Chávez, un uomo rinascimentale del XXI secolo

https://i0.wp.com/word.world-citizenship.org/wp-content/uploads/2008/08/james-petras.jpgdi James Petras

Il presidente Hugo Chávez è stato un uomo unico in molteplici aree della vita politica, sociale ed economica, ha compiuto importanti apporti per il progresso dell’umanità. La profondità, la portata e la popolarità dei suoi successi lo distingue come “il presidente rinascimentale del XXI secolo”.

Molti autori hanno evidenziato gli svariati contributi storici, evidenziando le leggi per combattere la povertà, la capacità di vincere elezioni popolari con sonore maggioranze e la sua strenua difesa dell’educazione e della sanità pubblica, gratuita e universale per tutti i venezuelani.

In quest’articolo si evidenzieranno i singoli contributi storici che il presidente Chávez ha reso concreti nel campo dell’economia politica, dell’etica e del diritto internazionale, così come nella ridefinizione dei rapporti tra i leader politici e i cittadini. Daremo inizio con il suo contributo permanente allo sviluppo della cultura civica in Venezuela e in altri paesi.

Hugo Chávez, il grande maestro dei valori civici

Sin dai suoi primi giorni in carica, Chávez intraprese un cambio costituzionale che avrebbe facilitato la resa dei conti dei dirigenti e delle istituzioni politiche di fronte ai cittadini. Attraverso i suoi discorsi, informò l’elettorato in modo chiaro e meticoloso sulle misure e le leggi che sarebbero servite per migliorare il loro modo di vita e lo invitò a esprimere pareri e critiche. Il suo stile si basava su un dialogo costante, specialmente con i poveri, i disoccupati e i lavoratori. Raggiunse un tale successo con i suoi insegnamenti sulle responsabilità civiche dell’elettorato venezuelano che milioni di abitanti provenienti dalle “favelas” povere di Caracas si sollevarono spontaneamente per opporsi alla giunta militare-imprenditoriale spalleggiata dagli Stati Uniti, la quale aveva sequestrato il presidente e chiuso il parlamento. In 72 ore – un record in assoluto – i cittadini con coscienza civica ripristinarono l’ordine democratico e il governo della legge in Venezuela, rifiutando totalmente la difesa dei golpisti portata avanti dai mezzi di comunicazione e dal loro effimero regime autoritario.

Chávez, come tutti i grandi educatori, imparò da questo intervento democratico, massivo e popolare. Infatti, i difensori più validi della democrazia si annoveravano tra i lavoratori, mentre i suoi peggiori nemici si localizzavano tra le elites imprenditoriali e negli ufficiali dell’esercito con contatti a Miami e Washington.

All’ora di creare un’identità nazionale e latinoamericana, la pedagogia civica di Chávez puntava soprattutto all’importanza degli insegnamenti e degli esempi storici dei padri fondatori della nazione, come Simón Bolívar. I suoi discorsi hanno elevatoil livello culturale di milioni di venezuelani che erano cresciuti in mezzo ala cultura servile e alienante di Washington e le ossessioni consumistiche che producevano i grandi centri commerciali di Miami.

Chávez è riuscito a infondere una cultura della solidarietà e del mutuo sostegno tra gli sfruttati, ponendo l’accento sull’importanza dei vincoli “orizzontali” di fronte alla dipendenza clientelare verticale dei ricchi e potenti. Il suo trionfo nella creazione di una coscienza collettiva colpì in modo decisivo l’equilibrio del potere, allontanandolo dai governanti facoltosi e dai partiti politici e dai sindacati corrotti, orientandolo verso nuovi movimenti socialisti e sindacati di classe. La cosa che più diede un senso di collera isterica da parte dei venezuelani ricchi, e il loro odio imperituro nei confronti del presidente che aveva creato un senso di autonomia, dignità e “appropriazione di classe” è stata l’educazione politica portata avanti da Chávez, il quale ha spiegato alla maggioranza popolare il diritto del popolo a usufruire di una sanità e di un’educazione superiore gratuite, salari degni e pieno impiego, riuscendo mediante l’educazione pubblica a mettere fine a secoli di privilegi e onnipotenza delle oligarchie.

Vale la pena far notare che i discorsi di Chávez, con insegnamenti tanto di Bolívar quanto di Karl Marx, hanno dato origine a un importante e generoso senso patriottico e nazionale nonché a un intenso rifiuto delle oligarchie prostrate ai piedi di Washington, ai banchieri di Wall Street e ai manager delle compagnie petrolifere. I discorsi antimperialisti di Chávez avevano una loro ripercussione perché, utilizzando il linguaggio della gente comune, allargava la loro coscienza nazionale fino a raggiungere l’identificazione con l’America latina, in particolar modo con la lotta cubana e contro gli interventi e le guerre imperialiste.

I rapporti internazionali e la Dottrina Chávez

All’inizio del decennio precedente, dopo l’11 settembre 2001, Washington dichiarò “Guerra al Terrore”. Fu una dichiarazione pubblica che apriva le porte agli interventi militari unilaterali e guerre contro le nazioni sovrane, i movimenti e gli individui considerati come avversari, in violazione del diritto internazionale.

Quasi tutti i paesi cedettero di fronte a quella flagrante violazione degli Accordi di Ginevra, ma non il presidente Chávez, giacché fece la più semplice e profonda confutazione contro Washington: “Il terrorismo non si combatte con il terrorismo di Stato”. Nella sua difesa della sovranità delle nazioni e della giurisprudenza internazionale, Chávez rilevò l’importanza di trovare soluzioni politiche ed economiche ai problemi e ai conflitti sociali, ripudiando le bombe, la tortura e il caos. La Dottrina Chávez faceva leva sul commercio e sugli investimenti Sud-Sud e nella soluzione diplomatica e non militare dei conflitti. Ha difeso gli Accordi di Ginevra di fronte all’aggressione colonialista e imperialista al tempo stesso rifiutava la dottrina imperiale della “Guerra contro il Terrore”, definendo il terrorismo di Stato occidentale come pericolosamente molto simile a quello di Al-Qaeda.

La grande sintesi tra teoria e pratica politica

Uno degli aspetti più profondi e influenti del lascito di Chávez è costituito dalla sua originale sintesi di tre grandi filoni di pensiero politico: il cristianesimo popolare, la lotta per la liberazione nazionale, l’integrazione regionale bolivariana e il pensiero politico, sociale ed economico del marxismo. Il cristianesimo di Chávez infuse una profonda credenza nella giustizia e nell’uguaglianza delle persone, così come la generosità e il perdono verso gli avversari, nonostante avessero partecipato ad un violento colpo di Stato, a una serrata asfissiante o che avessero apertamente collaborato e ricevessero finanziamenti da organizzazioni d’intelligence nemiche. Invece, in qualsiasi altra parte del mondo chi compie un colpo di Stato ricorre alle condanne, alla prigione o persino alle esecuzioni, la maggior parte dei responsabili del golpe contro Chávez sfuggì all’azione giudiziale e ripresero persino a ricreare parte delle loro organizzazioni sovversive. Chávez dimostrò una solida fede nella redenzione e nel perdono. Il suo cristianesimo forma parte dell’”opzione per i poveri”, dell’ampiezza e della profondità del suo impegno per lo sradicamento della povertà e della solidarietà con i poveri di fronte ai ricchi.

La profonda avversione e l’efficace opposizione di Chávez verso l’imperialismo nordamericano ed europeo e verso il brutale colonialismo israeliano erano profondamente radicate nella sua interpretazione degli scritti e della storia di Simón Bolívar, il fondatore della patria venezuelana. Le idee bolivariane concernenti la liberazione nazionale furono di gran lunga precedenti a qualsiasi approccio con gli scritti di Marx, Lenin o di altri autori antimperialisti contemporanei. La sua forte e infrangibile difesa dell’integrazione regionale e dell’internazionalismo è stata grandemente influenzata dagli “Stati Uniti Latinoamericani” suggeriti da Bolívar e dalla sua attività internazionalista a favore dei movimenti anticoloniali.

Chávez inserì le sue idee marxiste a una precedente visione mondiale fondata sull’annosa filosofia internazionalista di taglio cristiano e bolivariano. La scelta a favore dei poveri si approfondì con il riconoscimento dell’importanza della lotta di classe e della ricostruzione della nazione bolivariana mediante la socializzazione dei “vertici di comando dell’economia”. Il principio socialista delle fabbriche autogestite e del potere popolare per opera dei consigli comunitari acquisì valore morale per merito della fede cristiana in un ordine morale ugualitario.

Mentre il Presidente rispettava e attentamente ascoltava le opinioni degli accademici di sinistra che si recavano da lui e con frequenza lodavano i suoi scritti, in realtà molti di loro non riuscirono ad accorgersi, o, quel che è peggio, ignorarono deliberatamente proprio l’originale sintesi di storia, religione e marxismo di Chávez. Purtroppo, come spesso accade, alcuni accademici di sinistra credevano di essere, dalla loro posizione autoreferenziale, “professori” e consulenti di Chávez su qualsiasi argomento “di teoria marxista”. Abbiamo già accennato di un certo colonialismo culturale di sinistra che criticò Chávez in modo sprezzante per non aver seguito le loro prescrizioni pronte per il consumo, pubblicate nelle riviste politiche di Londra, Nuova York e Parigi.

Fortunatamente, Chávez seppe approfittare di ciò che era conveniente di ciò che esprimevano quegli accademici stranieri e dagli strateghi politici finanziati dalle ONG, invece scartava quelle idee che non prendevano in considerazione le specificità storico-culturali di classe e di Stato redditiere del Venezuela.

Il metodo di pensiero che Chávez ha lasciato agli intellettuali e agli attivisti del mondo è globale e specifico, storico e teorico, materiale ed etico, e abbraccia l’analisi di classe, la democrazia e la trascendenza spirituale consona alla grande masse dell’umanità, con un linguaggio che chiunque può capire. La filosofia e la pratica di Chávez (meglio di qualsiasi discorso elaborato da esperti esaltati in un forum sociale) hanno dimostrato che l’arte di formulare idee complesse in un linguaggio semplice può muovere milioni di persone “a fare storia e non solo a studiarla …”.

La ricerca di alternative pratiche al neoliberalismo e all’imperialismo

Forse il maggiore contributo di Chávez è stato quello di aver dimostrato, mediante iniziative politiche e misure pratiche, che molte delle maggiori sfide politiche ed economiche contemporanee si possano risolvere in modo soddisfacente.

La riforma radicale di uno Stato redditiere

Non esiste difficoltà maggiore di quella di voler cambiare la struttura sociale, le istituzioni e i comportamenti di uno Stato petrolifero rentier, che rpesenta politiche clientelari ben salde, corruzione endemica degli apparati di partito e dello Stato e una psicologia di massa fondata sul consumismo. Tuttavia, Chávez ha avuto successo, dove altri regimi petroliferi avevano fallito. L’amministrazione di Chávez esordì con la realizzazione di cambiamenti costituzionali e istituzionali per creare una nuova dimensione  politica. In seguito ha avviato programmi sociali cha hanno approfondito gli impegni politici di una maggioranza attiva che, a sua volta, ha difeso in modo coraggioso il regime di fronte a un colpo di Stato violento promosso dall’elite imprenditoriale e dall’esercito nonché con il sostegno degli Stati Uniti. Le mobilitazioni di massa e l’appoggio popolare hanno radicalizzato, a loro volta, il governo di Chávez e hanno segnato il percorso di una maggiore socializzazione dell’economia e l’avvio di una riforma agraria radicale. L’industria del petrolio è stata socializzata e sono state aumentate le tasse per finanziare l’enorme aumento della spesa sociale a favore della maggioranza dei venezuelani.

In concreto, Chávez organizzava quotidianamente conferenze educative facilmente comprensibili concernenti tematiche di carattere sociale, etiche e politiche sui programmi redistributivi del suo governo, insistendo sulla solidarietà sociale di fronte al consumismo individualista. Le organizzazioni e i movimenti comunitari e sindacali si moltiplicarono, dando origine a una nuova coscienza sociale disposta e desiderosa di produrre il cambiamento sociale, affrontando i ricchi e i potenti. Le vittorie di Chávez sul colpo di Stato appoggiato dagli Stati Uniti e sulla serrata dei padroni, così come il radicamento della tradizione bolivariana e dell’identità sovrana del Venezuela, hanno dato origine a una coscienza nazionale molto forte che ha indebolito la mentalità redditista e ha rinforzato la ricerca di una “economia equilibrata” diversificata. Questa nuova volontà politica e coscienza produttiva nazionale hanno implicato un gran salto in avanti, nonostante si manifestino quelle caratteristiche che sono tipiche di un’economia redditiva dipendente dal petrolio. La difficilissima transizione del Venezuela è iniziata ed è un processo in costante sviluppo. I teorici stranieri di sinistra che criticano la “corruzione” e la “burocrazia” del Venezuela hanno del tutto ignorato le enormi difficoltà che implicano il passaggio da uno Stato rentier a un’economia socializzata e l’enorme progresso raggiunto da Chávez.

Crisi economica priva di austerità capitalista

In tutto il mondo capitalista rovinato dalla crisi, i partiti governanti, laburisti e socialdemocratici, liberali e conservatori, hanno imposto i “programmi di austerità” regressivi che implicano brutali riduzioni dei benefici sociali e della spesa nel settore dell’educazione e della sanità, licenziamenti in massa di lavoratori, mentre usano i nostri sussidi per riscattare le banche e le società capitaliste in bancarotta. Unendosi al coro del motto thatcheriano “non esiste alternativa”, gli economisti capitalisti giustificano l’imposizione del peso che implica “il recupero capitalista” sulla classe lavoratrice, mentre consentono al capitale che recuperi i suoi benefici per investire.

La politica di Chávez si è mossa in senso opposto: nel bel mezzo della crisi ha conservato i programmi sociali, rifiutando i licenziamenti in massa e incrementando la spesa sociale. L’economia venezuelana ha fatto fronte alla crisi mondiale e si è ripresa con un florido indice di crescita del 5,8% nel 2012. In altre parole, Chávez ha dimostrato che l’impoverimento massivo era il prodotto della “formula” capitalista del recupero e ha indicato un’altra scelta per superare la crisi economica: aumento del regime tributario ai ricchi, aumento dell’investimento pubblico e conservazione della spesa sociale.

Trasformazione sociale in una “economia globalizzata”

Molti analisti, tanto di sinistra quanto di destra e di centro, hanno sostenuto che l’avvento di una “economia globalizzata” avrebbe scartato le trasformazioni sociali radicali. Nonostante ciò, il Venezuela, ormai profondamente globalizzato e integrato nel mercato mondiale attraverso il commercio e gli investimenti, ha fatto dei grandi progressi nel campo delle riforme sociali. Quello che è realmente rilevante nell’economia globale è la natura del regime politico-economico e dei suoi programmi, i quali dettano come si devono distribuire i costi e i benefici del commercio e l’investimento internazionale. In sintesi, quello che appare realmente decisivo è ilcarattere di classe del regime che gestisce il posto che occupa nell’economia mondiale. Indubbiamente, Chávez non ha “scollegato” il Venezuela dall’economia mondiale, bensì l’ha “ricollegata” in una nuova maniera. Ha guidato il commercio e l’investimento venezuelano verso l’America latina, l’Asia e il Medio Oriente, in particolar modo verso quei paesi che non intervengono o impongono condizioni reazionarie sulle transazioni economiche.

Antimperialismo in tempi di offensiva imperialista

In un’epoca caratterizzata da un’intensa offensiva imperialista da parte degli Stati Uniti e dall’Unione Europea, che comporta invasioni militari “preventive”, interventi con l’appoggio dei mercenari, torture, assassinii e attacchi con i droni in Iraq, Mali, Siria, Yemen, Libia e Afghanistan e feroci sanzioni economiche contro l’Iran; espulsioni colonialiste israeliane di migliaia di palestinesi con l’appoggio degli USA; colpi di Stato sotto la protezione nordamericana in Honduras e Paraguay e rivoluzioni abortite mediante fantocci in Egitto e Tunisia, il presidente Chávez da solo si è mantenuto come il principale difensore della politica antimperialista. Il suo profondo impegno antimperialista segna un acuto contrasto nei confronti della capitolazione manifestata da alcuni intellettuali “marxisti” secondo il modello occidentale, i quali hanno accampato banali giustificazioni per spiegare l’appoggio ai bombardamenti della NATO sulla Jugoslavia e la Libia, l’invasione francese del Mali e il finanziamento saudita-francese (“monarco-socialista”) dei mercenari islamisti e il sostegno militare contro la Siria. Quegli stessi “intellettuali” di Londra, Parigi e Nuova York che condiscendentemente davano a Chávez del “populista” o del “nazionalista”, accusandolo di non aver ascoltato i loro consigli o letto i loro libri, hanno grossolanamente capitolato sotto la pressione dello Stato e dei mezzi di comunicazione capitalisti, dando il loro appoggio agli “interventi umanitari” (in altre parole, ai bombardamenti della NATO) …  e giustificato il loro opportunismo in un oscuro linguaggio tipico delle sette di sinistra. Chávez ha tenuto testa alle pressioni e alle minacce della NATO e alla sovversione destabilizzatrice dei suoi avversari interni e ha articolato in modo valoroso i principi più profondi e indicativi del marxismo del XX secolo e del XXI: il diritto inalienabile all’autodeterminazione delle nazioni oppresse e l’opposizione incondizionata alle guerre imperialiste. Mentre Chávez parlava e agiva in difesa dei principi antimperialisti, molti europei e nordamericani di sinistra acconsentivano alle guerre imperiali: le proteste di massa erano inesistenti, i movimenti contro la guerra erano stati assimilati o erano moribondi, il partito “socialista” dei lavoratori britannici difendeva i bombardamenti di massa in Libia, i “socialisti” francesi invadevano Il Mali – con l’appoggio del partito “anticapitalista”. Nel frattempo, il “populista” Chávez sviluppava una decodificazione dei principi e della pratica marxista che, in ogni caso, era molto più approfondita di quella dei suoi autonominati “tutori” marxisti stranieri.

Fino ad ora non si è visto nessun altro dirigente politico, né intellettuale di sinistra che abbia sviluppato, approfondito e allargato i principi fondamentali della politica antimperialista nell’era della guerra imperialista globale con l’acume di Hugo Chávez.

La transizione da uno Stato neoliberale fallito a uno Stato dal benessere dinamico

La riorganizzazione programmatica e globale del Venezuela e la sua trasformazione da regime neoliberale disastrato e fallimentare a uno Stato del benessere dinamico sono state un evento storico nell’economia politica del XX e XXI secolo. La buona riuscita della riconversione delle politiche e delle istituzioni neoliberali, così come la neo nazionalizzazione dei “vertici del comando dell’economia” hanno frantumato il dogma neoliberale imperante dell’era Thatcher-Reagan e che si può riassumere nel motto “Non esiste alternativa” alle spietate politiche neoliberali.

Chávez rifiutava le privatizzazioni; difatti, rinazionalizzò le principali industrie del settore petrolifero, socializzò centinaia di ditte capitaliste e sviluppò un esteso programma di riforma agraria, accompagnato dalla distribuzione delle terre per 300.000 famiglie. Promosse le organizzazioni sindacali e il controllo operaio delle fabbriche, persino in contrasto con gli amministratori pubblici e il suo gabinetto di ministri. In America latina, Chávez ha indicato la strada per definire con maggiore precisione e con cambiamenti sociali più ampi l’era post-neoliberale. Chávez ha reso evidente la transizione dal neoliberalismo a un nuovo Stato del benessere socializzato come un processo internazionale e ha somministrato fondi e appoggio politico alle nuove organizzazioni regionali come ALBA, PetroCaribe e UNASUR. Rifiutava l’idea di voler costruire lo Stato del benessere in un solo paese, formulando al riguardo una teoria delle transizioni post-neoliberali fondate sulla solidarietà internazionale. Le idee e le politiche originali di Chávez concernenti la transizione per superare il neoliberalismo sono passate inavvertite dai marxisti di cattedra e dagli esperti viaggiatori delle ONG del Forum Sociale le cui non incisive “alternative globali” sono servite fondamentalmente per ottenere fondi dalle fondazioni occidentali.

Chávez ha dimostrato mediante la teoria e la pratica la possibilità di superare il neoliberalismo, il che implica una scoperta politica fondamentale per il XXI secolo.

Al di là del liberalismo sociale: definizione radicale del post-neoliberalismo

I regimi neoliberali promossi dagli USA e dall’UE si sono sgretolati sotto il peso della maggiore crisi economica sin dai tempi della Grande Depressione. La disoccupazione di massa ha generato rivolte popolari, nuove elezioni e l’emergenza di governi di centro sinistra nella maggior parte dell’America latina, i quali rifiutavano o per lo meno affermavano di ripudiare il “neoliberalismo”. La maggior parte di questi governi ha dettato leggi e decreti per finanziare programmi contro la povertà, hanno avviato controlli finanziari e realizzato investimenti produttivi, al tempo stesso che aumentavano il salario minimo e stimolavano l’impiego. Nonostante ciò, sono state poche le ditte in attivo che sono state nazionalizzate. Nella loro agenda non era previsto trattare le ineguaglianze e la concentrazione della ricchezza. La strategia che essi hanno prescritto consiste nel lavorare insieme agli investitori di Wall Street, gli esportatori locali agro-minerari e i sindacati compiacenti.

Chávez pose le basi di un’alternativa completamente diversa a questa forma di “post neoliberalismo”: nazionalizzò le industrie di materie prime, lasciò fuori gli speculatori di Wall Street e limitò il ruolo delle elites vincolate con l’industria agricola e quella mineraria. Ha progettato uno Stato del benessere socializzato come alternativa all’ortodossia social-liberale imperante dei governi di centro sinistra, anche se lavorava insieme con questi nel progetto d’integrazione latinoamericana e in quello di opporsi ai colpi di Stato promossi dagli USA.

Chávez è stato il leader che ha definito un’alternativa più socializzata per la liberazione sociale e la coscienza che ha spronato i suoi alleati ad andare oltre.

Socialismo e democrazia

Chávez ha inaugurato un nuovo e straordinariamente originale e complesso percorso verso il socialismo fondato sulle libere elezioni, rieducazione del ceto militare per difendere i principi democratici e costituzionali e lo sviluppo dei mezzi di comunicazione di massa e comunitari. Ha messo termine al monopolio capitalista dei mezzi di comunicazione e ha rafforzato la società civile in modo da fronteggiare i tentativi di golpe da parte dei paramilitari e altre avanguardie appoggiate dagli Stati Uniti per destabilizzare lo Stato democratico.

Nessun altro presidente democratico-socialista ha resistito con successo alle campagne di destabilizzazione promosse dall’impero (né Jagan in Guyana, né Manley in Giamaica, né Allende in Cile). Sin dall’inizio, Chávez aveva compreso l’importanza di creare un’ambito politico e legale  solido per agevolare la sua leadership esecutiva, promuovere le organizzazioni popolari della società civile e fermare l’influenza nordamericana negli apparati dello Stato (polizia ed esercito). Ha avviato programmi radicali di forte eco sociale che gli hanno assicurato la lealtà e la fedeltà della maggioranza popolare e hanno indebolito i tentacoli economici del potere politico esercitato dai capitalisti da sempre. Come risposta, i dirigenti politici, i soldati e gli ufficiali leali alla Costituzione e le masse popolari hanno schiacciato un sanguinoso colpo fascista, una serrata petrolifera asfissiante e un referendum finanziato dagli Stati Uniti e si sono state avviate riforme socio-economiche ancora maggiori in un processo continuo e crescente di socializzazione.

L’originalità di Chávez, in parte frutto di un processo fatto di tentativi ed errori, è caratterizzata dal suo “metodo sperimentale”. La profonda comprensione che egli aveva degli atteggiamenti e dei comportamenti popolari si trovava fortemente radicata nella storia delle ingiustizie razziali e di classe e in quella delle ribellioni popolari del Venezuela. Chávez ha viaggiato, conversato e ascoltato le classi popolari del Venezuela, parlando con esse di cose della vita quotidiana. Il suo “metodo” consisteva nel trasferire la conoscenza dal basso verso i grandi programmi di cambiamento. In senso più generico, questa pratica si poneva come antitesi a quegli intellettuali stranieri e locali saccenti che si rivolgono alle masse dall’alto e che pensano di essere i “professori del mondo”… almeno per quanto concerne il micro-mondo accademico di sinistra, le conferenze socialiste endogamiche e i monologhi degli egolatri. La morte di Hugo Chávez è stata rimpianta da milioni di persone in Venezuela e da centinaia di milioni in tutto il mondo, perché la sua transizione al socialismo era la loro stessa strada; perché ha ascoltato le loro richieste e ha agito di conseguenza e con efficacia.

La socialdemocrazia e la sicurezza nazionale

Chávez è stato un presidente socialista per più di 13 anni, si è scontrato con un’opposizione violenta e prolungata su grande scala e con sabotaggi finanziari da parte di Washington, dell’élite economica locale e dei magnati dei mezzi di comunicazione. È stato il fautore della coscienza politica che ha stimolato milioni di lavoratori e ha assicurato la lealtà costituzionale dell’esercito per vincere il colpo militare-imprenditoriale appoggiato dagli Stati Uniti nel 2002. Chávez accompagnva i cambiamenti sociali secondo una valutazione realista di adattamento dell’ordine politico-legale. E, soprattutto, Chávez si assicurò la lealtà dei militari mettendo fine ai “consulenti” nordamericani e all’indottrinamento imperiale dall’estero, promuovendo al loro posto corsi intensivi sulla storia venezuelana, la responsabilità civile e il vincolo fondamentale che deve unire le classi popolari e i militari in una missione nazionale comune.

Le politiche di sicurezza nazionale di Chávez si fondano sui principi democratici e sul chiaro riconoscimento delle gravi minacce che incombevano sulla sovranità del paese. È riuscito a salvaguardare simultaneamente la sicurezza nazionale, i diritti democratici e le libertà politiche dei suoi cittadini, un’impresa che ha guadagnato al Venezuela l’ammirazione e l’invidia degli avvocati costituzionalisti e dei cittadini degli Stati Uniti e dell’Unione Europea.

Al contrario, il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, si è arrogato il diritto di assassinare in conformità a informazioni segrete e senza processo previo, dentro e fuori gli USA. La sua amministrazione ha ucciso cittadini nordamericani “selezionati” e i loro figli, altri li ha incarcerati senza processo e mantiene “archivi” segreti di 40 milioni di americani. Chávez non si è mai attribuito questi poteri, né ha ucciso o torturato un solo venezuelano. La dozzina di prigionieri rei di atti violenti di stampo sovversivo, pubblicamente giudicati nei tribunali del Venezuela, offre un contrasto lampante con la decina di migliaia d’immigranti musulmani e latinoamericani incarcerati e segretamente accusati negli Stati Uniti. Chávez si è opposto al terrore di Stato, invece Obama annovera gruppi specializzati per perpetrare uccisioni sul posto in più di 70 paesi. Obama appoggia, secondo “prove segrete”, la perquisizione domiciliare e del posto di lavoro di coloro che sono considerati sospetti da parte della polizia, invece Chávez tollerò le attività di note organizzazioni politiche dell’opposizione finanziate dalla CIA. In altre parole, Obama utilizza la “sicurezza nazionale” per distruggere le libertà democratiche, invece Chávez ha fatto rispettare le libertà democratiche e ha imposto dei limiti costituzionali all’apparato di sicurezza nazionale.

Chávez ha cercato una risoluzione diplomatica e pacifica dei conflitti con i vicini ostili, come la Colombia, che ospita sette basi militari nordamericane, potenziali piattaforme per un intervento nordamericano. D’altro canto, Obama è coinvolto in guerre aperte con almeno sette paesi e ha compiuto azioni ostili velate nei confronti di molti altri.

Conclusione

Il lascito di Chávez è costituito da molteplici sfaccettature. I suoi contributi sono originali, sia teorici sia pratici e d’importanza universale. Ha dimostrato, praticamente come un piccolo paese può difendersi contro l’imperialismo, mantenere i principi democratici e, allo stesso tempo, attivare programmi sociali avanzati. La sua ricerca di un’integrazione regionale e lo sviluppo dei valori etici nel governo della nazione sono esempi di grande rilievo in un mondo capitalista pieno di politici corrotti che abbassano il livello di vita dei popoli e arricchiscono gli oligarchi.

Così come il rifiuto espresso da Chávez nei confronti della dottrina Bush-Obama (la quale giustifica il “terrorismo di Stato per combattere il terrore”), la sua affermazione che le reali cause della violenza traggono origine dall’ingiustizia sociale, dal saccheggio economico e dall’oppressione politica e la convinzione che la strada verso la pace deve passare attraverso la soluzione di questi problemi fondamentali, i quali presuppongono una guida etico-politica per la sopravvivenza dell’umanità.

Affrontando un mondo violento di controrivoluzione imperiale e deciso a schierarsi dalla parte degli oppressi, Hugo Chávez entra a far parte della storia mondiale come dirigente politico a tutto tondo, con la caratura del leader più umano e poliedrico della nostra epoca: una figura del rinascimento del XXI secolo.

[traduzione dal castigliano per ALBAinFormazione di Vincenzo Paglione]

Riflessioni sulla crisi europea e sull’Economia Politica

https://albainformazione.wordpress.com/wp-content/uploads/2013/07/09267-rafaelcorreadelgado4.jpgdi Rafael Correa

In Ecuador e America Latina siamo esperti di crisi: le abbiamo sofferte quasi tutte e la stragrande maggioranza di esse affrontate tremendamente male. Mentre – almeno in teoria – la politica economica cerca di alleviare gli effetti della crisi al minor costo, nel più breve tempo possibile e ripartendo adeguatamente tali costi in modo che ricadano sui meno vulnerabili e sui responsabili della crisi, in realtà tutto è in funzione del capitale, fondamentalmente il finanziario nazionale e  internazionale.

Oggi assistiamo con preoccupazione a come l’Europa commetta gli stessi errori. Mentre la crisi colpisce con tutta la sua forza in alcuni paesi, si continuano ad applicare le formule ortodosse che hanno fallito in tutto il mondo e che rappresentano l’opposto di quanto sia tecnicamente e socialmente auspicabile.

A Cipro e in altri paesi europei in crisi sono imposti programmi d’aggiustamento strutturale che hanno fatto tanti danni in America Latina. La presunta mancanza di risorse per superare la crisi perde di significato quando in Portogallo, Grecia e Irlanda gli importi necessari per il “salvataggio” delle banche sono maggiori dei salari totali e gli stipendi pagati a tutti i lavoratori di quei paesi.

In Spagna, la stessa casa valutata dalla banca per la concessione del credito, ora vale diverse volte meno, in modo che il cittadino, subita la perdita della casa, rimanga in debito per tutta la vita. Sono i famosi “sfratti”, causa del 34% dei suicidi nel paese. Tutto questo non è solo immorale, è anche economia maldestra e imbarazzante, perché si arriverà al peggiore di tutti i mondi: le famiglie che hanno bisogno di case, restano senza casa, e le banche che non hanno bisogno di case… piene di case!

Nessuno dubita che occorre correggere gravi errori anche d’origine, per esempio, l’unione monetaria di paesi con diversi livelli di produttività e grandi differenze di salario, come nessuno dubita che essenzialmente non si sta cercando di superare questa crisi con il minor costo possibile per i cittadini europei, ma fondamentalmente di garantire il pagamento del debito alle banche private. Come nella crisi latino-americana, diciamo che c’è un problema di “overborrowing” (indebitamento eccessivo), senza riconoscere il corrispondente e ineludibile problema di “overlending” (eccesso di prestiti). Sembra che il capitale non abbia mai responsabilità.

Tutto questo dimostra che il problema non è tecnico, bensì politico, sul chi comanda in una società: gli esseri umani o il capitale. In ambito accademico, penso che il più grande danno causato all’economia sia stato quello di toglierle la sua intestazione e natura originale di “Economia Politica”. Vogliono farci credere che sia tutta una questione “tecnica”, mascherando l’ideologia da scienza, e facendo astrazione delle relazioni di potere che hanno trasformato gli economisti – parafrasando John Kenneth Galbraith – inutili per servire l’essere umano, principio e fine dell’Economia, ma piuttosto utili per i poteri e i paradigmi dominanti.

Non si è potuto o voluto capire che la principale sfida dell’umanità all’inizio del secolo XXI è di liberarsi dal dominio del capitale e della sua principale estensione, l’entelechia del mercato. In altre parole, ottenere che gli esseri umani abbiano la supremazia sul capitale; società CON mercato, e non DI mercato; il mercato deve essere un servo, non un padrone.

[trad. dal castigliano per ALBAinFormazione di Fabrizio Verde]

Pluralità e Quarto Potere: l’Ecuador in prima linea per la libertà di informazione

In Ecuador, lo scorso 14 giugno, l’Asamblea Nacional ha approvato la nuova Ley de Comunicación, prevista già nella Costituzione promulgata nel 2008.

Questa legge cerca di porre una regolamentazione ed una divisione delle frequenze, tali da impedire la creazione di monopoli e oligopoli che possano sottoporre al proprio controllo i mezzi di comunicazione.
Orlando Perez, direttore del giornale “El telegrafo” sarà a Milano il prossimo 20 luglio per spiegare il senso di questa legge e quali traguardi potrà raggiungere il paese grazie alla sua applicazione.
Milano – 20 luglio 2013 – CAM, corso Garibaldi, 27 ore 18:30
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Se non vedi i miracoli, non significa che non esistano

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La Rivoluzione del Popolo

Sebastiano Isaia

Il punto di vista umano. «Essere radicale vuol dire cogliere le cose alla radice. Ma la radice, per l’uomo, è l’uomo stesso» (K. Marx). «Emancipando se stesso, il proletariato emancipa l’intera umanità» (K. Marx).