Instagram, así como el correo pensionpropon6@gmail.com. Todos estos instrumentos continuarán activos en esta nueva etapa, con adaptaciones.

En tercer lugar, al equipo de campo que apoyó mi movilización en Caracas, conformado por el camarada David Isaac Guerra, el camarada Allen Mccool y el Teniente de Bomberos José Tarazona.

Voy a Constituyente a ser leal a toda la gente que me respaldó, a presentar mi propuesta política que puede ser conocida en la página Web nestorfranciaconstituyente.com y a acompañar a todos los representantes de lxs pensionadxs en las propuestas específicas para el sector, en torno a las cuales somos básicamente unánimes: pensión automática para todos al cumplir la edad reglamentaria, derecho a recibir todos los beneficios que otorga el Estado a cualquier trabajador (aumentos salariales, bono de alimentación, bono de medicinas, seguro médico, etc.), conformación de un Estado Mayor de los Adultos Mayores, establecimiento en todas las parroquias de las casas de atención integral al adulto mayor, creación de los “Consejos de Sabios” -consejos asesores conformados por veteranos en diversas profesiones y oficios- en instancias del Estado, etc.).

Ratifico que no voy a la Constituyente a hacerle a nadie coro, ni a solo aplaudir como foca, ni a repetir lo que otros dicen como loro. Voy a luchar por las ideas de Chávez y por el pueblo.

Debe quedar absolutamente claro que la principal tarea de la Constituyente es garantizar la paz, pero que esto no puede ser una idea hueca, despojada de contenidos.

Para garantizar la paz, es necesario defender con firmeza la soberanía de la Patria y mostrarnos enteramente dispuestos a darlo todo por ella, para disuadir al imperialismo de sus planes intervencionistas; defender la estabilidad de la Revolución Bolivariana con el blindaje de sus grandes logros y con el fortalecimiento efectivo del protagonismo y el poder efectivo del pueblo; y defender sin ambages al gobierno revolucionario del presidente Nicolás Maduro, lo cual incluye hacer justicia contra aquellos que conspiran, y fomentan la violencia y la subversión.

Creo que en la Constituyente habrá gran unidad, porque es lo que garantizará la victoria, aunque no se logré todo lo que cada tendencia quisiera. Porque habrá tendencias y lucha de tendencias, que es algo bueno, pues el pueblo podrá observar la verdadera democracia y la gran diversidad presente en el chavismo. Habrá ideas y batalla de ideas. Pero confío en que sí, en que saldremos victoriosos, porque sabremos aplicar para nosotros mismos una de las instrucciones postreras más importantes de Hugo Chávez: unidad, lucha, batalla y victoria.

Entretanto, sigue brillando el faro de la gran victoria popular del pasado domingo. Hay algo que dije en el Análisis de ayer que quiero recordar: “… la derecha puede negarse todo lo que quiera a las evidencias que dejó el 30J, pero es claro que el Departamento de Estado sí que sabe exactamente lo que ocurrió”. Tan claro es que hoy podemos observar la reveladora declaración del encargado de Suramérica en el Departamento de Estado, Michael Fitzpatrick, quien afirmó que Estados Unidos no se plantea reconocer a la Asamblea Nacional como ente de Gobierno alternativo, incluso si ese órgano legislativo tratara de conformarse como aparato estatal paralelo: “Queremos dialogar con el Gobierno del presidente Maduro… No reconocemos necesariamente Gobiernos paralelos o aparte. Respetamos el Gobierno oficial de Venezuela y del presidente Maduro en este momento”. Por supuesto, el hombre no quiso aparecer enteramente débil y bufó más de una invectiva contra nuestro Gobierno y nuestro Presidente, pero eso era inevitable y no es más que la obligada cáscara de la nuez de la declaración, que es la que he asomado. Son los ecos del efecto Río Torbes. Estamos venciendo.

ANC y el modelo post-petrolero

por Marinella Correggia (*)

La Constituyente venezolana, la independencia económica y el modelo post-petrolero

Entre los objetivos presentados por la Asamblea Constituyente votada el 30 de julio, figuran el camino hacia “un nuevo modelo de economía post-petrolera, productiva, diversificada, que satisfaga las necesidades de aprovisionamiento de la población”, “la consolidación de las nuevas formas de democracia participativa, con la constitucionalización de los consejos comunales y de las comunas” (unidades organizativas de base que con frecuencia son también unidades productivas), y además “la preservación de la vida en el planeta, protegiendo la biodiversidad y desarrollando una cultura ecológica”.

A inicios del siglo XXI, con el propósito de invertir en el sector agroalimentario las rentas del petróleo de Venezuela para avanzar hacia la independencia económica, el entonces presidente Hugo Chávez creó en Barinas (su estado natal) el Instituto de Formación Agroecológica Paulo Freire. Llamó como consultor para el desarrollo rural al Movimiento Sin Tierra (MST) de Brasil, en el marco de la cooperación Sur – Sur, y de lo que muy pronto será el intercambio paritario entre los países del ALBA: Cuba, Venezuela, Bolivia, Nicaragua y Ecuador.

Esta solidaridad internacional constructiva (concreta, no retórica) nunca se ha interrumpido. Desde 2005 la brigada internacionalista Apolônio de Carvalho (el MST tiene brigadas de trabajo en muchos contextos de crisis: Palestina, Haití, países africanos) hace un trabajo de formación y producción junto a campesinos y organizaciones populares venezolanas. En 2013 la brigada fue encargada por el Ministerio de la Agricultura de desarrollar un proyecto en la Unidad de Producción Social Agrícola (UPSA) Caquetíos, en el estado de Lara: 220 hectáreas. Cuatro años después (hoy) en el sitio del MST dice: “Involucramos colectivos, consejos de las comunas y movimientos rurales en la formación técnica y política, con la óptica de desarrollar también una cultura agrícola”.

Vista la coyuntura de guerra económica que el país está viviendo, “se dedica a dos frentes de trabajo: producción para el consumo, un pedido urgente, y producción de semillas autóctonas — del sector hortícola a los cereales y a la soya—, una perspectiva de estrategia para la soberanía y la independencia alimentaria a la que aspiramos”, explica Simón Uzcátegui, campesino que trabaja en la unidad; “la dificultad de acceder a fertilizantes e insecticidas nos ayuda a desarrollar sus alternativas agroecológicas. Preparamos 6 000 litros de insecticidas naturales”.

“Es un trabajo lento y escondido, pero se avanza. Y mientras más se aspira a la agricultura ecológica, más los propios jóvenes se interesan en ella”. Según Verena Vázquez (de 27 años, colaboradora del proyecto), con la coyuntura adversa la población acoge mejor la necesidad de trabajar en serio en el sector agrícola. También a nivel urbano: la creación hace pocos años del Ministerio de la Agricultura Urbana ha provocado la aparición de miles de pequeños huertos; han surgido mercados comunales, circuitos de hilera corta, sistema de adquisición colectiva como la Alpargata Solidaria, etc.

Hace pocos días, en ocasión de su VII Conferencia Mundial, el movimiento agrícola La Vía Campesina (LVC) —al que se adhiere en Venezuela el Frente Nacional Campesino Ezequiel Zamora (FNCEZ) y la Corriente Revolucionaria Bolívar y Zamora (CRBZ) — puntualizó en un documento: “La dinámica y las tendencias harían prever una situación de crisis prolongada, cuya evolución es difícil de predecir. Es cierto que se está cometiendo un acto violento, con elementos de odio fascista. Después de meses de esfuerzo, la derecha ha entendido que no tiene fuerza suficiente para vencer, a pesar de la guerra de cuarta generación que se lleva a cabo. Su debilidad de fondo (siempre la misma) es la falta de apoyo popular en las calles y de fuerza en el terreno. Y precisamente esto hace temer una escalada de la agresión por parte de fuerzas externas”.

El movimiento agrícola denuncia el plan de desestabilización encabezado por Estados Unidos, el cual “incluye, por una parte, la acción en la economía con el acaparamiento de productos y la destrucción de centros de almacenamiento y transporte para crear escasez, incrementar los precios y aumentar el costo de la vida de las personas de ingreso más modesto; por la otra, las acciones en las calles, con el asedio de áreas, terrorismo, asesinatos, saqueos y hogueras. El movimiento de oposición está actualmente en manos de los sectores más de derecha, como Voluntad Popular y Primero Justicia”.

El documento señala al interior del país los esfuerzos de movilización del mundo agrícola, organizado en defensa del territorio y de las comunas.

(*) Autora de El presidente de la paz, Ediciones Sankara 2015 (Premio Trisol del Alba), coautora de L’Alba dell’avvenire, Punto rosso 2007, y de La lunga marcia dei senza terra, Emi 2014.

ANC e il modello post-petrolifero

di Marinella Correggia (*) – cambiailmondo.org

La Costituente venezuelana, il Movimento Sem Terra, Via Campesina e il nuovo modello post-petrolifero

Fra gli obiettivi che sono stati dati all’Assemblea costituente votata il 30 luglio figurano il cammino verso «un nuovo modello di economia post-petrolifera, mista, produttiva, diversificata, che soddisfi le necessità di approvvigionamento della popolazione», «il consolidamento delle nuove forme della democrazia partecipativa, con la costituzionalizzazione dei consigli comunali e delle comunas» (unità organizzative di base che spesso sono anche unità produttive), e poi «la preservazione della vita sul pianeta, proteggendo la biodiversità e sviluppando una cultura ecologica».

Nei primi anni Duemila, proponendosi di investire nel settore agroalimentare i proventi petroliferi del Venezuela così da progredire verso l’indipendenza economica, l’allora presidente Hugo Chavez aveva creato a Barinas – suo Stato natale – l’Istituto di formazione in agroecologia Paulo Freire. Chiamò come consulente per lo sviluppo rurale il Movimento Sem terra (Mst) del Brasile, nel quadro della cooperazione Sud-Sud e di quello che ben presto sarà lo scambio paritario fra i paesi dell’alleanza Alba: Cuba Venezuela Bolivia Nicaragua Ecuador.

Questa solidarietà internazionalista costruttiva, concreta non retorica, non si è mai interrotta. Dal 2005, la brigata internazionalista Apolônio de Carvalho (il Mst ha brigate di lavoro in tanti contesti di crisi, Palestina, Haiti, paesi africani) fa un lavoro di formazione e produzione insieme a contadini e organizzazioni popolari venezuelane. Nel 2013, la brigata fu incaricata dal ministero dell’agricoltura di sviluppare un progetto nell’Unità di produzione sociale agricola (Upsa) Caquetíos, nello Stato di Lara, 220 ettari. Quattro anni dopo, oggi, si legge sul sito del Mst: «Abbiamo coinvolto collettivi, consigli delle comunas, movimenti rurali nella formazione tecnica e politica, nell’ottica di sviluppare anche una cultura dell’agricoltura».

Vista la congiuntura di guerra economica che il paese sta vivendo, «ci si dedica a due fronti di lavoro: produzione per il consumo, una richiesta urgente, e produzione di sementi autoctone – dal settore orticolo ai cereali e alla soia-, una prospettiva di strategia per la sovranità e l’indipendenza alimentare alla quale puntiamo», spiega Simón Uzcátegui, contadino che lavora nell’unità; «la difficoltà di accedere a fertilizzanti e insetticidi ci aiuta a sviluppare le loro alternative agroecologiche. Abbiamo preparato seimila litri di insetticidi naturali

«E’ un lavoro lento e nascosto, ma va avanti. E più si punta sull’agricoltura ecologica, più i giovani stessi se ne interessano»: secondo Verena Vásquez, 27 anni, collaboratrice del progetto, con la congiuntura avversa la popolazione coglie meglio la necessità di lavorare sul serio nel settore agricolo. Anche a livello urbano: la creazione pochi anni fa del Ministero dell’agricoltura urbana ha portato alla nascita di migliaia di piccolissimi orti; sono nati mercati comunali, circuiti di filiera corta, sistemi di acquisti collettivi come la Alpargata solidaria ecc.

Pochi giorni fa, in occasione della sua VII conferenza mondiale, il movimento agricolo La Vía Campesina (Lvc) – al quale aderiscono in Venezuela il Frente Nacional Campesino Ezequiel Zamora (Fncez)  e la Corriente Revolucionaria Bolívar y Zamora (Crbz) – ha puntualizzato in un documento: «La dinamica e le tendenze sembrerebbero far prevedere una situazione di crisi prolungata la cui evoluzione è difficile da prevedere. Certo è in atto un piano violento, con componenti di odio fascista. Dopo mesi di sforzi, la destra ha capito di non avere forza sufficiente a vincere, malgrado la guerra di quarta generazione messa in atto. La sua debolezza di fondo, sempre la stessa, è la mancanza dell’appoggio popolare nelle strade, di forza sul campo. E proprio questo fa temere una escalation dell’aggressione da parte di forze esterne

Il movimento agricolo denuncia il piano di destabilizzazione capeggiato dagli Usa, il quale «comprende da una parte l’azione sull’economia, con l’accaparramento di prodotti e la distruzione di centri di immagazzinamento e trasporto, così da creare scarsità, far crescere i prezzi e aumentare la fatica di vivere delle persone dal reddito più modesto; dall’altra le azioni nelle strade, con assedi di aree, terrorismo, uccisioni, saccheggi, roghi. Il movimento di opposizione è attualmente nelle mani dei settori più di destra, come Voluntad Popular e Primero Justicia».

Il documento segnala all’interno del paese gli sforzi di mobilitazione del mondo agricolo, organizzato nella difesa del territorio e delle comunas.

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(*) Autrice de El presidente de la paz, edizioni Sankara 2015 (Premio Trisol del Alba), coautrice de L’Alba dell’avvenire, Punto rosso 2007 e de La lunga marcia dei senza terra, Emi 2014.

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