L’America latina piange il Comandante

di Geraldina Colotti 

Cuba. L’impegno per l’integrazione del continente

Fidel ha levato l’ancora «verso l’immortalità»: lo stesso giorno in cui il Granma è partito da Veracruz per Cuba, il 25 novembre del 1956. Lo ha ricordato a caldo il presidente venezuelano Nicolas Maduro, dopo l’annuncio della morte del Comandante cubano. «Adesso tocca a noi, gli eredi dei grandi ideali, quelli di Fidel, del Che, di Chavez, difenderne il cammino – ha detto -. Adesso tocca ai giovani – perché giovani sono sempre le rivoluzioni -, difenderne il portato».

Maduro ha ricordato la grande amicizia tra Fidel Castro e Hugo Chavez, due vite all’insegna dell’antimperialismo: «Due rivoluzioni perseguite dall’impero, due rivoluzioni che abbiamo fatto crescere e che dobbiamo continuare a far crescere», ha detto ancora, ricordando gli ultimi incontri avuti con Fidel: incontri significativi, sia sul piano concreto che simbolico. Fidel ha ricevuto l’attuale presidente venezuelano (che è stato a lungo ministro degli Esteri di Chavez) un giorno prima di incontrare Obama. Gli ha inviato lettere di appoggio nei momenti più difficili del suo mandato. Lo ha sostenuto con la sua diplomazia, discreta ma efficace, a nord come al sud.

E quando Fidel ha compiuto novant’anni, il 13 di agosto, ha fatto il giro dei media una foto in cui i presidenti dell’Alba lo visitavano a sorpresa per il compleanno. L’Alba, l’Alleanza bolivariana per i popoli della nostra America, è stata una creatura di Fidel e Chavez. Ha messo in moto un altro tipo di integrazione regionale, non più rivolta al Nord America, ma al continente Latinoamericano, basata su relazioni paritarie e solidali: ogni paese, un voto, non importa se grande o piccolo, interscambio di beni e servizi senza contropartite politiche. E Raul Castro ha continuato sulla stessa linea, governando la barra in tutti i vertici internazionali. E ieri, tutti i più importanti leader del sud, sia di governo che di partito lo hanno ricordato con gratitudine: dai Sem Terra in Brasile alla sinistra anticapitalista francese, a Podemos in Spagna.

Fidel è morto nella giornata mondiale contro la violenza sulle donne, dedicata al sacrificio delle tre sorelle Mirabal. Le tre mariposas – come venivano chiamate nella clandestinità – vennero trucidate nella Repubblica Dominicana dal dittatore Trujillo, pupillo degli Usa, nel 1960. A Cuba, invece, su un paese di 11 milioni di abitanti, la lotta di oltre 4 milioni di donne organizzate nella Federacion de Mujeres Cubanas ha ottenuto fin da subito la parità di diritti nella Costituzione, il Codice della famiglia e altri strumenti giuridici.

La forza lavoro femminile, pari al 66% del totale è impiegata con un salario uguale a quello degli uomini, in tutti i settori ed è presente al 49% in Parlamento (Cuba è la quarta nazione al mondo per numero di donne in parlamento). A Cuba non esistono né la tratta né i femminicidi, l’aborto è libero, gratuito e sicuro, un faro di progresso in America latina. Fidel ha sempre rivolto importanti discorsi alla Federazione delle donne, la cui segretaria è stata Vilma Espin. E la Federacion Democratica Internacional de Mujeres (Fdim) è stata fra le prime a mandare un messaggio di cordoglio.

L’America latina deve molto a Fidel. L’11 aprile del 2002, durante il golpe contro Chavez – organizzato dai grandi gruppi economici, dai vertici della chiesa, delle forze armate e dai grandi media, e guidato dalla Cia – Fidel consigliò al giovane leader venezuelano di «non immolarsi come Allende», in quanto, a differenza del presidente cileno nel 1973, egli aveva dalla sua gran parte delle forze armate. E poi diffuse la notizia ai media internazionali e parlò al telefono con i militari fedeli a Chavez, che poté così sventare anche la trappola tesa dall’arcivescovo Baltazar Porras (ora cardinale in Vaticano), mandato dai golpisti per convincerlo a dimettersi, prima di essere fucilato. Il plotone che avrebbe dovuto uccidere il presidente venezuelano si ammutinò e Chavez venne poi riportato al governo a furor di popolo, e il suo primo pensiero fu per Fidel.

L’8 gennaio del 1959, Fidel Castro pronunciò all’Avana il primo discorso pubblico dopo la rivoluzione. Alcune colombe bianche si alzarono e cominciarono a volteggiare su di lui, finché una si posò sulla sua spalla. Fidel la trattenne per qualche secondo e poi la liberò nel cielo. Un gesto che rimase impresso nella moltitudine dei presenti, e che in fondo simbolizza lo spirito che ha fino all’ultimo animato il leader cubano. La sua diplomazia ha accompagnato il processo di pace in Colombia fino alla recente firma degli accordi tra Santos e la guerriglia marxista Farc. Cuba vi ha dedicato lo stesso impegno di quello rivolto alla lotta contro l’apartheid in Sudafrica, la liberazione dell’Angola o l’indipendenza della Namibia e altre nazioni africane. All’inizio del 2000, a Cuba iniziarono anche le trattative tra l’altra guerriglia storica colombiana, l’Eln, e l’allora presidente Alvaro Uribe.

L’Avana è così diventata la capitale della pace. E sia le Farc che l’Eln hanno inviato un messaggio di cordoglio. E in molti paesi dell’America latina è stato dichiarato il lutto nazionale. Ma tutto il sud è in lutto. Cuba è stata al centro del Movimento dei paesi non allineati, che rappresentano oltre due terzi di tutti gli Stati del mondo, e il cui segretario generale è da quest’anno Nicolas Maduro. Fidel Castro – dice un comunicato della Unasur – «ha illuminato la regione con le sue idee sulla libertà, la sovranità, l’uguaglianza per le quali ha lottato per mezzo secolo».

E il miglior modo per onorarlo – ha detto il presidente boliviano Evo Morales – è quello di rafforzare l’unità di tutti i popoli del mondo, la resistenza al modello capitalista e all’imperialismo». Ha detto Fidel a Ramonet nell’Autobiografia a due voci: «Se l’impero divorasse l’America latina come fece la balena con il profeta Giona, non riuscirebbe comunque a digerirla. Prima o poi dovrebbe espellerla, e quella risorgerebbe di nuovo».

Morales: “Podemos es la esperanza para los hermanos españoles”

Podemos es «la esperanza para los hermanos españoles»por aporrea
 

Diciembre 22 de 2015.-El presidente de Bolivia, Evo Morales, ha considerado que la formación política Podemos es «la esperanza para los hermanos españoles» y que con su ayuda confía en que España sea «la puerta para que Bolivia entre en Europa». «España debe ser la puerta para que Bolivia entre en Europa. Es mi gran deseo. Y con hermanos como Pablo Iglesias (líder de Podemos) puede lograrse este gran deseo que tengo», afirmó.

El mandatario latinoamericano hizo estas declaraciones en un encuentro con la prensa tras una conferencia en el Aula Magna de la universidad romana de La Sapienza bajo el título «Solidaridad, complementariedad y autodeterminación de los pueblos».

Morales dijo que llamó al eurodiputado Iglesias antes de esta cita en Roma al enterarse de que la formación que lidera, Podemos, progresa en las encuestas sobre intención de voto. «Le felicité porque iba avanzando, siento que es un movimiento político con principios y valores (…) Puedo decir que es la esperanza para los hermanos españoles», señaló.

Iglesias realizó el pasado mes de septiembre una gira que comenzó en Bolivia en la que visitó, además, Ecuador y Uruguay con el objetivo de conocer un modelo económico «distinto», según declaraciones del político español.

 

In Bolivia il Centro di Ricerca nucleare più grande nel continente

Collegamento permanente dell'immagine integratada telesurtv.net

Il presidente della Bolivia, Evo Morales, chiederà al suo omologo russo Vladimir Putin, che il Centro di ricerca nucleare che sarà costruito nel paese sudamericano sia il più grande della Regione. Lo ha annunciato giovedì il presidente della Bolivia aggiungendo che la domanda sarà presentata nel corso della riunione bilaterale che si terrà nel quadro del Terzo Vertice dei Paesi Esportatori di Gas.

“La prossima settimana chiederò al Presidente Putin che sia il più grande centro del Sudamerica” ha dichiarato il Presidente Boliviano durante l’ispezione dell’opera che sarà costruita nel distretto de “El Alto”. Morales farà questa richiesta a Putin perché sarà la compagnia Russa Rosatom la incaricata per la realizzazione del progetto boliviano che sarà completato in quattro anni e per il quale saranno investiti 300 milioni di dollari.

Morales ha anche sottolineato che il centro non danneggerà l’ambiente e porterà benefici per i boliviani. Inoltre, il presidente della Bolivia ha evidenziato la popolarità del suo omologo russo descrivendolo come “il miglior presidente.” La costruzione di questo Centro di Investigazione Nucleare risponde al piano civile di energia atomica con fini pacifici appoggiato dall’Organismo Internazionale dell’Energia Atomica e dalle Nazioni Unite.

Questo progetto è stato annunciato nel 2014 dal Presidente della Bolivia, Evo Morales. Il 26 settembre di quest’anno, in uno studio preliminare a San Cruz (est), il Presidente della Mining Corporation di Bolivia, Marcelino Quispe, ha riferito la scoperta di un deposito di uranio, essenziale per sviluppare l’energia nucleare.

[Trad. dal castigliano per ALBAinformazione  di Danilo Della Valle]

I temi principali affrontati nel vertice Celac

III cumbre Celacda Telesur

I capi di stato e i rappresentanti dei paesi CELAC si sono impegnati a ridurre la povertà e contrastare il problema mondiale delle droghe. Inoltre, hanno ratificato il loro sostegno affinché si concretizzi la normalizzazione delle relazioni tra Cuba e gli Stati Uniti e il processo di pace in Colombia.

Questa settimana ha avuto luogo in Costa Rica il terzo vertice della Comunità di Stati Latinoamericani e dei Caraibi (CELAC), dove l’Ecuador ha ricevuto la presidenza pro tempore.

I partecipanti hanno focalizzato il lavoro su temi quali la riduzione della povertà estrema e della disuguaglianza; potenziare l’educazione, la scienza, la tecnologia e l’innovazione, la tutela ambientale, il finanziamento dell’architettura regionale; e il rafforzamento del blocco.

Si è inoltre riflettuto sulle sfide che attendono la regione per approdare a una società giusta, equa e con una nuova realtà culturale che elimini i contenuti ereditati dal capitalismo e che prosegua nella costruzione del nuovo mondo multicentrico e multipolare.

La panoramica di Telesur sulle questione più importanti:

Relazioni tra Cuba e gli Stati Uniti

Il tema principale in agenda è stato quello riguardante la normalizzazione delle relazioni tra Cuba e gli Stati Uniti. I Capi di Stato hanno chiesto la fine blocco economico, commerciale e finanziario imposto dagli Stati Uniti contro Cuba.

La pace in Colombia

Ribadito il sostegno ai colloqui di pace in corso tra il governo colombiano e le Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia-Esercito Popolare(FARC-EP). Il presidente colombiano, Juan Manuel Santos, ha dichiarato che il processo di pace è in corso ed è stato raggiunto un accordo per quanto riguarda lo sviluppo rurale, la partecipazione politica e le coltivazioni illecite.

Santos ha spiegato che adesso si lavora per “i diritti delle vittime e la fine del conflitto, il che comporta la definizione del come avverrà la consegna delle armi e il reinserimento nella vita civile”.

Condanna della guerra economica in Venezuela

Durante il vertice è stata condannata la guerra economica che la destra sta conducendo contro il popolo venezuelano e ribadito il sostegno al governo del presidente Nicolás Maduro. Prodotta una dichiarazione di ripudio delle sanzioni unilaterali imposte dal governo degli Stati Uniti contro il paese latinoamericano.

Isole Malvinas e debito sovrano dell’Argentina

I leader e i rappresentanti dei paesi della CELAC hanno inoltre espresso sostegno all’Argentina per la ristrutturazione del suo debito sovrano e nel reclamo per le isole Malvinas. Gesto apprezzato dal ministro degli Esteri argentino Héctor Timerman, che ha segnalato come il Regno Unito occupi l’arcipelago dal 1833, senza aver mai mostrato alcuna volontà di dialogo per giungere a una soluzione.

Solidarietà con Haiti

Ribadità la solidarietà verso Haiti per l’instabilità politica e sociale. Il presidente del paese, Michel Martelly, ha assicurato che “sono state prese dal governo tutte le misure necessarie affinché si svolgano elezioni libere e trasparenti”.

Salvaguardia beni culturali e patrimonio

I capi di stato si sono espressi in favore della tutela e della conservazione dei beni culturali e del patrimonio dei paesi membri della CELAC.

Armi illecite e droga

Si è stabilita la creazione del programma di sviluppo post 2015 volto a respingere il traffico illecito di armi convenzionali e il problema mondiale della droga. I leader si sono dichiarati a favore dell’educazione per lo sviluppo sostenibile, alla costruzione di una nuova architettura finanziaria internazionale, per la lotta alla corruzione, al terrorismo e al cambiamento climatico.

Proteggere i paesi dalle multinazionali

Si è stabilito il rafforzamento del Sistema Interamericano dei Diritti Umani; la difesa degli stati colpiti dalle imprese multinazionali; la lotta per un mondo libero dalle armi nucleari.

[Trad. dal castigliano per ALBAinformazione di Fabrizio Verde]

Roma: Evo Morales e il futuro del mondo

di Manlio Di Stefano*

«Nella cultura occidentale, chi viene eletto pensa immediatamente a come guadagnare denaro. A quale impresa esigere il 10%, il 15%, in cambio del privatizzare questo o quello; sono quelle che chiamate tangenti. Ma se guardiamo alla nazione come una famiglia, e la famiglia per noi è molto importante, questo tipo di autorità non risponde alle esigenze della famiglia, di quella famiglia che è la Bolivia. La nostra cultura, le comunità indigene, si muovono su altre basi. I nostri principi si basano sul ‘ama sua, ama llulla, ama qh’ella‘, che in lingua aymara significa non rubare, non mentire e non battere la fiacca. […] Le nostre politiche oggi sono orientate contro quel modello economico, a recuperare la dignità della Patria, a favorire l’uguaglianza tra i boliviani. E poi c’è un altro tema di fondo, quello della madre terra, della Pachamama. Noi popoli indigeni crediamo di dover vivere in armonia e difendere la madre terra. Risorse naturali come l’acqua, che il capitalismo considera una merce, noi invece le consideriamo un diritto umano.»

Avete mai sentito queste parole? Sono di quella persona in foto tra me e Alessandro Di Battista ovvero Evo Morales, Presidente della Bolivia dal 2006, appena rieletto col 61% dei voti.

Oggi abbiamo avuto il piacere di incontrarlo in seduta privata su sua personale richiesta.


Il Presidente, infatti, ha chiesto di vederci come primo (e forse unico) gruppo politico della sua visita in Italia perché riconosce, nel
‪#‎M5S‬, le stesse finalità del suo partito, il MAS.

Una su tutte la necessità di contrastare l’imperialismo che schiaccia i popoli per riappropriarsi della sovranità monetaria, alimentare ed energetica.


Dall’ambasciatore ha conosciuto anche il nostro interessamento alle nuove realtà sudamericane come l’accordo di collaborazione “ALBA”, tra i Paesi dell’America meridionale, che noi vediamo come modello per un’eventuale alleanza tra i paesi del Sud Europa.


La prima cosa che ha fatto Morales è stata nazionalizzare il settore energetico (petrolio e gas) e allontanare dal paese le grandi multinazionali nordamericane che sfruttavano il territorio.


Un flusso di denaro che ha consentito al governo di investire più risorse in programmi sociali e infrastrutture pubbliche. Nello stesso periodo, il pil del Paese è triplicato, il pil pro capite è più che raddoppiato e il salario minimo è triplicato.


La politica statalista di Morales non ha però scoraggiato gli investimenti stranieri che sono aumentati.


Ma la rivoluzione vera è quella sociale, la rivoluzione della normalità come la chiamiamo noi. Niente formalità, niente apparenza, tutta spontaneità e programmazione per il futuro.


Gli abbiamo raccontato la storia del MoVimento 5 Stelle, ovviamente non sapeva tutto ed è rimasto estremamente colpito dal percorso comune che abbiamo fatto fondato su partecipazione diretta, rifiuto dei privilegi, dei soldi e delle strutture verticistiche.

Ah dimenticavo, ci accomuna un’altra cosa, anche a lui lo chiamano populista, fascista, comunista, terrorista ecc ecc… anche per questo ci ha detto di esserne certo, prima o poi vinceremo noi e, come lui in Bolivia, libereremo l’Italia.

A riveder le stelle *****

* portavoce in parlamento del M5S

Incontro mondiale dei movimenti popolari a Roma

di Geraldina Colotti – il manifesto

25ott2014.- Un’alternativa dal basso alla «glo­ba­liz­za­zione dell’indifferenza». Que­sto il senso dell’Incontro mon­diale delle orga­niz­za­zioni popo­lari che si svolge a Roma da domani al 29 e che acco­glie dele­gati pro­ve­nienti dai cin­que con­ti­nenti. La con­fe­renza di pre­sen­ta­zione, che si è tenuta nella sala stampa del Vati­cano, ha messo in luce la par­ti­co­la­rità dell’evento, signi­fi­cata dalla pre­senza al tavolo di due car­di­nali – Peter Kodwo Appiah Turk­son, pre­si­dente del Pon­ti­fi­cio Con­si­glio della Giu­sti­zia e della Pace, e Mar­celo San­chez Sorondo, Can­cel­liere della Pon­ti­fi­cia Acca­de­mia delle Scienze sociali – e di un atti­vi­sta argen­tino, Juan Gra­bois, della Con­fe­de­ra­cion de Tra­ba­ja­do­res de la Eco­no­mia Popu­lar (Ctep), una delle strut­ture che ha orga­niz­zato l’incontro internazionale.

Un con­sesso degli esclusi for­te­mente appog­giato da papa Ber­go­glio – ha spie­gato padre Fede­rico Lom­bardi, gesuita come il pon­te­fice argen­tino. E così, a fianco del Movi­miento mun­dial de Tra­ba­ja­do­res Cri­stia­nos tro­viamo i Movi­menti delle fab­bri­che recu­pe­rate in Argen­tina (ci sono anche l’italiana Rima­flow, Com­mu­nia Net­work e Genuino clan­de­stino), cen­tri sociali come il Leon­ca­vallo, la Banca etica, e orga­niz­za­zioni popo­lari mar­xi­ste e lai­che, dall’Asia all’Africa, agli Stati uniti e all’America latina: a par­tire dal Movi­mento dei Sem Terra, uno dei prin­ci­pali organizzatori.

L’egemonia? Se ne è discusso per qual­che mese, non senza defe­zioni e malu­mori, ma alla fine ha pre­valso la parola «incon­tro», nel «cam­mino aperto da papa Fran­ce­sco, che sostiene di avere molti amici tro­tski­sti e che ci ha aiu­tato a situare il tema dell’ingiustizia e dell’esclusione», ha detto Mon­si­gnor Sorondo, e ha pre­ci­sato: «D’altronde, Gesù è arri­vato prima del mar­xi­smo, e poi dopo la caduta del socia­li­smo i mar­xi­sti non sono più un pericolo».

E comun­que, la chiesa di Ber­go­glio è tor­nata a «vedere» quei preti che incro­ciano il con­flitto sociale, e a misu­rarsi per­sino coi momenti e coi luo­ghi in cui è neces­sa­rio disob­be­dire. Per l’Incontro mon­diale arri­verà anche il pre­si­dente della Boli­via, Evo Mora­les, appena rie­letto a grande mag­gio­ranza: però non come capo di stato, ma come ex sin­da­ca­li­sta indi­geno e «cocalero».

Dopo la con­fe­renza stampa, Juan Gra­bois ha spie­gato al mani­fe­sto che «per supe­rare osta­coli e dif­fe­renze e affron­tare insieme un capi­ta­li­smo sel­vag­gio che distrugge la natura e con­danna i gio­vani a non avere futuro», si è pre­fe­rito rac­chiu­dere il senso dell’Incontro intorno alle «3 T, Tierra, Techo e Tra­bajo», terra, casa, e lavoro, «diritti ele­men­tari che tutti desi­de­riamo, ma che neces­si­tano di una forte e tenace orga­niz­za­zione popo­lare: per spin­gere i governi pro­gres­si­sti ad appro­fon­dirli e com­bat­tere quelli che pro­gres­si­sti non sono».

Obiet­tivi prio­ri­tari per i set­tori sociali mag­gior­mente esclusi: «i lavo­ra­tori pre­cari, i migranti, i disoc­cu­pati e chi par­te­cipa al set­tore dell’economia infor­male e auto­ge­stito, senza pro­te­zione legale, rico­no­sci­mento sin­da­cale o coper­ture sociali. E poi i con­ta­dini, i senza terra, i popoli ori­gi­nari e le per­sone che rischiano di essere espulse dalle cam­pa­gne a causa della spe­cu­la­zione agri­cola e della violenza;le per­sone che vivono ai mar­gini delle metro­poli, dimen­ti­cati da una strut­tura urbana ina­de­guata». Tra gli obiet­tivi, c’è dun­que «la riforma agra­ria, quella del lavoro e la costi­tu­zione di Con­si­glio dei movi­menti popo­lari, arti­co­lato a livello globale».

In Argen­tina, il Ctep rac­chiude oltre 500 orga­niz­za­zioni, come il Movi­mento delle fab­bri­che recu­pe­rate, e quello dei Car­to­ne­ros, «com­po­sto da oltre 5.000 lavo­ra­tori che gesti­scono il rici­clag­gio a Bue­nos Aires e che ten­gono alle pro­prie con­qui­ste aperte dalle lotte dei pique­te­ros nel 2001. Da noi, gli infor­mali sono il 30% della classe lavo­ra­trice, un set­tore che dev’essere rico­no­sciuto in un nuovo sindacato».

Nes­sun dub­bio, per Gra­bois, che i movi­menti argen­tini deb­bano lot­tare per la sovra­nità del paese e con­tro i fondi avvol­toi per riba­dire ai poteri forti inter­na­zio­nali «che c’è un limite da non vali­care». L’attivista ha al collo un faz­zo­letto kurdo, e il movi­mento fede­ra­li­sta è pre­sente all’incontro «Lo porto appo­sta — dice — per appog­giare la loro resi­stenza con­tro una banda di mer­ce­nari che mas­sa­cra la popo­la­zione con le armi della Nato. Nella fede­ra­zione kurda si pra­tica la demo­cra­zia diretta e la parità di genere, un esem­pio che disturba».

E i movi­menti in Europa?«Qui la situa­zione dei migranti è ben peg­giore che da noi, dove almeno pos­sono orga­niz­zarsi e lot­tare. Ne ho visti lavo­rare in ogni strada di Roma, e come me li vedono tutti, ma restano invi­si­bili e senza diritti. Il cuore di chi ha tutto è chiuso, ma noi dovremmo costruire un’alleanza glo­bale tra gio­vani pre­cari e migranti e farne la linea prin­ci­pale della bat­ta­glia con­tro l’ingiustizia».

L’ALBA analizzerà il complotto degli USA contro il Venezuela

ALBA1da TeleSUR

2ott2013.- Il presidente del Venezuela, Maduro, ha annunciato che giovedi 3 ottobre ci sarà una riunione straordinaria dei capi di Stato e di governo dell’Alleanza Bolivariana per i Popoli della Nostra America (ALBA), per analizzare le azioni degli Stati Uniti contro Caracas.

Il Presidente ha riferito che la decisione è arrivata dopo aver parlato con molti dei suoi omologhi della regione, che hanno espresso la loro solidarietà e il sostegno contro le azioni di destabilizzazione del governo degli Stati Uniti.

A questo proposito, ha detto che l’incontro al vertice avrà luogo nella città di Cochabamba e ad oggi hanno confermato la loro presenza il presidente ecuadoriano Rafael Correa, e l’ospite, Evo Morales.

Ha anche assicurato che utilizzerà la riunione per «continuare la revisione della strategia di consolidamento Alba in Sud America e nei Caraibi».

Da parte sua, Morales ha detto ai giornalisti che l’incontro servirà al suo paese anche per «discutere le politiche economiche e le questioni dell’integrazione regionale».

«Abbiamo bisogno di incontrarci per discutere di politiche economiche, di politiche di produzione, dell’integrazione del Sud America, come velocizzare il lavoro dei vari consigli in Sud America, come espandere il mercato per i nostri prodotti», ha dichiarato il governante boliviano.

Ha spiegato che era originariamente prevista solo la visita di Correa a La Paz (capitale), ma alla fine ha deciso di spostare la riunione di Cochabamba per avere anche la presenza di Maduro.

Incontro a Caracas la settimana scorsa, Morales e Maduro hanno discusso la necessità di scegliere presto il nuovo segretario generale dell’Unione delle Nazioni Sudamericane (UNASUR), e di altre questioni bilaterali.

Lunedi, il presidente venezuelano ha annunciato l’espulsione di tre diplomatici cittadini degli Stati Uniti, dopo che dossier dell’intelligence avevano riportato un avvicinamento a gruppi di opposizione, con l’obiettivo di creare scene di violenza nel paese e promuovere il sabotaggio economico e la destabilizzazione politica.

[Trad. dal castigliano per ALBAinFormazione di Pier Paolo Palermo – si ringrazia Alfredo Viloria per la segnalazione]

Evo Morales: «Un pretesto umanitario per una guerra devastante»

di Geraldina Colotti – Il Manifesto

6set2013.- «Usano pretesti umanitari per mascherare i loro veri obiettivi e preparare in Siria una guerra dalle conseguenze devastanti», dice Evo Morales rispondendo a una domanda del manifesto. Il primo presidente indigeno della Bolivia sta concludendo in Italia un giro di incontri che lo ha portato in Spagna e in Bielorussia. Ieri mattina, prima di recarsi in visita dal suo omologo Giorgio Napolitano, ha incontrato movimenti sociali, sindacati e rappresentanze politiche della sinistra italiana, e ha dialogato anche con il nostro giornale.

In una successiva conferenza stampa, Morales ha poi ripreso alcuni temi su cui si era soffermato, alternando le sue riflessioni con quelle del ministro degli Esteri David Choquehuanca Cespes. Insieme a lui, il presidente ha gestito le ore difficili del sequestro, il 2 luglio, al rientro da un vertice sul gas in Russia. Allora, diversi paesi europei – Francia, Spagna, Portogallo e Italia – gli avevano negato il transito nei propri spazi aerei, obbligandolo ad atterrare a Vienna e a rimanere bloccato lì per 11 ore.

Sul numero di agosto di Le Monde diplomatique/ilmanifesto, Morales ha raccontato i particolari della vicenda, il tentativo di perquisizione dell’aereo presidenziale organizzato dalla diplomazia spagnola, la sua decisa resistenza, il supporto degli altri presidenti socialisti dell’America latina. In quei giorni, la Cia cercava il suo ex consulente Edward Snowden, in fuga coi documenti segreti del Datagate. Ecuador, Venezuela, Bolivia e Nicaragua si erano detti disposti ad accoglierlo e Washington intendeva dare un avvertimento, incurante delle norme internazionali. Morales aveva denunciato la subalternità a Washington dei paesi europei, esigendo da loro delle scuse, poi arrivate. Ieri è tornato sul tema, ritenendo «totalmente superata» la crisi con l’Europa dopo gli incontri con Francia, Spagna e ora Italia: «Il problema – ha ripetuto – non è con i paesi europei, ma con chi li ha ispirati, con le agenzie di intelligence da cui erano a loro volta controllati. In America latina, gli Stati uniti hanno spiato sia Dilma Rousseff che il presidente del Messico Peña Nieto, loro alleato, e la Colombia. Quelle dettate dal mercato capitalista sono alleanze senza principi e senza valori».

Il Brasile non ha offerto asilo a Snowden, ma ieri la commissione che indaga sullo spionaggio illegale organizzato dall’Agenzia nazionale per la sicurezza Usa (Nsa) ha deciso di mettere in campo una protezione speciale verso Glenn Greenwald, il giornalista del Guardian che per primo ha diffuso le rivelazioni sul Datagate. Sarà protetto anche il suo compagno, il brasiliano David Miranda, che a metà agosto venne fermato all’aeroporto di Londra e interrogato in base alla legge antiterrorismo. «Snowden merita gratitudine – ha detto ieri Morales – perché ha mostrato i veri interessi degli Stati uniti. Il petrolio e il controllo geopolitico della regione sono il vero obiettivo della Guerra contro la Siria. Quello delle armi chimiche è la giustificazione di cui hanno bisogno per ripetere quanto hanno fatto in Iraq usando il pretesto delle armi di distruzioni di massa, che non c’erano». E per illustrare il concetto, Morales ha raccontato un episodio: «Durante una riunione internazionale, ho chiesto di chi fosse oggi il petrolio libico e mi è stato risposto: per questo devi chiedere a lui, riferito a un alto rappresentante europeo. Come ieri hanno ucciso Gheddafi, oggi vogliono eliminare Assad. Quello richiesto al Congresso Usa è un voto per uccidere». L’alternativa? «Dar retta alle parole di papa Francesco quando dice no alla guerra. Organizzare un’opposizione di massa chiamando i movimenti e la sinistra. Chiedere agli organismi internazionali che intervengano per scongiurare la catastrofe. Un detto lakota dice: quando sei sull’orlo del baratro può sorgere l’arcobaleno». Chiediamo a Evo come si stanno muovendo gli organismi regionali latinoamericani. Risponde: «L’Alba è nata su principi antimperialisti e di giustizia sociale e chiede con forza la pace. Ma anche all’interno di Unasur e Mercosur vigono i criteri della mediazione e della solidarietà. Così cerchiamo di risolvere i nostri conflitti. La ex presidente cilena Bachelet mi ha detto all’epoca: dì a Chávez che non si preoccupi, parlo io con Uribe. E Dilma ha mediato ora tra Colombia e Ecuador e tra Santos e Maduro. L’importante è che non venga un paese potente dall’esterno a dettar legge».

Oggi Morales incontra Bergoglio. Gli chiediamo: ma questo pontefice è davvero il «primo papa bolivariano» come alcuni vorrebbero? «In Bolivia – risponde – abbiamo molti problemi coi vescovi: appena ce n’è uno vicino alla Teologia della liberazione e alla sinistra viene rimosso in favore di un altro vicino alla destra. Di questo papa mi convince il suo discorso sul francescanesimo, che può diventare rivoluzionario e camminarci a fianco. Vado a sentire, poi vedremo».

 

Intrevista a Teresa Subieta Serrano, Direttrice Nazionale dell’ Istituzione boliviana CONTEXTO

Teresa Subieta Serrano coautriz de libro "De la SUMISION a la EMANCIPACION"

di Davide Matrone – Quito agosto 2013

Teresa Subieta Serrano coautrice del libro “De la SUMISION a la EMANCIPACION”

Quando nasce quest’istituzione? e quali sono le attività principali?

Contexto nasce nel 1990 sulla spinta di alcune donne e di alcuni dirigenti della periferia della città di LA PAZ che stavano lottando per la difesa di un centro infantile che stava per essere chiuso dalle autorità locali. Avevano questo centro che garantiva la colazione gratis a più di 100 bambini con un’età inferiore ai 6 anni. Nella stessa zona c’era un gruppo di donne, delle zone periferiche della città, che soffrivano dei problemi molto gravi di salute durante il parto. Un giorno il parroco della zona mi propose di creare un progetto che aiutasse queste donne in difficoltà. E cosi, queste due situazioni di disagio sociale hanno consentito la nascita dell’Istituzione CONTEXTO.

Quali obiettivi ha raggiunto l’Istituzione nel frattempo?

Dunque nel 1990 c’erano solo 50 donne che facevano parte di tale istituzione e si riunivano solo per ricevere alimenti in forma caritatevole. Negli anni abbiamo cambiato questa mentalità assistenziale in una mentalità di autodeterminazione. Oggi le donne non mostrano solo le mani per ricevere qualcosa ma le mostrano anche per dimostrare che sono capaci di informarsi, di organizzarsi e mobilizzarsi per il loro diritti.

downloadE quante donne oggi lavorano con e per l’istituzione?

Sono 5000 a livello nazionale. Quest’istituzione è nata a La Paz e nella città di Potosi ed ora siamo nelle regioni di Santa Cruz, Cochabamba, Oruro, Beni, Chuquisaca. Purtroppo manca solo nella regione del Tarija però nel frattempo un’organizzazione di donne ci ha chiesto di essere presenti anche lì e cosi si stanno organizzando.

C’è stato un cambiamento con l’arrivo del Presidente Evo Morales?

E’ cambiata moltissima la situazione, perché con i governi neoliberali le nostre donne non erano assolutamente considerate. Per esempio queste donne volevano convertire le loro organizzazioni in scuole dove poter terminare i loro studi e ricevere un titolo di partecipazione da parte del governo. L’abbiamo chiesto e fatto durante il Governo di Losada, ma non è successo nulla. L’abbiamo ripetuto con il Governo Transitorio del 2005, quando addirittura c’era una compagna rivoluzionaria del MIR e nemmeno è successo nulla. Con l’arrivo di Evo Morales abbiamo realizzato un’alleanza strategica che ci ha permesso di creare un convegno grazie al quale le organizzazioni delle donne si sono convertite in scuole. Oggi queste donne possono terminare i loro studi elementari e questo anche grazie alla nuova legge d’ educazione Avelino Siñani che permette loro un riconoscimento a livello governativo.  (http://bolivia.infoleyes.com/shownorm.php?id=2676).

Parliamo del maschilismo in Bolivia. Come si legge nel tuo libro “nella cultura aymara in Bolivia, la nascita di un maschio si celebra. La discriminazione delle donne comincia sin dalla loro nascita”.

Il maschilismo non appartiene solo alla cultura Aymara. Tu sai benissimo che ha radici molto lontane e il maschilismo presente nella cultura maschilista ha impedito la vera uguaglianza di genere tra donne e uomini. La cultura maschilista esiste nella cultura aymara, in quella quicha e in quella amazzonica. Ed è evidente che il capitalismo ha rafforzato queste pratiche maschiliste all’interno delle suddette culture in quanto ha avuto una forte penetrazione all’interno delle stesse. Oggi, d’accordo ad un’altra nuova legge, dello Stato Plurinazionale Boliviano, si sta realizzando un lavoro in difesa delle donne. Si vogliono recuperare i valori ancestrali tra l’uomo e la donna basati sul rispetto, sulla reciprocità e sulla complementarietà. (http://bolivia.infoleyes.com/shownorm.php?id=4360).

Nello scorso maggio  è stata approvata una nuova legge, secondo la quale, si permette la ricandidatura e la rieleggibilità dell’attuale Presidente Evo Morales. (http://quitolatino.wordpress.com/2013/05/25/bolivia-promulgata-la-legge-di-applicazione-normativa-evo-morales-candidato-per-la-terza-volta/)

Si, d’accordo alla Nuova Costituzione dello Stato, in uno dei suoi articoli, si da diritto a due elezioni e quindi il Presidente Evo Morales può ripresentarsi per una seconda volta.

E voi appoggerete il Presidente Evo Morales?

Logico!

El Presidente Bolviano Evo Morales

E perché?

E’ importante perché non sta governando solo con una cupola come nel passato succedeva coi governi neoliberali. Lui è insieme a cinque organizzazioni nazionali come:

– CSUTCB (Conferación Sindical Única de Trabajadores Campesino de Bolivia)

– CSMCO “BS” (Confederación Sindical de Mujeres Campesina Originarias “Bartolina Sisa”)

– Conferedación de Comunidades Interculturales (Ex Confederación de Colonizadores)

– CONAMAQ

-CIDOB

Queste 5 organizzazioni nazionali hanno dato vita ad un PATTO DI UNITA’ che ha permesso di avere una NUOVA COSTITUZIONE POLITICA DELLO STATO, dove si riconoscono finalmente le 36 culture e Nazioni originarie della Bolivia. Ora stiamo decidendo l’agenda 2025. Con questa agenda abbiamo l’ambizione di eliminare la povertà estrema entro quest’anno e sappiamo che è un obiettivo grande. Questo oggi è il nostro sogno.

DSCF3056

Oggi siamo qui a Quito per celebrare i 25 anni della morte di Monsignore Leonidas Proaño  con la partecipazione di molti popoli originari del continente latinoamericano. Cosa pensi di questa partecipazione?

Questo III incontro latinoamericano è vitale, in quanto ci permette di consolidare le esperienze dei vari popoli ancestrali dell’America Latina. Un modo per poter rafforzare questa rete tra i vari paesi partecipanti come l’Ecuador, la Bolivia, Cuba, il Costarica, la Colombia ed ora si sta aggiungendo anche il Perù. Stiamo qui per recuperare e valorizzare la teologia della liberazione che continua a rappresentare un cammino per la liberazione dei popoli e la costruzione del Regno di Dio in terra.

Evo Morales: «Gli USA dietro la crisi egiziana»

El presidente de Bolivia, Evo Moralesda aporrea.org

Caracas, 19ago2013.- Il Presidente della Bolivia, Evo Morales, ha affermato questa domenica che «L’impero non dorme», finanzia colpi di Stato e persino le secessioni dei paesi, riferendosi al cosa dell’attuale crisi politica che si vive in Egitto.

«Il capitalismo e l’imperialismo non dormono e a volte provano a dividerci, dividono e creano conflitti tra i popoli», ha affermato Morales, in accordo con una nota divulgata dalla Agencia Boliviana de Información.

Il dirigente boliviano ha sottolineato il fatto che «noi, i popoli, dobbiamo sovranamente decidere il nostro destino, il nostro futuro, non abbiamo bisogno di alcun intervento dei nordamericani né della NATO».

Morales ha accusato Washington di alimentare rotture istituzionali ed appoggiare gli interessi di classe nei paesi previamente destabilizzati.

Ha inoltre affermato che «I governi degli USA finanziano i gruppi privilegiati di ogni paese quando i popoli democraticamente si ribellano contro l’impero, contro il capitalismo».

Il caso di stato boliviano ha dichiarato di aver avuto alcune informazioni secondo le quali gli USA hanno apportato da 1 miliardo e trecento milioni a un miliardo e mezzo di dollari per equipaggiare i militari dell’Egitto, riferisce la nota.

Recentemente il Presidente del paese andino ha condannato gli atti di violenza al Cairo ed altre città egiziane, così come la crisi nel paese nordafricano, colpito dal 2012 quando crollò il regime di Muhammad Mubarak.

Il governo facente funzioni del giudice Adli Mansur, successore del presidente eletto Mohamed Mursi, reprime crescenti proteste generando scontri che sono costati la vita a più di 170 persone.

Il Partito Giustizia e Libertà braccio politico dei fratelli Musulmani, che appoggia il deposto Mursi, ha chiamato alla ribellione contro l’attuale governo Mansur.

La crisi egiziana si acuisce una settima dopo che il Parlamento, la cui maggioranza era in mano al Partito Giustizia e Libertà, fosse stato sciolto dall’Esercito Egiziano.

Dalla Bolivia per la legalità internazionale fatta a pezzi dalle potenze

morales

di Marinella Correggia

La Coordinadora nacional para el cambio (Conacam), coordinamento boliviano di decine di organizzazioni indigene, sindacali, contadine e politiche (*) riunitasi d’emergenza il 17 luglio a La Paz, «convoca le organizzazioni sociali antimperialiste e anticolonialiste, di lavoratori urbani e rurali, di contadini  di popoli e nazioni indigeni del mondo (…) al Vertice internazionale dei popoli in difesa dei diritti umani e del pieno rispetto dei trattati e convenzioni internazionali che reggono la convivenza fra gli stati», a Tiquipaya (Cochabamba) il 31 luglio e l’1 e il 2 agosto.

Il punto di partenza e tema centrale è il sequestro subito agli inizi di luglio dall’aereo del presidente boliviano Evo Morales Ayma, al quale varie potenze europee – Italia Spagna Francia Portogallo  – hanno negato il diritto di sorvolo costringendolo a un atterraggio di emergenza a Vienna per il rifornimento di carburante. La ragione? Fare un ennesimo favore ai sospettosi Usa, i quali temevano che l’aereo, in provenienza da Mosca (Morales aveva partecipato al vertice dei paesi produttori di gas) avesse a bordo Edward Snowden, agente pentito della Cia, il quale dopo aver reso noto al mondo che gli Stati uniti spiano anche i loro alleati europei si trova tuttora in un aeroporto russo in attesa di asilo, magari in un paese latinoamericano. Il documento dei boliviani definisce il gesto di questi quattro paesi «flagrante terrorismo di stato da parte di governi delle potenze imperialiste e colonialiste, dietro istruzioni impartite dagli Stati Uniti» spiega il documento dei movimenti boliviani;  «una grave minaccia alla vita del presidente» (l’aereo aveva infatti problemi di riapprovvigionamento) e «un’aggressione contro la dignità del popolo boliviano e latinoamericano». Per i movimenti, con il sequestro di Morales hanno raggiunto il culmine «le continue violazioni, da parte degli Stati Uniti e delle potenze loro alleate, dei trattati e delle convenzioni internazionali che disciplinano la pacifica convivenza fra gli Stati e il cui adempimento è garanzia del rispetto dei diritti umani dei popoli che fanno parte dell’Onu». Anche lo spionaggio denunciato da Snowden è una violazione dei diritti dei popoli e delle regole internazionali.

La denuncia della Coordinadora boliviana non trascura una delle principali violazioni della legalità internazionale messe in atto da certe potenze: la guerra, diretta o per procura. Quasi all’inizio del documento, infatti, si legge: (i governi delle potenze imperialiste) «legati alla Nato, eseguono continuamente aggressioni armate in diversi territori sovrani, non soltanto nel nostro continente, ma anche nei paesi fratelli di altri continenti, come è successo negli ultimi tempi in Libia e Siria, sotto la leadership degli Usa». I paesi e i popoli dell’Alleanza Alba  confermano la loro posizione per la pace e il dialogo e contro l’ingerenza armata. Nel marzo 2011, Hugo Chávez e Fidel Castro chiesero un appoggio internazionale (che non ottennero) per un’azione di mediazione in Libia che avrebbe evitato la guerra della Nato. E quando questa iniziò, il presidente Evo Morales chiese che a Obama fosso tolto il Nobel per la pace. Nel caso della Siria, come il nostro sito ha più volte ricordato, i paesi dell’Alba sono stati i più coerenti nel denunciare – anche nelle diverse sedi Onu –  la guerra per procura alimentata dalle potenze Nato e petromonarchiche: ecco un’altra delle loro flagranti violazioni del diritto internazionale, come abbiamo più volte fatto notare.

L’incontro a Cochabamba sarà anche l’occasione per analizzare «gli effetti della presenza di imprese multinazionali e gruppi affini all’imperialismo che operano nei nostri territori» visto che i popoli dell’America latina «affrontano da oltre 500 anni l’assalto colonialista e imperialista delle grandi potenze che sfruttano risorse, lavoratori e popoli e nazioni indigene attraverso le multinazionali».

Ricordiamo anche che la Bolivia è stata fatta oggetto di campagne di destabilizzazione a opera anche di «organizzazioni non governative» in prima linea anche nel fomentare le ingerenze in Libia e Siria. Ad esempio Avaaz.

(VIDEO) Intervista a Evo Morales, indigeno ed antimperialista

Intervista in esclusiva alla televisione russa il lingua castigliana RT

"En Tiempos de Guarimba"

Conoce a quienes te quieren dirigir

La Covacha Roja

Donde encontramos ideas avanzadas

Pensamiento Nuestro Americano

Articulando Luchas, Cultivando Resistencias

RE-EVOLUCIÓN

Combatiendo al neofascismo internacional

Comitè Antiimperialista

Contra les agressions imperialistes i amb la lluita dels pobles per la seva sobirania

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