(VIDEO) Mariela Castro in Italia

di Chiara Di Benedetto* – italiaincrisi.it

Il Comitato per i Diritti Umani della Commissione Affari Esteri della Camera dei Deputati ha avuto il piacere di avere in audizione Mariela Castro.

L’Incontro è stato davvero interessantissimo.

Mariela Castro è stata invitata da Emanuele Scagliusi, il nostro Vicepresidente di Commissione, per dare una testimonianza del lavoro che sta svolgendo a Cuba sul tema del riconoscimento dei diritti LGBTI e del contrasto a ogni forma di violenza.

Mariela ha parlato di “rivoluzione nella rivoluzione”, riferendosi al processo culturale che ha avuto inizio decenni fa e già vedeva, a metà degli anni ’60, il raggiungimento di importanti obiettivi per la parità di diritti per le Donne a Cuba, parità di compenso e uguali possibilità in ogni settore.

Si è trattato di un lungo processo, una cambiamento del modo di pensare del popolo cubano, ereditario di una mentalità fortemente maschilista e omofoba.

Ed è proprio per portare avanti la battaglia per l’affermazione dei diritti LGTBI che Mariela Castro è oggi deputata nell’Assemblea Nazionale cubana.

Indubbiamente una funzione fondamentale in questo processo rivoluzionario ha avuto la prevenzione culturale che parte, quindi, dalla scuola.

A Cuba, infatti, sin dalla scuola dell’infanzia si porta avanti un lavoro di educazione alla sessualità e di rispetto per gli orientamenti sessuali e le identità di genere, contro le discriminazioni e gli atti di violenza.

Si insegna il valore del rispetto reciproco e della partecipazione e condivisione, si investe su una società più unita, su una comunità.

L’assemblea nazionale cubana è terza al mondo per percentuale di presenza femminile.

* portavoce M5S Camera

[Si ringrazia Ivano Cotugno per la segnalazione]

Emigrazione in America Latina: cresce il distacco dall’Italia

di Rodolfo Ricci – cambiailmondo.org

Missione Filef in Argentina e Uruguay: crescente distacco tra le comunità, nuova emigrazione, rinnovo dei comites; la questione del voto europeo oltreoceano e fuori dai confini della UE.

Nell’ambito di una missione del coordinatore nazionale della Filef, Rodolfo Ricci, in America Latina, si sono svolti durante il mese di marzo, alcuni incontri organizzativi delle associazioni Filef a Montevideo e a Buenos Aires. Al centro della riflessione, il rilancio della attività della Filef in relazione alla crescita dei nuovi flussi di immigrazione di giovani italiani anche in questi paesi e, più in generale, alla situazione che si è creata a seguito della drastica diminuzione di risorse per le politiche verso i nostri connazionali, della riduzione della capacità di erogare servizi da parte della rete consolare, dell’estremo ritardo nel rinnovo dei Comites e la questione del voto europeo fuori dei confini dealla UE.

 

Dagli incontri è emerso che va crescendo sensibilmente il distacco delle collettività con l’Italia, conseguenza di una diffusa delusione per quanto in questi ultimi anni è avvenuto: in netto contrasto con quanto viene affermato in occasioni istituzionali, tutto lascia trasparire che la scarsa attenzione verso gli italiani all’estero, già sensibilmente affievolitasi in questi ultimi di crisi, sia  destinata a crescere ulteriormente, se non intervengono immediate novità; la riduzione della rete consolare e la sempre maggiore difficoltà di accedere in tempi decenti ai servizi consolari, (rinnovo passaporti, riconoscimento di cittadinanza, ecc.)creano malessere e sfiducia; analogamente, la consistente mole di attività cresciuta nell’ambito dei corsi di lingua e cultura e di formazione professionale è ormai ridottissima e molte competenze e risorse umane impegnate in questi ambiti si vanno perdendo.

 

Questione del pagamento delle pensioni in valuta locale

La questione del pagamento delle pensioni in valuta locale in Argentina, ha costituito un ulteriore elemento di scontento soprattutto per le persone più anziane. Rispetto a quest’ultima questione, si registra che pur essendo stata modificata la norma che obbligava gli istituti di credito a pagare in Pesos, ad oggi non si assiste a modificazioni, pur possibili, che consentano ai nostri pensionati di riscuotere la propria pensione nella valuta di origine, cioè in Euro. A tal proposito, è emerso con forza nei diversi incontri, il richiamo al Ministero degli Esteri e all’Ambasciata, di procedere ad una verifica con le autorità argentine, per consentire il ristabilimento della situazione precedente.

 

Cala l’attenzione e l’interesse verso i Comites; i problemi del voto per il rinnovo degli organismi

Altra questione molto problematica è costituita dal mancato rinnovo dei Comites (e del CGIE), che si trascina ormai da anni. Ci si trova di fronte al rischio di un calo consistente di interesse intorno al rinnovo di questi organismi; tutto lascia prevedere una forte riduzione di partecipazione alle prossime elezioni, di cui, peraltro,  non si conosce ancora la data, né le reali condizioni di praticabilità, vista la riduzione dello stanziamento che consentiva il voto per corrispondenza e che ora prevedrebbe un combinato disposto, al momento abbastanza misterioso, tra voto nei seggi consolari e voto elettronico anche da postazioni remote, che tecnicamente non sembra di semplice soluzione, soprattutto per questi paesi ove le distanze dai rispettivi consolati sono molto grandi: il voto in remoto, implicherebbe infatti l’acquisizione di un PIN o password che l’elettore sembra dover comunque acquisire recandosi personalmente nei consolati stessi spesso con notevole dispendio di tempo e di mezzi economici. Ciò lascia ipotizzare che ci si trova di fronte ad uno spostamento degli oneri finanziari della pratica democratica del voto, dallo Stato al cittadino. Questo non è in alcun caso accettabile. Anche perché si ritorna in un certo senso, ad un voto determinato o dal censo o dalla casuale residenza nelle vicinanze del consolato di riferimento; in questa situazione, arriviamo al paradosso che sarebbe quasi più democratica l’estrazione a sorte dei membri dei nuovi Comites!

 

La risorsa mancata

Anche riguardo alla antica e tante volte richiamata funzione potenziale delle nostre collettività quali interfacce di relazioni economiche e culturali tra l’Italia e i paesi di residenza ci si trova di fronte ad alcune iniziative sporadiche, spesso a carattere regionale, talvolta anche significative, ma dalla discutibili efficacia complessiva, mancando un quadro di riferimento generale che possa consentirne un concreto ed ampio sviluppo; si è in attesa di capire se nel recente decreto “Destinazione Italia” siano presenti orientamenti significativi in tal senso.

Nel complesso, questo stato di cose rende sempre meno attrattivo il rapporto con la madrepatria, in particolare per le nuove generazioni che comunque manifestano un rinnovato interesse allo sviluppo di relazioni sociali e culturali; ciò ha causato – e causa – un distacco e un danno rilevante sia alle collettività, sia all’Italia, in molti ambiti. Il grande potenziale della più grande collettività emigrata, non viene affatto valorizzato.

 

Fabbisogni della nuova emigrazione

Quanto ai nuovi flussi di giovani che scelgono l’Argentina o l’Uruguay come meta nella loro ricerca di lavoro, essi necessiterebbero di particolare assistenza e orientamento, cosa che ricade solo sulla autonoma disponibilità delle singole associazioni, come rinnovata cultura delle antiche pratiche di mutuo soccorso tra migranti. Anche in questo caso, la miopia delle nostre istituzioni è grande: si rischia cioè di rendere definitivi i singoli progetti migratori e allo stesso tempo di tagliare definitivamente i ponti con una parte significativa della più importante risorsa di cui il paese dispone, quella umana.

Rispetto alle questioni discusse, nel denunciare gli aspetti negativi che si hanno di fronte, le organizzazioni della Filef ritengono necessario richiamare le diverse istanze istituzionali, sociali e politiche ad una rinnovata attenzione alle collettività e ai nuovi flussi di emigrazione; è indispensabile rilanciare rapidamente le politiche verso gli italiani all’estero, prima che il vincolo che li lega all’Italia si deteriori definitivamente e che con esso si perda una grande opportunità storica.

In questo senso, è auspicabile che il dinamismo del nuovo Governo Renzi possa manifestarsi anche in questo settore, dopo anni di ignavia e di successiva disarticolazione delle già modeste politiche a favore dei nostri connazionali. Lasciare disperdersi la risorsa internazionale e interculturale degli italiani all’estero sarebbe un peccato capitale.

 

Il voto europeo del 25 maggio

Un’ultima questione, di rilievo, emersa durante gli incontri in Argentina e in Uruguay è quella del voto Europeo, anche alla luce delle recenti prese di posizione e lettere di autorevoli membri del Cgie e di esponenti delle collettività in Europa inviate al Governo e ai partiti; la domanda è: i cittadini italiani residenti fuori della UE, sono o non sono anche cittadini europei? E se sì, hanno o non hanno il diritto di avere le stesse condizioni per esprimere il proprio voto, analogamente ad altri connazionali, come ad esempio, quelli residenti in Svizzera?

La questione non sembra, almeno fino ad oggi, essere stata sollevata in alcun significativo ambito di rappresentanza, neanche nel CGIE; ma, a fronte della opportunità dei cittadini emigrati nei paesi EU, di poter optare per candidati delle liste locali ed esprimere dunque il proprio voto a prescindere dalla istituzione di seggi italiani nei consolati, non vi è la stessa possibilità per i connazionali oltreoceano.

A fronte dei richiami a evitare l’istituzione di seggi “italiani” in paesi EU, anche per operare dei risparmi significativi (cosa peraltro discutibile anche perché centinaia di migliaia di connazionali sono di recentissima emigrazione e non hanno ancora deciso se stabilirsi o meno nei rispettivi paesi), vi è comunque da garantire la possibilità di votare per coloro che vivono fuori dai paesi UE, almeno istituendo seggi nei singoli consolati.

Se la democrazia non è divisibile e se non siamo già arrivati al punto che le questioni di bilancio vengono prima della democrazia, ci sembra che queste considerazioni siano da accogliere pienamente. Anche su questo punto, l’attivismo del nuovo governo è chiamato ad un significativo cambio di rotta.

E’ dunque urgente, visti i tempi ridotti che ci separano dal voto di fine maggio, un’espressione chiara sia da parte del CGIE che dei partiti e dei comitati per gli italiani all’estero di Camera e Senato. Una questione da porre anche in sede comunitaria, poiché il problema riguarda i nostri connazionali, come quelli di altri paesi europei che hanno consistenti comunità residenti fuori dei confini dell’Unione.

 

FILEF – Coordinamento nazionale – 3 Aprile 2014
Viale di Porta Tiburtina, 36 – 00185 Roma – filefit@gmail.com

Il governo Rajoy contro il Venezuela

di Geraldina Colotti – il manifesto

Caracas, 4apr2014.- Piani di cooperazione «tra imprese del settore pubblico e privato» di Roma e Caracas

L’opposizione non andrà al governo con un colpo di stato o per la rinun­cia di Nico­las Maduro, qua­lora avve­nisse. Per noi, la maniera di con­qui­stare un governo dura­turo e legit­timo è una sola: costruendo una mag­gio­ranza e vin­cendo le elezioni”.

Con que­ste parole, il sin­daco del muni­ci­pio di Cha­cao, Ramon Mucha­cho, ha preso le distanze dalle pro­te­ste vio­lente ani­mate dall’opposizione in Vene­zuela dal 12 feb­braio scorso. Mucha­cho, eletto nelle fila della Mesa de la uni­dad demo­cra­tica (Mud) ha spe­ci­fi­ca­mente con­dan­nato l’ultimo assalto dei gruppi oltran­zi­sti pre­senti nel suo schie­ra­mento, che hanno incen­diato un edi­fi­cio del Mini­stero per l’edilizia pub­blica. Nell’asilo nido si tro­va­vano molti bam­bini, tratti in salvo dall’intervento dei vigili del fuoco. Un sal­va­tag­gio tutt’altro che scon­tato. In altri casi, infatti, pom­pieri e ambu­lanze non hanno potuto pas­sare sia a causa delle “gua­rim­bas” (bar­ri­cate di chiodi, cemento, spaz­za­tura e alberi dati alle fiamme che bloc­cano le strade) che per via degli ingor­ghi. E’ morta così anche la madre di una nota con­dut­trice tele­vi­siva, col­pita da infarto, che non ha potuto rag­giun­gere l’ospedale. Una situa­zione di grande disa­gio per gli stessi abi­tanti dei quar­tieri bene, epi­cen­tro delle pro­te­ste, nella capi­tale o in altri stati (pre­va­len­te­mente di frontiera).

A Cha­cao, le “gua­rim­bas” con­ti­nuano per far cadere il sin­daco — ha detto il pre­si­dente Nico­las Maduro – com­men­tando la “lotta dei fratelli-coltelli” nell’opposizione. E anche il coor­di­na­tore della Mud, Ramon Ave­ledo, ha affer­mato di sen­tirsi in trap­pola tra chi lo accusa di essere un gol­pi­sta e altri che gli rim­pro­ve­rano di non esserlo abba­stanza. Intanto, sep­pur con­te­nuti, con­ti­nuano gli scon­tri. Finora vi sono 608 feriti, 414 civili e il resto fun­zio­nari di poli­zia. I morti sono 39 morti, 24 dei quali per colpi di arma da fuoco, 31 sono civili, 7 poli­ziotti e un fun­zio­na­rio del Mini­ste­rio pub­blico. Su 2.285 per­sone fer­mate, solo 904 risul­tano essere stu­denti, e in car­cere restano 192 per­sone. Sono in corso anche 102 inda­gini per deter­mi­nare la respon­sa­bi­lità della poli­zia nelle denunce per “vio­la­zione dei diritti umani” pre­sen­tati al Mini­ste­rio publico.

Gio­vedì, a Cara­cas, una mani­fe­sta­zione stu­den­te­sca non auto­riz­zata è stata dispersa con gas lacri­mo­geni dalla Guar­dia nacio­nal boli­va­riana. L’opposizione ha accu­sato nuo­va­mente i col­let­tivi di sini­stra di aver aggre­dito gli stu­denti del campo avverso. E preme per­ché ven­gano dichia­rati ille­gali i gruppi di quar­tiere auto-organizzati che difen­dono il ter­ri­to­rio dalla grande delin­quenza e dai para­mi­li­tari che con­trol­lano il traf­fico di droga. Un’offensiva ana­loga era stata por­tata avanti con­tro i “cir­coli boli­va­riani” dopo il golpe con­tro Cha­vez del 2002. “Non ho sen­tito molte voci di oppo­si­zione levarsi con­tro il ter­ro­ri­smo”, ha ribat­tuto il pre­si­dente dell’Assemblea Dio­sdado Cabello. La Difen­sora del pue­blo, Gabriela Rami­rez ha invece con­dan­nato “qua­lun­que atto di vio­lenza nelle università”.

Nello stato Tachira, Zulia, Merida e Miranda, sono stati arre­stati nelle “gua­rim­bas” ricer­cati pro­ve­nienti da altri paesi (colom­biani e, di recente, due liba­nesi che tra­spor­ta­vano armi, giub­botti anti­pro­iet­tili e maschere anti-gas nella loro mac­china blin­data, nella capi­tale). Per il governo, si tratta di para­mi­li­tari assol­dati per desta­bi­liz­zare il paese e per man­te­nere il con­trollo dei traf­fici alle fron­tiere. Sono pagati tra i 3.000 e i 5.000 boli­var a settimana.

Un piano che, nelle inten­zioni di qual­che lea­der di estrema destra, potrebbe por­tare anche alla seces­sione di alcuni stati come Zulia, Lara e Tachira. Lo stesso dise­gno che ha preso forma negli stati della “mez­za­luna” in Boli­via, i più ric­chi, dov’è forte l’opposizione al socia­li­smo indi­geno di Evo Mora­les. E in rete ha fatto la sua com­parsa un gruppo armato di estrema destra, il Frente Mara­bunta (guarda il video), che si dice attivo nei quar­tieri di classe medio-alta e che pro­pone un piano det­ta­gliato per “orga­niz­zare la resi­stenza con­tro il castro-comunismo”.

Anche a livello inter­na­zio­nale, l’atteggiamento nei con­fronti del governo socia­li­sta vene­zue­lano evi­den­zia lo scon­tro di inte­ressi in corso nel paese (che pos­siede le più grandi riserve petro­li­fere al mondo). Da Madrid, dove ha assi­stito ai fune­rali di Adolfo Sua­rez, si è fatto sen­tire l’ex pre­si­dente colom­biano Ala­varo Uribe, grande amico dei para­mi­li­tari, più volte chia­mato in causa dal governo Maduro. Uribe ha cri­ti­cato “l’atteggiamento pusil­la­nime” dei paesi lati­noa­me­ri­cani (Panama escluso), e il “silen­zio com­plice” del suo ex mini­stro della Difesa, Manuel San­tos, “di fronte allo spar­gi­mento di san­gue cau­sato dalla tiran­nia del Vene­zuela”. Per Uribe, il campo da soste­nere non è certo quello dell’Alleanza boli­va­riana per i popoli della nostra Ame­rica (Alba), ideata da Cuba e Vene­zuela nel 2004. Il suo pro­getto è senz’altro quello dell’Alleanza del Paci­fico, gui­data dagli Usa, sostan­ziata dalla Ue e da Colom­bia, Mes­sico, Perù, Cile come asse prin­ci­pale nel con­ti­nente. Il governo spa­gnolo – ha detto ancora Uribe – “ha aiu­tato molto” nell’accordo tra il suo paese e la Ue.

La Spa­gna ha sospeso uni­la­te­ral­mente la ven­dita di mate­riale “anti­som­mossa” al Vene­zuela. E da Madrid si è espressa con­tro il governo Maduro anche la ses­sione di Amne­sty inter­na­tio­nal, pur con­dan­nando le vio­lenze “da entrambe le parti”. Nico­las Maduro, ha dal canto suo fir­mato il decreto che isti­tui­sce l’annunciata Com­mis­sione per i diritti umani, aperta a tutti gli attori sociali di ogni bordo. Ogni giorno, in ogni parte del paese, il “governo della strada” di Maduro rac­co­glie le sol­le­ci­ta­zioni, le cri­ti­che e le pro­po­ste pro­ve­nienti dai più diversi set­tori sociali. Ieri, si è iscritta a regi­stro la Comune n. 600, che porta il nome del can­tau­tore Ali Pri­mera.

Ieri, è arri­vato in Vene­zuela il vice­mi­ni­stro degli Esteri ita­liano per l’America latina, Mario Giro, che ha fir­mato nuovi piani di coo­pe­ra­zione “tra imprese del set­tore pub­blico e pri­vato di entrambi i paesi”. E il gruppo Iveco, che mer­co­ledì aveva annun­ciato la sospen­sione delle atti­vità in Vene­zuela, ha fatto sapere che i pro­blemi “sono in via di soluzione”.

Lunedì e mar­tedì tor­nerà invece a Cara­cas la mis­sione di pace di Una­sur, rap­pre­sen­tata da Bra­sile, Colom­bia, Ecua­dor. La sua ultima indi­ca­zione è stata quella di eleg­gere “un testi­mone di buona volontà” pro­ve­niente dalla chiesa cat­to­lica. Una pro­po­sta accet­tata dal governo, ma rilan­ciata in altro modo dalla Con­fe­renza epi­sco­pale vene­zue­lana, prima aper­ta­mente schie­rata con­tro Cha­vez, ora in mag­gio­ranza avversa a Maduro. L’episcopato vene­zue­lano ha con­dan­nato “le bar­ri­cate e gli attac­chi alle per­sone fisi­che e alle isti­tu­zioni”, ma più di tutto “la cri­mi­na­liz­za­zione della pro­te­sta e la repres­sione spro­por­zio­nata”, dando per asso­dato l’esistenza di “tor­ture e per­se­cu­zioni”: che hanno ori­gine – per la gerar­chia eccle­sia­stica – nel pro­gramma poli­tico del cha­vi­smo, “die­tro il quale si nasconde la pro­mo­zione di un governo totalitario”.

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